Venezia, incontro allo Spazio Thetis: Tutti i pesci del mare – Arte, poesia e musica

ALLO SPAZIO THETIS TUTTI I PESCI DEL MARE – STILLE DI LUCE NEL SILENZIO

Giovedì 21 aprile alle ore 17.00 allo Spazio Thetis nell’Arsenale Novissimo si terrà un incontro aperto al pubblico di arte, poesia e musica presso il meraviglioso giardino e gli affascinanti capannoni industriali all’interno del sito storico. Questo momento di ascolto, visione e riflessione è costituito da un interessante mix artistico: la lettura dell’ultima raccolta di poesie di Francesca Ruth Brandes, l’installazione ambientale In silence di Marcela Cernadas, frutto della collaborazione con la Galleria Michela Rizzo, e la musica del violoncello di Alvise Seggi.

TUTTI I PESCI DEL MARE
Stille di luce nel silenzio

Giovedì 21 aprile 2022
ore 17.00

 Spazio Thetis – Arsenale Novissimo  Venezia
Fermata Vaporetto: Bacini – linee 4.1/4.2 e 5.1/5.2

Tutti i pesci del mare di Francesca Ruth Brandes

Note di lettura di Francesca Ruth Brandes,
installazione Marcela Cernadas, musica Alvise Seggi

Tutti i pesci del mare (Biblion editore, Milano, 2022), ultima raccolta di poesie di Francesca Ruth Brandes, nasce da un evento triste, da un lutto, ma non vuole celebrarlo in quanto tale. Piuttosto, in dialogo con l’opera In Silence dell’artista Marcela Cernadas, prova ad evidenziare non tanto ciò che non è più presente fisicamente, ma ciò che continua a restare, nella vita quotidiana, nei suoi arcani segni. Tanto più arcani e, talvolta, inspiegabili, di quanto si possa immaginare. Non restano solo le ombre di un rapporto, ma il suo germe vitale, il calore dell’esperienza, la memoria che insegna, l’ironia. Così la vita prosegue in un dialogo che va oltre l’essenza fisica, oltre la corporeità; ognuno si apre in un rivoluzionario istinto alla felicità e nulla realmente va perduto.

I testi recuperano la relazione, anch’essa vitale, con l’opera di Cernadas, con il suo albero dalle lacrime di cristallo che splendono sotto i raggi del sole; ricercano la medesima pulizia concettuale, si potrebbe dire lo stesso suono, in una dimensione d’equilibrio auspicato. Equilibrio tra il sentimento doloroso e la fiducia, un destino che ci coinvolge tutti.

Ad accompagnare questa lettura di poesie di Francesca Ruth Brandes, in dialogo con l’arte di Marcela Cernadas, il violoncello di Alvise Seggi jazzista che spazia dall’etnica e popolare al blues e al soul.

Spazio Thetis
ACTV linea 4.1 – 4.2 /5.1 -5.2
Fermata Bacini – Arsenale Nord

Francesca Ruth Brandes

Francesca Ruth Brandes vive e opera a Venezia. Giornalista e curatrice d’arte, ha scritto e condotto per RadioRai programmi di attualità culturale. Si è spesso occupata di tematiche ebraiche. Tra le pubblicazioni, si possono ricordare: Canto a più grida, Venezia, 2005; Piccole benedizioni, Padova, 2006; Tikkun, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2008; Trasporto, LietoColle, Faloppio, 2009; L’undicesimo giorno, LietoColle, Faloppio, 2012; Storie dal giardino, La Vita Felice, Milano, 2017. Nel 2020, insieme a Valter Arnaldo Esposito, ha pubblicato la raccolta di poesie E Viva! per Zacinto Edizioni.

Marcela Cernadas (Campana, Argentina, 1967), attualmente vive e lavora tra Argentina, Italia e Spagna. Il suo lavoro comprende fotografia, video, installazioni, sculture, poesia e performance che esplorano i concetti fondamentali dell’esistenza umana. Interrogandosi sul sentimento di venerazione, nato dall’ammirazione di opere antiche, l’artista si focalizza sull’istante di adorazione e sulla possibilità di ricreare questo dettaglio momentaneo attraverso le sue opere. Questa indagine ha trovato una compiuta affermazione a Venezia, città che custodisce tesori e preziose icone d’arte antica. Le opere sono, così, il frutto di un lavoro di cura e pazienza dove il gesto lento e raffinato diventa pratica artistica, dove il tempo si dirada attraverso un’accezione sacra e metafisica.

Marcela Cernadas lavora con la Galleria Michela Rizzo dal 2007, esponendo nelle mostre Beyond Garden, Project Room, del 2019 e Penelope, Project Room, del 2016.

Marcela Cernadas ha esposto in numerosi musei e istituzioni in Italia: MACRO, Roma; MUVE Museo del Vetro, MUVE Palazzo Ducale, 50esima Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa, Università IUAV degli Studi – Facoltà di Design e Arti, Venezia; Auditorium Santa Caterina, Treviso; Fondazione PARCO, Casier; Galleria di Palazzo Beltramini, Asolo; Viafarini, Artandgallery, Milano; Auditorium Santa Chiara, Vercelli; MUV Chiesa di San Giorgetto, Studio la Città, Verona; MAAM Museo delle Arti Applicate del Mobile, Cerea; DoubleRoom Arti Visive, Trieste; Galleria ME Vannucci, Pistoia

All’estero: Centre Pompidou, Parigi; Frauenmuseum, Bonn; CIFO Cisneros Fontanals Art Foundation, Miami; The Big Screen Project, New York; Fondazione Joán Miró, CCCB, Centre de Cultura Contemporània, Centre de Cultura de Dones, Barcellona; Matadero, Madrid; CAC Centro de Arte Contemporáneo, Málaga; MAD Museo de Arte de la Diputación, Antequera; ICAS Sala Atín Aya, Escuela de Arte Sevilla, Fundación Cámara de Comercio, Casa de la Provincia de Sevilla, Fundación Tres Culturas, Siviglia; Universidad Tecnológica Nacional, Campana.

Alvise Seggi ha conseguito con il massimo dei voti la laurea triennale in musica jazz presso il conservatorio di Bologna G.B. Martini e la laurea specialistica presso il conservatorio di Venezia B. Marcello.

Ha partecipato e collaborato a numerosi Festival e rassegne musicali internazionali, esibendosi fra l’altro con artisti di fama come Elliott Sharp, Farhan Sabbagh, Bruce Ditmas, Charles Coen.

Oltre alla passione per il jazz, da alcuni anni porta avanti progetti che spaziano dalla musica etnica e popolare a quella del blues e il soul; inoltre è curatore del progetto di musica elettronica e di sperimentazione sonora Upperground Orchestra insieme con il produttore e musicista libanese Rabih Beaini e da alcuni anni collabora con il cantautore veneziano Giovanni Dell’Olivo e il Collettivo Lagunaria per la realizzazione delle musiche di spettacoli teatrali.
Ha registrato con varie etichette e composto le musiche per il filmdi Antonio Scurati La stagione dell’amore (Fandango) e per il documentario I libri non invecchiano (quasi mai, con l’età) (ed. Bompiani), per alcuni cortometraggi e rassegne di cinema muto e musica improvvisata (Ombre Sonore) oltre a sonorizzazioni d’ambiente per esposizioni d’arti visive (Palazzo Grassi) e per spettacoli di danza (Centro Teatrale di Ricerca).

Docente di basso elettrico e contrabbasso per i corsi liberi di jazz presso il conservatorio di Venezia, insegna musica in varie scuole del territorio veneziano.


UFFICIO STAMPA

FG Comunicazione
Davide Federici

info@davidefederici.it
+39 3315265149

Bologna: Il MAMbo dedica alla comunità artistica dell’Ucraina un’edizione speciale del Programma di Residenze ROSE

Il MAMbo dedica alla comunità artistica dell’Ucraina un’edizione speciale del Programma di Residenze ROSE ospitando nella Residenza per artisti Sandra Natali l’artista e performer Mariia Proshkovska.
Il museo e la residenza si mettono a disposizione come strumento di comunicazione e di sensibilizzazione attraverso un palinsesto di iniziative, curato da Giulia Pezzoli e Sergey Kantsedal, in cui sarà possibile ascoltare e diffondere le voci di altri artisti e curatori ucraini e riflettere sulle possibili strategie di supporto nel contesto dell’attuale scenario bellico.

Mariia Proshkovska, Dreamcatcher, 2017
Autoritratto, stampa digitale su polimeri – Foto Andrii Lobov – © Mariia Proshkovska

Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna dedica alla comunità artistica dell’Ucraina un’edizione speciale del Programma di Residenza ROSE, il progetto avviato nel 2016, con il coordinamento curatoriale di Giulia Pezzoli, per promuovere la mobilità internazionale dell’arte contemporanea e sostenere le sue espressioni più attuali e creative.

Dal mese di aprile, e per un periodo coerente con le norme vigenti, l’artista e performer Mariia Proshkovska (Kyiv, 1986), insieme al figlio Illya di 6 anni, viene ospitata all’interno della Residenza per artisti Sandra Natali, l’immobile che nel 2010 la prof.ssa Sandra Natali ha lasciato in eredità all’ex Istituzione Galleria d’Arte Moderna di Bologna, attualmente compresa nell’Istituzione Bologna Musei, con il vincolo testamentario di adibirlo a spazio per favorire la valorizzazione e la formazione di nuove generazioni di artisti.
In ragione del grave deterioramento della situazione di sicurezza nel Paese colpito dall’aggressione della Russia, con il pieno sostegno dell’Amministrazione Comunale il museo ha deciso di mettere in atto una concreta azione di solidarietà offrendo accoglienza e supporto a un’artista che ha deciso di allontanarsi momentaneamente dal proprio paese e, allo stesso tempo, testimoniare un sentimento di vicinanza verso l’intera scena artistica contemporanea e le istituzioni culturali dell’Ucraina in un tragico frangente storico.

La ricerca di Mariia Proshkovska è orientata verso i temi della sessualizzazione e della reificazione del corpo femminile, della disuguaglianza di genere, della svalutazione del lavoro quotidiano delle donne, della violenza domestica, degli stereotipi formati dalla pressione sociale e della loro influenza sui modelli di comportamento collettivi e i processi decisionali individuali.  
Nel 2017 ha vinto un premio speciale al concorso per giovani artisti ucraini MUHi con l’installazione di forte impatto Vrazlivist (Vulnerabilità): un autoritratto penetrante e non ritoccato con le ginocchia premute sullo stomaco nel tentativo di nascondersi e coprirsi il corpo.
La fotografia è stata incollata al pavimento del National Museum of Taras Shevchenko a Kyiv, dove si è svolta la mostra dei finalisti del concorso, inducendo il pubblico a camminare con cautela intorno all’opera, cercando di non calpestarla. Per l’artista, questo progetto è stato un tentativo di parlare della vulnerabilità del corpo femminile e del fatto che, nonostante tutte le conquiste raggiunte, il suo stesso corpo non appartiene ancora a una donna ma diventa oggetto di discussione e valutazione pubblica.

Proshkovska è entrata in contatto con il MAMbo grazie alla segnalazione di Sergey Kantsedal, curatore ucraino di base a Torino e attuale direttore dello spazio non profit Associazione Barriera nel capoluogo piemontese, che sarà coinvolto, insieme a Giulia Pezzoli, nel coordinamento e nella curatela del progetto di residenza a Bologna.
Diversamente da quanto prevede il bando del Programma di Residenze ROSE, la residenza di Mariia Proshkovska non è canonicamente finalizzata alla produzione di nuove opere e alla realizzazione di un progetto espositivo a Villa delle Rose, ma il museo fornisce condizioni di protezione per consentirle di continuare e approfondire la propria ricerca in una prospettiva di apertura e confronto, che si amplierà anche verso la comunità artistica del suo paese, ancora scarsamente conosciuta in Italia.
La presenza di Proshkovska a Bologna sarà infatti un’opportunità per costruire un palinsesto di iniziative in cui sarà possibile ascoltare e diffondere le voci di altri artisti e curatori, sia rimasti in Ucraina che espatriati, e riflettere sulle possibili strategie di supporto nel contesto dell’attuale scenario bellico che, oltre alle vite della popolazione civile, sta esponendo al rischio di distruzione l’arte e la cultura di questa nazione crocevia dell’Europa centro-orientale.
In questo senso, il museo e la residenza si mettono a disposizione come strumento di comunicazione e di sensibilizzazione per far conoscere la situazione vissuta dai professionisti che operano con vari ruoli nel campo dell’arte contemporanea e rappresentare le istanze di un loro spaccato rappresentativo.
Il primo appuntamento sarà all’interno della puntata del format radiofonico STARTER – fermenti culturali in onda in diretta dallo studio di NEU Radio al MAMbo giovedì 28 aprile alle ore 15.30 che vedrà ospiti Mariia Proshkovska e Sergey Kantsedal e altri artisti e curatori loro connazionali.

Maria Proshkovska

Maria Proshkovska

È nata nel 1986 a Kyiv, dove vive e lavora.
Si è laureata all’Università Nazionale degli Affari Interni di Kyiv e ha studiato alla Scuola d’Arte Moderna dell’Istituto di Ricerca sull’Arte Moderna. Il suo lavoro si rivolge a problemi di studi sociali di genere, all’influenza della tragedia di Chernobyl sulle società e alle questioni di auto-identificazione.
Ha vinto il premio speciale del concorso per giovani artisti ucraini МUHi (2017) e il premio assegnato da VOGUE Ucraina (2020), ha partecipato al programma di scambio creativo American Arts Incubator in Ukraine (2018).
www.proshkowska.com

Sergey Kantsedal

Sergey Kantsedal

Nato in Ucraina nel 1989, vive a Torino.
Attualmente è direttore artistico e curatore dello spazio non-profit Associazione Barriera (Torino).
Dal 2017 al 2021 ha lavorato su OGR YOU: Young Adults CLUB & TALKS, programma educativo non convenzionale per giovani adulti alle Officine Grande Riparazioni (OGR) di Torino. Tra gli artisti che hanno preso parte a questo progetto: Nan Goldin, Adam Christensen, Adelita Husni-Bey, Angelo Plessas, Diego Marcon, Eva e Franco Mattes, Invernomuto, Slavi e Tartari, Sophie Jung e molti altri. Lavora anche come curatore indipendente collaborando con gli artisti per produrre opere, mostre e progetti.
Ha partecipato a MEDITERRANEA 18, Young Artists Bienial a Tirana e al programma di ricerca transnazionale A Natural Oasis? (San Marino-Kosovo-Montenegro-Malta). In precedenza ha diretto la Biruchiy Contemporary Art Residency (2013-2015, Isola di Biruchiy, Ucraina) e ha lavorato come curatore del Centro di Arte Contemporanea Yermilov Centre (2012-2013, Kharkov).
Si è laureato all’Accademia Statale di Design e Arti di Kharkov, ha frequentato la Terza Scuola Estiva Curatoriale di Mosca della Fondazione V-A-C e CAMPO, il Programma per Curatori della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino (2015-2016).
sergeykantsedal.com

Residenza per artisti Sandra Natali
La Residenza per artisti Sandra Natali viene istituita nel 2010 a seguito del lascito di un immobile da parte della prof.ssa Sandra Natali a favore della ex Istituzione Galleria d’Arte Moderna di Bologna (attualmente compresa nell’Istituzione Bologna Musei), nominata sua erede universale.
Nel rispetto delle volontà di sostegno e valorizzazione dettate da precise disposizioni testamentarie, l’abitazione di via Filippo Turati 41 è stata trasformata in residenza per giovani artisti a cui viene offerta l’opportunità di sviluppare tematiche di ricerca attuali confrontandosi e collaborando con altre istituzioni locali e internazionali.
L’appartamento presenta una planimetria di 90 mq che, a seguito di interventi di ristrutturazione e riordino degli spazi, è attualmente suddiviso in: cucina, due camere da letto, due bagni e uno spazio living convertito in atelier laboratoriale.
www.mambo-bologna.org/residenzaperartisti


Informazioni
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna
Tel. +39 051 6496611
info@mambo-bologna.org
www.mambo-bologna.org
Facebook MAMboMuseoArteModernaBologna
Instagram @mambobologna
Twitter @MAMboBologna
YouTube MAMbo channel

Istituzione Bologna Musei
www.museibologna.it
Instagram @bolognamusei

Il progetto THERE YOU ARE di Michail Michailov, curato da Irina Batkova, all’Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia

Il Ministero della Cultura della Repubblica di Bulgaria e la Galleria Nazionale Sofia hanno il piacere di annunciare la partecipazione della Bulgaria alla 59a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia con il progetto There You Are di Michail Michailov e curato da Irina Batkova.

Padiglione della Repubblica di Bulgaria
59a Esposizione Internazionale d’Arte
La Biennale di Venezia

Con il Patrocinio di Iliana Yotova,
Vice Presidente della Repubblica di Bulgaria

Vice President Ilijana Iotova

MICHAIL MICHAILOV
– THERE YOU ARE –

23 aprile – 27 novembre, 2022
Apertura ufficiale:
Venerdì, 22 aprile 2022
15:00 – 18:00

Iliana Yotova, Vice Presidente della Repubblica di Bulgaria, aprirà la mostra.
Durante il vernissage avrà luogo una performance.


Padiglione Bulgaro
Spazio Ravà
San Polo 1100 (è vicino al Ponte di Rialto)
30125 Venezia
Commissario: Iara Boubnova


Michail Michailov è un artista che opera con diversi mezzi come performance, disegni, video, sculture, installazioni attraverso le quali crea territori di meditazione in cui lo spettatore comprende aspetti impensati dell’esistenza. Il progetto There You Are esplora la dimensione dello Spazio Ravà per ridisegnarne i dettagli visibili e invisibili che compongono l’interno espositivo nel contesto del corpo e del suo rapporto con lo spazio vitale.

        Seguendo la geometria delle stanze, i mobili montati lungo le pareti, così come i dettagli architettonici, Michail Michailov conquista gli spazi liberi sotto e tra di essi e colloca i disegni della serie Dust to Dust in oggetti tridimensionali simili ai mobili stessi per forma e proporzioni, la cui presenza crea allo stesso tempo un ambiente sia minimalista che assurdo.

        Questa serie, iniziata dall’artista 8 anni fa, ha vinto il primo premio alla mostra Drawing Now di Parigi nel 2018. Michail Michailov spiega il suo interesse di ricerca per le tracce dell’esistenza umana raffigurate in Dust to Dust come segue:

        “Dipingo la polvere, le macchie, le particelle di plastica inutili e la muffa che si accumulano nel mio studio. Cose causate sia dalla mia stessa esistenza sia da quella delle persone intorno a me. Tutte cose che vorremmo non vedere e preferiamo rimuovere o nascondere. Il processo di disegnare richiede quasi il tempo necessario affinché questo materiale si crei da solo. Cercando una risposta alla domanda: qual è il senso della vita? Mi rendo conto di quanto sia relativa la nostra risposta. Altrettanto relativo è lo sguardo dell’osservatore che spesso, guardando i miei quadri, difficilmente distingue tra la polvere reale e la polvere dipinta”.  

        Questo metodo sviluppato negli anni di tracciamento dell’accumulo quotidiano, non così visibile, di spazzatura umana misura simbolicamente il tempo trascorso in una vita.

        Questo è uno degli aspetti distruttivi dell’esistenza del nostro habitat come specie e allo stesso tempo vuol essere una sfida alla nostra azione costante per distruggerlo.

        I corpi bianchi geometrici inclusi nella mostra, simili a piedistalli da museo su cui sono agganciati spazzole, manici di scopa e pezzi di aspirapolveri mantengono lo spazio di There You Are in una tensione continua di presenza e assenza. La sporcizia virtuosamente dipinta e trasformata in un’opera d’arte e le sculture surrealistiche costruiscono la ricerca metaforica incessante del senso del trascorrere della quotidianità.

        I tenui accenti di colore dei rifiuti dell’uomo raffigurati sono presentati nel mezzo del colore bianco, elemento predominante delle mostre di Michail Michailov. Il camice medico bianco, caratteristico delle sue esibizioni, spersonalizza il corpo mentre i gesti dell’autore generalmente nascondono il suo volto, parte dell’identità umana. In questo modo, lui stesso diventa solo un elemento del ciclo umano in un macrocosmo di nascita e morte, in cui, limitati dal tempo della nostra esistenza, non possiamo ottenere risposte alle innumerevoli domande che ci poniamo.

        L’idea della ripetizione senza inizio e fine è incorporata nella serie visiva Just Keep on Going, anche essa presentata parzialmente nell’esposizione. Vengono mostrate azioni cicliche il cui senso si nasconde nel movimento stesso e non nel risultato finale causato da esso. Catturano l’interazione dell’artista con un ambiente di vita distopico immaginario e il suo costante sforzo per dominarlo.

        La finestra più grande dello Spazio Ravà con una piacevole vista sul giardino in There You Are, è nascosta dall’installazione Headspacing. Si tratta di una struttura che permette solo una visuale dall’esterno verso l’interno attraverso un’apposita apertura in cui l’osservatore deve appoggiare la testa. L’unico modo per l’artista di far parte fisicamente della propria mostra è durante l’esibizione, all’apertura del padiglione. La sua visione attraverso l’Headspacing rappresenta simbolicamente la riflessione dell’artista sullo spazio appena creato pieno di figure mentali. Questa riflessione è alla base del ponte fenomenologico che ci permette di passare dall’interpretazione di una particolare opera d’arte alla ricerca della verità ontologica fondamento dell’impulso della creazione dell’arte.

        Il Padiglione della Repubblica di Bulgaria alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia è sostenuto dal Ministero della Cultura della Bulgaria ed è prodotto dalla Galleria Nazionale della Bulgaria, con Commissario Iara Boubnova.

Note Biografiche

Michail Michailov

Michail Michailov è nato nel 1978 a Veliko Tarnovo, Bulgaria, vive e lavora a Vienna e Parigi. Dopo aver studiato Arte, ha lavorato per alcuni anni con il gruppo artistico Gelitin. Oltre a numerose residenze e premi, ha ricevuto il Drawing Now Paris Art Award 2018. Michailov sfrutta la sua formazione classica in Belle Arti come base per un lavoro critico, sperimentale e basato sui processi esplorando i temi attorno agli ideali di perfezione e alle questioni dell’esistenza.

Irina Batkova

Irina Batkova è una poetessa e curatrice indipendente, vive e lavora a Sofia. Le sue aree di ricerca sono varie ma si concentrano all’incrocio tra arte contemporanea e design, architettura, performance, video e pratiche dei nuovi media. Ha curato una vasta gamma di mostre, in sedi tra cui l’Arsenale di Sofia – Museo di Arte Contemporanea; Il Museo Statale di Arte Orientale, Mosca; Cisterna Basilica, Istanbul; The Ancient Baths Center for Contemporary Art, Plovdiv; Deposito portuale n.5, Varna; la Künstlerhaus di Vienna; e Akbank Sanat, Istanbul. È la fondatrice e curatrice di Art Project Depot, piattaforma per le arti e la cultura contemporanea.


CONTATTI MEDIA E ALTRE RICHIESTE:

Gergana Mudova, bulgariavenicebiennale@gmail.com
+35 9892222365

Cecilia Sandroni sandroni@italienspr.com
+39 3355225711

Padiglione Bulgaria Biennale 2022

Agrigento, Parco Archeologico Valle dei Templi: Sotto e sopra il suolo, vita e rigenerazione

Il giorno 30 aprile 2022 verrà inaugurata nel Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento la prima edizione del progetto Sotto e sopra il suolo, vita e rigenerazione con la curatela di Giusy Emiliano e la direzione artistica di Rossana Danile. 

L’iniziativa è realizzata in collaborazione con il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento e con il patrocinio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Agrigento. 

Sotto e sopra il suolo, vita e rigenerazione

A cura di Giusy Emiliano
Direzione artistica di Rossana Danile
Installazioni di
Marco Angelini, Alessandro Calizza,
Barbara Crimella, Bruno Melappioni


Inaugurazione 30 aprile 2022

Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi
Via Panoramica Valle dei Templi 31 – Agrigento

Fino al 25 agosto 2022

Sotto e sopra il suolo, vita e rigenerazione, creato e diretto da Rossana Danile all’interno del format Italian Storytelling Art, Brand & District, intende innalzare il livello di attenzione nei confronti del suolo, della sua tutela e del nostro modus habitandi il pianeta terra, attivando un dialogo tra arte e scienzatra agronomi e artisti. Attraverso il linguaggio visivo dell’arte contemporanea e dello storytelling multidisciplinare, il format intende promuovere gli obiettivi dell’Agenda 2050 per lo Sviluppo Sostenibile e le azioni del Parco della Valle dei Templi, in linea con quelle delle organizzazioni mondiali. Anche la FAOad esempio, ha intrapreso dal 2012 un percorso di sensibilizzazione sull’importanza del suolo, istituendo l’Alleanza Mondiale per il Suolo (Global Soil Partnership), finalizzata a promuoverne la gestione sostenibile con l’obiettivo, nel breve periodo, di arrivare a produrre più cibo possibile, sempre nel rispetto delle risorse naturali.

La prima edizione del progetto, pertanto, coinvolgendo artisti e agronomi in un percorso congiunto iniziato già dal mese di settembre 2021, consentendo il trasferimento dei dati tecnici relativi al suolo attraverso l’espressione dell’arte visiva ed operando l’innesto narrativo tra mito, favola e storytelling, mira alla comunicazione dell’importanza della salvaguardia della salute del suolo, della biodiversità, degli ecosistemi, in senso lato. Gli artisti Marco AngeliniAlessandro CalizzaBarbara Crimella e Bruno Melappioni interpretano il tema del suolo attraverso uno spazio inedito e colmo di rimandi al passato per creare opere d’arte site specific all’interno di quattro differenti luoghi denominati “orti d’artista”Maria Giovanna Mangione, Presidente dell’Ordine degli Agronomi di Agrigento e l’Agronomo Guido Bissanti, autore, ricercatore e divulgatore scientifico, hanno lavorato con gli artisti intessendo nuove connessioni ed empatie, armonizzate dal desiderio unanime di comunicare a un vasto pubblico i segreti del suolo.

I quattro orti tematici declinano, così, il risultato di molteplici discussioni tra il gruppo di lavoro sulle tematiche del suolo: le prospettive di ricerca sono, per i tre orti di Angelini, Calizza e Crimella, basate sulla valenza ottimista e propositiva (economia circolare) mentre per l’orto di Melappioni sulla visione negativa (economia lineare). Proprio da quest’ultimo si sviluppa lo storytelling proposto dal direttore artistico, Rossana Danile, attraverso la fiaba di Pinocchio, in particolare attraverso la scena del “Campo dei Miracoli”, dove le ambientazioni fiabesche sembrano essere fuggite dalle pagine di una novella per bambini per intrufolarsi negli anfratti della realtà fatta di arte e scienza. A sostegno di tale tematica verranno presentate alcune foto e illustrazioni del film “Pinocchio“, gentilmente concesse dal regista Matteo Garrone, che, attraverso la metafora e la fiaba di Collodi, approfondiscono i temi della biodiversità, del rischio di estinzione del suolo e della necessità di conservazione e tutela del naturale sistema di circolarità. 

La curatela e l’allestimento si concentrano, dunque, sulla narrazione: le installazioni degli artisti saranno il punto di incontro tra Arte e Scienza e mireranno a rappresentare uno spazio collettivo di conoscenza e connessione con il pubblico internazionale della Valle dei Templi. La curatrice Giusy Emiliano indaga sui temi ambientali attraverso opere contemporanee di artisti internazionali che sottolineano e amplificano l’importanza universale del tema legato al suolo e che si confronteranno direttamente, durante il periodo della mostra, con il luogo ospitePatrimonio UNESCO, che tutela e conserva la biodiversità mediterranea e che porta con sé una narrazione millenaria carica di significati.

Nel dialogo artisti/agronomi, attraverso talk e seminari didattici, si inseriranno i “divulgatori artistico/scientifici”, i “DAS”, un gruppo sperimentale di quindici studenti volontari del Liceo Scientifico e delle Scienze Umane “R. Politi” di Agrigento, al fine di promuovere tra i più giovani e soprattutto con il loro contributo, la cultura della rigenerazione ambientale, sociale e culturale, dei distretti locali, attraverso il linguaggio universale dell’arte e della creatività contemporanea. Un percorso di narrazione e informazione in aderenza al modello di comunicazione denominato “Italian Storytelling Art, Brand & District”, all’attività del “Parco” di tutela e conservazione della biodiversità e ad uno degli obiettivi dell’Agenda 2050: “Accertarsi che tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura”.

Il direttore del Parco della Valle dei Templi, l’architetto Roberto Sciarratta, si dice – “lieto di ospitare e promuovere un progetto che, grazie al linguaggio contemporaneo dell’arte visiva, offrirà ai visitatori internazionali una differente chiave di lettura della bellezza e della cultura millenaria che il Parco preserva, conservandone la salute del suolo e della biodiversità mediterranea che si offre come Paesaggio dell’umanità“. 

“La mostra Sotto e sopra il suolo, vita e rigenerazione vuole essere un percorso per riflettere sul nostro modus habitandi il pianeta Terra”, sottolinea Rossana Danile. “Gli esseri umani hanno delimitato i confini e fissato le leggi per affermare la loro autorità sotto e sopra il suolo e perfino nei cieli ma è bastata una pandemia per dimostrare che i confini non possono essere assegnati “sopra le parti” e che millenni di storia dell’umanità sono stati fin qui garantiti da un equilibrio naturale, tra gli ecosistemi. Un equilibrio capace di far coesistere miliardi di biodiversità presenti sotto e sopra il suolo, l’unico spazio dove tutti gli esseri viventi giocano la sfida della propria sopravvivenza“.

DAS LICEO SCIENTIFICO AGRIGENTO

INFO

Sotto e sopra il suolo, vita e rigenerazione
In collaborazione con il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento
Con il patrocinio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Agrigento
All’interno del format Italian Storytelling Art, Brand & District di Sosia comunicazione di Rossana Danile
Opere di Marco Angelini, Alessandro Calizza, Barbara Crimella, Bruno Melappioni
A cura di Giusy Emiliano
Organizzazione e direzione artistica di Rossana Danile
Direzione scientifica di Guido Bissanti
Contributi scientifici di Maria Giovanna Mangione, Guido Bissanti, Maria Ala
Testi critici di Giusy Emiliano
Traduzioni di Anastasia Copettari
Con la collaborazione di Alice Falsaperla – Galleria La Nuvola Roma
Con la collaborazione del Liceo Scientifico e delle Scienze Umane “R. Politi” di Agrigento
Illustrazioni fotografiche originali dal film “Pinocchio” di Matteo Garrone – Archimede Film

Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi
Via Panoramica Valle dei Templi 31 – 92100 Agrigento AG – www.parcovalledeitempli.it

Italian Storytelling Art, Brand & District
Rossana Danile
italianstorytelling.bd@gmail.comwww.italian-storytelling.com/it
Ufficio Stampa
Roberta Melasecca – Melasecca PressOffice – Interno 14 next
tel 3494945612
roberta.melasecca@gmail.com
www.melaseccapressoffice.it
www.interno14next.it

Forlì: Meet the Docs! Film Fest – La rassegna dedicata al cinema documentario torna per la sesta edizione

Un programma ricco di proiezioni di documentari, masterclass, incontri con le scuole, mostre,
panel tematici, workshop, musica, degustazioni e food.

Al centro il tema “Echi dal margine”

Meet the Docs! Film Fest:
la rassegna dedicata al cinema documentario
torna a Forlì per la sesta edizione

Dal 18 al 22 maggio 2022
Teatro Tenda EX ATR
Via Ugo Bassi 16, Forlì

Dal 18 al 22 maggio 2022 torna all’EXATR di Forlì Meet the Docs! Film Fest, la rassegna dedicata al cinema documentario. Come da tradizione il festival porta in città il meglio del cinema del reale per cinque giorni ricchi di proiezioni in anteprima, masterclass esclusive, panel tematici di approfondimento, tre matinée dedicate alle scuole del territorio, workshop, musica live, degustazioni e convivialità, offrendo al pubblico l’opportunità di incontrare numerosi registi e ospiti autorevoli.

La rassegna è organizzata da Sunset in collaborazione con Città di Ebla e Tiresia, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Forlì e con il supporto di BCC ravennate, forlivese e imolese.

I documentari salveranno il mondo, resta questa la filosofia e l’identità che da qualche anno Meet the Docs! Film Fest propone al pubblico: una cornice all’interno della quale non solo si sviluppano i temi portanti della programmazione (attualità, politica, diritti, storia, territorio, presente e futuro), ma si inserisce anche il titolo generale che contrassegna ogni edizione. Per il 2022 “Echi dal margine” sarà il tema che trainerà il programma di Meet The Docs! Film Fest, intendendo i margini come confine, come soglia, come orlo, come bordo, come estremità, come fine di qualcosa e inizio di altro, come perimetro, come limite.

Meet the Docs! Film Fest, che per noi è un atto politico – così dichiara Matteo Lolletti, Direttore Artistico di Meet The Docs! Film Fest – vuole camminare lungo i bordi per raccogliere gli echi che provengono dal margine, e portarli al centro dell’attenzione: margini che attraversiamo, esploriamo, percorriamo, abitiamo e frequentiamo. Ciò significa che ci interessano le storie che lì si collocano, che ci vivono sopra, in termini di contenuti e anche in termini di forma. Storie di persone e luoghi periferici, quindi, ma anche forme radicali di racconto, forme ai margini, appunto, forme narrative di e in trasformazione. È importante, per noi, questa disciplina di dialogo e di interlocuzione, questo incessante interrogare il reale: oggi che qualsiasi sguardo su di esso stabilisce un margine rispetto al futuro o all’abisso, oggi che qualsiasi punto di accesso a questo mondo è esso stesso un bordo, un limite, un confine che ci separa da un altro mondo. Si tratta quindi di un viaggio lungo i limiti, i bordi, i confini, gli orli, le estremità del mondo e dei mondi, per guardare oltre, per guardare attraverso i margini, per attraversare le soglie, per azzardare il presente, rappresentare il passato e sentire il futuro”.

La rassegna forlivese non rappresenta quindi un semplice festival di documentari, ma si configura come un’occasione sia per ragionare, dialogare e confrontarsi su argomenti connessi all’attualità, alla Storia e alla contemporaneità, sia per riflettere e agire sui racconti legati al reale, quindi sulla pratica documentaristica e sulla responsabilità della narrazione.

Grazie al successo delle edizioni precedenti, anche per il 2022 si confermano le partnership prestigiose come, tra le altre, quella con CineAgenzia, agenzia di distribuzione dei documentari di MondoVisioni– la rassegna della rivista Internazionale -, e quella con FilmTV, una delle più importanti riviste di cinema italiane, che da qualche anno è protagonista di workshop e incontri molto partecipati. Confermata anche la collaborazione con la Cineteca di Bologna, con la quale il festival porterà in sala capolavori documentaristici del passato restaurati, con MMPWebTv, la web tv del Campus di Forlì (Università di Bologna), e con OpenDDB, la prima piattaforma europea di opere indipendenti in Creative Commons.

Per la sesta edizione inoltre arrivano nuove partnership: ОКО – International Ethnographic Film Festival di Odessa, grazie al quale si sta lavorando a un evento dedicato all’Ucraina; I mille occhi di Trieste e il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, altri importanti festival italiani; Frab’s – Magazines & More, portale fisico e online, con il quale si darà vita a una serie di appuntamenti dedicati a riviste nazionali e internazionali legate ai temi delle singole giornate.

LA SESTA EDIZIONE DI MEET THE DOCS! FILM FEST: ALCUNE ANTICIPAZIONI

Anche per la sesta edizione, la proposta culturale di Meet the Docs! Film Fest articola la propria programmazione partendo dalla scelta di proiezioni di film documentari, sia nazionali che internazionali e di produzione recente, che siano portatori di specifici contenuti sociali, in grado di guardare al reale in maniera inedita. Ad accompagnare le proiezioni, ci saranno gli incontri di approfondimento che si sono immediatamente qualificati come la cifra narrativa e identificativa della rassegna, con registi e registe o esperte ed esperti dell’argomento raccontato dai documentari.

Nel programma della sesta edizione segnaliamo l’anteprima nazionale in sala di Purple Sea, il documentario che ha sconvolto la Berlinale del 2020, documentari che hanno fatto incetta di premi come The Earth is Blue Like an Orange (vincitore al Sundance) o Flee (candidato a tre premi Oscar), e altri film evento come Now, il nuovo film di riferimento per il movimento ambientalista.

Di grande caratura anche gli ospiti invitati ad approfondire i temi dei documentari. Tra gli altri: Gideon Levy, importante scrittore e giornalista israeliano, Maria Grazia Franceschelli, collaboratrice de il Mulino ed esperta di movimenti sociali e società civile nello spazio post-sovietico, Elena Giacomelli, ricercatrice dell’Università di Bologna nell’ambito degli Studi sulla Migrazione e sul Cambiamento Climatico, Yuri Ancarani, tra i maggiori video artisti italiani, Giulia Vescia, avvocata della Casa delle donne, aThomics, vignettista e militante Lgbtq, e rappresentanti di Amnesty International.

Ai documentari e ai dibattiti si aggiungono poi le masterclass, sempre connesse all’audiovisivo e rivolte a tutti, dagli addetti ai lavori ai semplici appassionati: per il 2022  sono stati inviati Leonardo Paulillo, executive producer e avvocato, che insieme a Mariangela Barbanente, autrice, parlerà delle docu-serie e del loro linguaggio, e Matteo Marelli, redattore di FilmTv, protagonista di una masterclass dedicata a Pier Paolo Pasolini e al suo cinema del reale, all’interno della quale sarà proiettato Comizi d’amore.

Un panel di particolare interesse sarà quello dedicato alla narrazione del conflitto, con un particolare riferimento alla drammatica situazione attuale in Ucraina, che vedrà protagonista la già citata Maria Grazia Franceschelli e altri ospiti ancora in via di definizione.

Come ogni anno, Meet the Docs! Film Fest dedica particolare attenzione alle generazioni più giovani, quelle più esposte alla sovraesposizione mediatica e a volte meno attrezzate per comprendere le dinamiche della comunicazione. La nuova edizione, in ragione del fatto che le condizioni pandemiche lo consentono, torna a dialogare direttamente con i più giovani. Da un lato Doc a Scuola, il progetto della Videoteca dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e dell’Associazione D.E-R Documentaristi Emilia-Romagna che porta nelle scuole il film documentario con incontri accompagnati da autori, e che il festival concretizza in tre proiezioni mattutine riservate alle studentesse e agli studenti delle scuole medie e superiori. Dall’altro un workshop dedicato ai più piccoli, organizzato per essere un modo giocoso di avvicinarsi ai prodotti documentaristici, con una parte attiva e una meramente di fruizione, realizzato con l’associazione di promozione sociale MarbreBlond DidArt.

Ad arricchire il programma, inoltre, durante i giorni del festival all’EXATR sarà allestita una mostra dell’illustratrice Alessandra Bruni, nome emergente del panorama nazionale e autrice dell’immagine della rassegna per il 2022, con la quale è prevista anche una masterclass dedicata al suo lavoro e al suo rapporto con il reale come fonte di ispirazione. Spazio inoltre, come di consuetudine, agli eventi specialimomenti musicali a chiusura delle serate con il concerto del cantautore e liutaio Giulio Cantore e il  DjSet contaminato del misterioso Systemfehler, e inoltre percorsi degustativi, con un viaggio dentro ai Vini dal Margine realizzato con Paolo Tegoni, presidente dell’Associazione Gastronomi Professionisti, e il suo FurgonVino che per tutta la durata del festival accompagnerà con eccellenze enogastronomiche gli spazi dell’EXATR, il luogo che ospita Meet the Docs! Film Fest, un hub culturale simbolo di rigenerazione urbana.

Perché il festival è uno spazio di scambio, confronto e riflessione che non si esaurisce con le proiezioni e i dibattiti.

Il programma completo e dettagliato della manifestazione sarà disponibile sul sito https://meetthedocs.it/  


INFORMAZIONI UTILI
Meet the Docs! Film Fest – sesta edizione

Dal 18 al 22 maggio 2022
Teatro Tenda EX ATR, Via Ugo Bassi 16, Forlì (FC)

Organizzato da Sunset
in collaborazione con Tiresia e Città di Ebla
Sostenuto da Regione Emilia-Romagna e Comune di Forlì
Sponsor: LA BCC ravennate, forlivese e imolese
Media partner: FilmTv, Teleromagna, ForlìToday, MMPWebTv

CONTATTI
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WEB: https://meetthedocs.it/
FACEBOOK: https://www.facebook.com/meetthedocs/
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Bologna: Lorenzo Balbi confermato direttore del MAMbo e responsabile dell’Area Arte Moderna e Contemporanea

Si è conclusa con l’individuazione di Lorenzo Balbi come candidato più idoneo la procedura di selezione pubblica per l’assunzione, con contratto di lavoro a tempo determinato, di una figura di alta specializzazione per la posizione di Responsabile dell’area disciplinare “Arte Moderna e Contemporanea” dell’Istituzione Bologna Musei, indetta dal Comune di Bologna in data 22 febbraio 2022.
Per Balbi, che ha assunto per la prima volta il ruolo di direttore artistico del MAMbo e responsabile dei musei civici afferenti all’Area Arte Moderna e Contemporanea lo scorso 3 luglio 2017, si tratta di una conferma.

Lorenzo Balbi (Torino, 1982) è direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna dal 2017, data in cui ha assunto il ruolo di Responsabile dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei, alla quale afferiscono, oltre al MAMbo, Villa delle Rose, Museo Morandi, Casa Morandi, Museo per la Memoria di Ustica e Residenza per artisti Sandra Natali.
Dopo gli studi in Conservazione dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si specializza in Arte Contemporanea all’Università degli Studi di Torino. I suoi testi ed articoli sono stati pubblicati su diverse riviste tra cui: Il Giornale dell’Arte, Inside Art, Artribune, Mousse, La Stampa, Exibart, ATP Diary, Finestre sull’arte, Espoarte, Artforum, Il Giornale dell’Architettura, Juliet, graphìe, Titolo. Dal 2006 al 2017, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, ha insegnato Metodologia della Curatela a Campo, corso per curatori e si è occupato dell’organizzazione e dello sviluppo di progetti espositivi negli spazi di Torino e Guarene d’Alba, oltre alle rassegne espositive della Collezione Sandretto Re Rebaudengo all’estero. Ha curato il progetto Residenza per Giovani Curatori Stranieri dal 2015 al 2017. Dal 2018 ha assunto la direzione artistica di ART CITY Bologna, rassegna di eventi espositivi promossa in occasione di Arte Fiera.
Ha tenuto lezioni e seminari presso DAMS – Università di Bologna, Accademia di Belle Arti di Bologna, IED (Firenze), Fondazione Modena Arti Visive. È membro del consiglio direttivo di AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, del board del Forum dell’Arte Contemporanea Italiana, del comitato scientifico della Pinacoteca Nazionale di Bologna, del comitato scientifico del Master of Art della Luiss Business School (Roma) e del consiglio di amministrazione della Fondazione Lucio Saffaro.


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Matisse: “È tutto nel concepimento. Devo quindi avere una visione chiara sin dall’inizio”

di Sergio Bertolami

42 – Notes d’un peintre: principi artistici e filosofia di vita di Henri Matisse

Fra i dipinti presentati al Salon d’Automne del 1905 il più famoso è quello di Matisse, Donna con cappello (Femme au chapeau). L’opera raffigura la moglie dell’artista, Amélie Parayre, vestita in modo borghese. Il tocco libero, la luce frontale, l’uso acceso dei colori, ne fanno uno dei migliori esempi di fauvismo. I collezionisti Gertrude e Leo Stein, americani appassionati d’arte francese, acquistarono l’opera poco dopo la sua esposizione. Per il proprio piacere, e quello degli amici in visita, il quadro era appeso nel loro appartamento in rue de Fleurus a Parigi. Questo risollevò il morale di Matisse, che spesso aveva sofferto per le critiche caustiche al suo lavoro. Donna con cappello suscitò scalpore durante e continuò anche dopo la mostra del 1905, per la sua «volgare» mancanza di rappresentazione realistica, per l’insolita posa di Madame Matisse, ritratta di spalle, rivolta di tre quarti verso lo spettatore. Soprattutto per il modo di utilizzare il colore, che dai punti cromatici dei divisionisti si dilatava fino a formare vere e proprie chiazze. La tavolozza virava dal verde al giallo, dal blu al viola, dal bianco al rosso, tutto ciò affinché il volto di Amélie prendesse volume, superando ogni consueto effetto chiaroscurale.

Henri Matisse, Femme au chapeau, 1905

«Un pittore che si rivolge al pubblico non solo per presentare le sue opere, ma per svelare alcune delle sue idee sull’arte della pittura, si espone a diversi pericoli». È l’incipit del breve e intenso saggio, che Matisse decide di scrivere nel 1908 per rispondere agli attacchi che nel corso degli anni gli sono stati rivolti, per legittimare un modo di dipingere ritenuto sconcertante e scandaloso. S’intitola Appunti d’un pittore (Notes d’un peintre) e rappresenta il primo testo di Matisse a chiarimento della propria arte, «matrice delle successive osservazioni che l’artista farà, soprattutto a partire dagli anni Trenta, davanti a critici e dilettanti», come recita la nota del libro rieditato di recente dalle edizioni del Centro Pompidou di Parigi, con una prefazione di Cécile Debray, curatrice del Museo Nazionale d’Arte Moderna.

Henri Matisse, Notes d’un peintre.
In questo testo pubblicato il 25 dicembre 1908 su La Grande Revue, Matisse risponde alle critiche dei suoi dipinti esposti al Salon d’Automne nel 1905.

La prima edizione vide luce il 25 dicembre 1908 su La Grande Revue. Il testo fu immediatamente tradotto in tedesco e russo, tanto l’interesse suscitato nel mondo dell’arte. Appunti di un pittore era in realtà un’influente dichiarazione d’intenti, un insieme di principi artistici su elementi fondamentali come espressione, colore, composizione, tecnica. Ma al tempo stesso una filosofia di vita. Faceva seguito ad un lungo articolo del pittore simbolista Josephin ‘Sar’ Péladan che aveva criticato Matisse e i Fauves di non dipingere onestamente, laddove, per onesto, intendeva il rispetto all’ideale e alle regole. Ma quale ideale e quali regole, si domandava Matisse? Per la verità Péladan, conosciuto come Sar Mérodack Joséphin Péladan, oltre che un artistoide era anche un eccentrico esoterista, che aveva fondato prima l’Ordine Cabalistico dei Rosacroce, quindi l’Ordine della Rosa-Croce Cattolica ed Estetica del Tempio e del Graal. Le sue conoscenze erano più brillanti che solide, gli rinfacciava Oswald Wirth, un altro esoterista come lui: «Péladan fu inebriato dal successo del suo Vizio Supremo e dalla curiosità che suscitava nei salotti, dove si sforzava di creare scalpore. Il titolo di Mago non gli bastava più, si promosse a Sar, che in Assiro significa Re». Come Sar lo appellerà Matisse a conclusione del saggio, rispondendo alle sue acide critiche. L’articolo di riferimento è “Le Salon d’Automne et ses Retrospectives”, uscito su La Revue Hébdomadaire, del 17 ottobre 1908.

Partendo da una citazione tratta dall’Institution chrétienne di M. Jean Calvin, Péladan si scaglia contro i pittori ignoranti: «La creatura crea, come il Creatore, a sua immagine, e l’interesse delle immagini, affreschi sublimi o stampe grezze, non si limita alla storia dei costumi. Un modo di vestire risulta da un modo di pensare. La forma manifesta sostanza; nasce da un lavoro incessante, da una spinta dall’interno verso l’esterno». Ecco perché, continua Péladan, «ogni anno diventa più difficile parlare di queste persone che nei comunicati di stampa si definiscono “les fauves”. Sono curiosi da vedere accanto alle loro tele. Corretti, piuttosto eleganti, li si prenderebbe per dei capireparto di grandi magazzini. Ignoranti e pigri, cercano di offrire al pubblico l’incolore e l’informe». Matisse non si scompone e risponde a tono: «Un artista trae sempre profitto dalle informazioni su sé stesso e sono felice di aver appreso qual è il mio punto debole. Monsieur Péladan nella Revue Hébdomadaire rimprovera un certo numero di pittori, tra i quali credo di dovermi collocare, di chiamarsi “fauves” e nondimeno si vestono come tutti, in modo che non si notino tra i frequentatori in un grande magazzino. Il genio conta così poco? Se fosse solo una questione riguardante me stesso, a tranquillizzare la mente del signor Péladan, domani mi chiamerei Sar e mi vestirei da negromante».

Ritratto di Joséphin Péladan dipinto da Alexandre Séon (1892 circa)

Una decina di pagine a seguire Péladan rafforza la critica: «Il pubblico, insensibile al difficile sforzo di raggiungere la bellezza, chiede solo buffonate. Un clown fa la fortuna di un circo e migliaia di artisti imitano Chocolat; solo (che qui) è la tela a ricevere calci in faccia colorati. La Verità, la più disperata delle Muse, l’inorridita Verità ci direbbe: “Supponiamo che Monsieur Matisse dipinga onestamente, non sarebbe che quasi sconosciuto; si esibisce come in fiera e il pubblico (al contrario) lo conosce. Onestamente – intendo dire nel rispetto dell’ideale e delle regole – non c’è speranza, né pane, per l’artista. Sia detto in difesa di questi sfortunati tatuatori del pannello». Un linguaggio già sentito altrove, che tende a relegare questi “scarabocchi infantili” in libri e camere per bambini. Lo stesso Péladan scrive: «L’Associazione “Arte a scuola” ha un devoto, Monsieur Georges Moreau, che ha raccolto in un bel volume alcuni esemplari molto curiosi di disegni per l’infanzia, ci sono schizzi di bambini dai sei ai sedici anni, nessuno dei quali è dotato se non di sincerità: sarebbero maestri e vocazioni per un Salon d’Automne e generalmente ben al di sopra della media dei fauves». Matisse, di nuovo, non si scompone e risponde: «Nello stesso articolo questo eccellente scrittore afferma che non dipingo onestamente, e sarei giustamente arrabbiato se non avesse qualificato la sua affermazione dicendo: “Intendo onestamente rispetto all’ideale e alle regole”. Il guaio è che non menziona dove sono queste regole. Sono disposto a farle sussistere; ma se fosse possibile impararle quali artisti sublimi avremmo! Le regole non esistono al di fuori degli individui: altrimenti un buon professore sarebbe un grande genio come Racine».

Matisse elude abilmente l’avversario: sa bene che le regole sono riportate in centinaia di testi scritti a favore delle accademie. Lui, però, non vuole limitarsi alle massime, né tantomeno ai sofismi dialettici o letterari. «Molti amano pensare alla pittura come un’appendice della letteratura e quindi vogliono che esprima, non idee generali adatte a mezzi pittorici, ma idee specificamente letterarie». È pienamente consapevole che il miglior portavoce di un pittore è il suo lavoro. Nelle sue pagine, dovrà dunque spiegare al pubblico la trasformazione della sua pittura, che si è evoluta con l’evolversi del suo pensiero. Attesta fermamente: «Quello che cerco, soprattutto, è l’espressione». La spiegazione di questa affermazione può fare comprendere come l’Espressionismo di Matisse sia ben distante da quanto manifestato dai suoi contemporanei tedeschi. «L’espressione, per me, non risiede nelle passioni che brillano in un volto umano o manifestate da movimenti violenti. L’intera disposizione del mio quadro è espressiva: il posto occupato dalle figure, i vuoti che le circondano, le proporzioni, ogni cosa ha la sua parte. La composizione è l’arte di disporre in modo decorativo i diversi elementi a disposizione del pittore per esprimere i suoi sentimenti. In un’immagine ogni parte sarà visibile e svolgerà il ruolo assegnato, sia esso principale o secondario. Tutto ciò che non è utile nell’immagine, ne consegue, è dannoso. Un’opera d’arte deve essere armoniosa in direzione loro come mostra di più nella sua interezza: ogni dettaglio superfluo sostituirebbe qualche altro dettaglio essenziale nella mente dello spettatore».

Henri Matisse, Paesaggio a Collioure, 1905

L’espressione per Matisse è legata ai sentimenti. Riportarli sulla tela è reso possibile ricorrendo alla composizione e all’armonia dell’insieme. Ci sono due modi di rappresentare: o brutalmente o procedendo attraverso una evocazione artistica. Superando, ad esempio, l’idea di rappresentare la realtà del movimento, otterremo una maggiore bellezza e grandezza. Come nelle statue egizie, solo in apparenza rigide, capaci invece di restituire l’immagine di un corpo pronto a muoversi all’improvviso. «Devo definire con precisione il carattere dell’oggetto o del corpo che voglio dipingere. Per farlo, studio molto da vicino il mio metodo […] Se su una tela bianca pongo alcune sensazioni di blu, di verde, di rosso, ogni nuovo tratto sminuisce l’importanza dei precedenti […] È necessario che i vari segni che uso siano equilibrati in modo che non si distruggano a vicenda. Per fare questo devo organizzare le mie idee; le relazioni tra i toni devono essere tali da sostenerle e non distruggerle […] Dal rapporto che ho trovato in tutti i toni deve risultare una viva armonia di colori, un’armonia analoga a quella di una composizione musicale». Tutto si concentra all’atto del concepimento. Avere una visione chiara sin dall’inizio significa definire l’ordine e la chiarezza espressiva, come in Cézanne, dove «tutto è così ben disposto che non importa a quale distanza ti trovi o quante figure sono rappresentate».

Henri Matisse, La Finestra aperta, 1905

«La funzione principale del colore – continua Matisse – dovrebbe essere quella di servire l’espressione nel miglior modo possibile […] Per dipingere un paesaggio autunnale non cercherò di ricordare quali sono i colori adatti a questa stagione, mi ispiro solo alla sensazione che la stagione suscita in me: la purezza gelida del cielo azzurro e acido esprimerà la stagione, così come le sfumature di fogliame. La mia stessa sensazione può variare, l’autunno può essere morbido e caldo come una continuazione dell’estate, o piuttosto fresco con un cielo freddo e alberi giallo limone che danno un’impressione gelida e già annunciano l’inverno». La natura non deve essere, perciò, copiata, ma interpretata, sottomessa allo spirito che si vuole esprimere nel quadro. Ecco perché la nuova visione di Matisse non può più assecondare le teorie del puntinismo. «La mia scelta dei colori non si basa su alcuna teoria scientifica; si basa sull’osservazione, sulla sensibilità, sulle esperienze vissute. Ispirato da alcune pagine di Delacroix, un artista come Signac è ​​preoccupato per i colori complementari, e la conoscenza teorica di essi lo porterà a usare un certo tono in un determinato luogo. Al contrario, io cerco semplicemente di mettere giù i colori che rendono la mia sensazione».

Henri Matisse, Autoritratto con maglietta a righe, 1906

Per Matisse la stessa teoria dei colori complementari non è affatto assoluta. Il divisionismo non gli appartiene più, e questo perché «chi lavora in uno stile preconcetto, voltando deliberatamente le spalle alla natura, perde la verità». Matisse non è certo un artista di paesaggio, né è interessato alle nature morte. Quando sorge una discussione se sia meglio lavorare d’immaginazione o prendere spunti dalla natura, risponde che il primo metodo non esclude il secondo: in entrambi i casi l’artista potrà arrivare a quella totalità che costituisce il suo quadro. La verità è che l’artista deve sempre essere «in grado di organizzare le sue sensazioni per continuare il suo lavoro con lo stesso stato d’animo per giorni diversi, e sviluppare queste sensazioni; questo potere dimostra che è sufficientemente padrone di sé stesso per sottoporsi alla disciplina». E anche quando decidesse di discostarsi dalla natura dovrà farlo con la convinzione d’interpretarla più pienamente.

Henri Matisse, Le bonheur de vivre, 1906

«Quello che sogno è un’arte dell’equilibrio, della purezza e della serenità, priva di argomenti preoccupanti o deprimenti, un’arte che potrebbe essere per ogni lavoratore mentale, per l’uomo d’affari così come per l’uomo di lettere, ad esempio, un calmante, un sedativo mentale, qualcosa come una buona poltrona che fornisce relax dalla fatica fisica». È vero, chi legge e si aspetta opinioni ben più pregnanti sulla pittura, forse potrebbe dire che Matisse se n’è uscito sciorinando luoghi comuni. È l’artista stesso che lo presume. «A questo risponderò che non ci sono nuove verità. Il ruolo dell’artista, come quello dello studioso, consiste nel cogliere verità attuali, spesso a lui ripetute, ma che assumeranno per lui un nuovo significato e che farà proprie quando ne avrà colto il significato più profondo». Cogliere le verità attuali, fare ordine e chiarezza, organizzare le sensazioni – anche quelle più fugaci come fascino, leggerezza, freschezza – mantenere lo stesso stato d’animo fino alla conclusione dell’opera: questo è il nucleo del pensiero formulato negli Appunti. «C’è stato un tempo in cui non lasciavo mai i miei quadri appesi al muro perché mi ricordavano momenti di sovreccitazione e non mi piaceva rivederli quando ero calmo. Oggi cerco di mettere serenità nelle mie immagini e di rielaborarle finché non ci sono riuscito». Non c’è modo migliore per esprimere le sensazioni avvertite mentre si percorre una nuova strada: occorre solo aver chiaro sin dall’inizio cosa certare. «Quello che cerco, soprattutto, è l’espressione», l’espressione indistinta della gioia di vivere, Le bonheur de vivre, tra il sentimento che si prova per la vita e il modo giusto per tradurla in pittura.

Henri Matisse, La Danse (first version), 1909

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

Venezia. Il seme del futuro – Installazioni di Gianmaria Potenza allo Squero di San Trovaso

  • Due sculture verticali del Maestro Gianmaria Potenza sono state collocate ai due lati opposti nello spazio esterno dello Squero di San Trovaso a Venezia, con una grande visibilità, anche grazie alla Fondamenta frequentatissima dall’altro lato del Canale, creando un affascinante dialogo fra di esse e con lo spazio circostante.
  • L’intervento di Potenza perfettamente integrato con la struttura cantieristica ancora in opera, profila una proiezione virtuosa verso un futuro possibile per la città reale: futuro sostenibile, agito, innovativo, godibile.

Venezia. Il seme del futuro

Giovedì 14 aprile allo Squero di San Trovaso a Dorsoduro – Venezia si è svolta la preview di Venezia. Il seme del futuro | Installazioni di Gianmaria Potenza allo Squero di San Trovaso.

Tradizione e innovazione: queste le parole chiave che definiscono, in sintesi, il progetto Venezia. Il seme del futuro che coniugherà la bellissima location dello Squero di San Trovaso con le sensazionali installazioni in bronzo di Gianmaria Potenza. In dialogo, due visioni di venezianità che si integrano, dalla magia bizantina, sontuosa delle opere del Maestro (autentica mappa di un passato ancora da decifrare nella sua cifra nascosta) alla visione di una capacità imprenditoriale, di un sapere antico che s’invera nel presente.

Il latte dei sogni, tema della prossima Biennale d’Arte che si apre il 23 aprile prossimo, è anche questo: sogni che si concretizzano in un messaggio di competenze, altrove inimmaginabili se non qui, in laguna.

Per queste ragioni, per l’intrinseco legame che vincola l’artista Potenza alla natura dei luoghi – luoghi cari al suo sentimento del tempo, necessari alla sua ispirazione, al suo stesso fare – non ci poteva essere una sede più rappresentativa, e prestigiosa dello Squero di San Trovaso.

Lo Squero di San Trovaso è uno dei più antichi e famosi squeri veneziani. Lo squero (ossia “cantiere” in veneziano: dalla parola “squara” che indica l’attrezzo adoperato per costruire le imbarcazioni) è il classico cantiere dove si costruivano e riparavano le imbarcazioni di dimensioni contenute come gondolepupparinisandolis’ciopóni e altri natanti tipici della tradizione navale veneziana. Quello di San Trovaso sorge lungo il rio omonimo e risale al Seicento.

È uno dei pochissimi squeri ancora in funzione a Venezia, anche se oggi vi vengono prodotte o riparate soltanto gondole, mentre in passato l’attività cantieristica si estendeva anche ad altri tipi di barche.

L’assoluta peculiarità di questo monumento, che non può passare inosservato ad un visitatore curioso e attento e tanto meno ad un artista, è che – pur essendo fra i luoghi più fotografati di Venezia, come il Ponte di Rialto o il Ponte dei Sospiri, e al contempo garantendo una grandissima visibilità, – resta assolutamente intimamente veneziano: un patrimonio profondo, quasi spirituale anche per il suo valore simbolico per ogni abitante della Città d’acqua.

Campo San Trovaso, e il suo bellissimo Squero si trovano in una posizione strategica, fra le Gallerie dell’Accademia e la Fondamenta delle Zattere che, esposta a sud e di fronte all’Isola della Giudecca, con la bella stagione si riempie di appassionati di arte, addetti ai lavori, giovani, artisti, studenti e professori delle vicine Università, di semplici famiglie di veneziani e turisti che si spingono un po’ fuori dai percorsi più affollati.

Proprio in  quell’area del Sestiere di Dorsoduro, tutto a pochi minuti a piedi dallo Squero, ci sono le Gallerie dell’Accademia, l’Accademia di Belle Arti, V-A-C Foundation |Museo d’Arte, Pinault Collection – Punta della Dogana, Peggy Guggenheim Collection, la Fondazione Vedova, il Liceo Artistico, CFZ – Ca’ Foscari Zattere / Cultural Flow Zone, sedi di Mostre importanti come i Saloni del Sale, Palazzo Contarini Polignac e la Chiesa anglicana di Saint George, e, appena passato il Ponte dell’Accademia, l’Istituto Veneto di lettere, scienze e arti, Palazzo Franchetti (IED – Istituto Europeo del Design), la Fondazione Ugo e Olga Levi, il Conservatorio di Musica Benedetto Marcello, solo per citare le sedi principali e poi gallerie d’arte, baccari (osterie) storici, ecc.

Due sculture verticali del Maestro Gianmaria Potenza sono state collocate ai due lati opposti nello spazio esterno dello Squero di San Trovaso a Venezia, con una grande visibilità, anche grazie alla Fondamenta frequentatissima dall’altro lato del Canale, e con la possibilità di creare un affascinante dialogo fra di esse e con lo spazio circostante: s’intitolano Seme d’Orzo (bronzo, fusione a cera persa, h. 240 cm. circa, peso 200 kg circa) e Torre 3 (scultura girevole in bronzo, fusione a cera persa, h. 270 cm., peso 150/180 kg.)

L’intervento di Potenza, che porta allo Squero due opere scultoree rappresentative del suo percorso, perfettamente integrate con la struttura cantieristica ancora in opera, profila una proiezione virtuosa verso un futuro possibile per la città reale: futuro sostenibile, agito, innovativo, godibile.

Lo svolgimento: da metà aprile, mese in cui sono previste le aperture dei Padiglioni, comprendendo il periodo clou della Biennale, fino a fine luglio (e oltre, se ve ne sarà l’opportunità).

Le grandi installazioni in dialogo con lo Squero saranno inserite in un piccolo ma significativo percorso che noi proporremmo anche collegato alla possibilità per gli spettatori che lo desiderassero di visitare l’adiacente Galleria della Gondola e dell’Ecosistema Lagunare.


Un progetto di:

Associazione Culturale
Squero di San Trovaso

Saranno presenti:
Gianmaria Potenza, Artista
Davide Federici, ideazione e coordinamento
Marco Agostinelli, Direttore artistico Associazione Culturale Squero di San Trovaso
Lorenzo Della Toffola, Maestro d’ascia
Francesca Della Toffola, Presidente Associazione Culturale Squero di San Trovaso
Francesca Ruth Brandes, curatrice

Si ringraziano:
Rossella Tramet, curatrice
Arch. Andrea Zigon
Arch. Sandra Moretto
Ing. Francesco Steffinlongo
Osteria la Bifora Campo S. Margherita
Matteo Rumor
Gioia Longato

UFFICIO STAMPA

FG Comunicazione
Davide Federici
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Paolo Roversi – Delitto nella stanza chiusa

ESCLUSIVA EBOOK Un racconto inedito con protagonista Enrico Radeschi. Contiene anche i primi capitoli dei romanzi di Paolo Roversi “Milano Criminale”, “Solo il tempo di morire” e il nuovo “La confraternita delle ossa”. Una setta segreta dei giorni nostri, pensa il giornalista-hacker Enrico Radeschi quando il suo caporedattore gli chiede di infiltrarsi in una misteriosa cerchia di adepti con sede in corso di Porta Ticinese. Il nome è enigmatico: The Impossibile Society. Una volta arrivato sul posto, però, Radeschi si imbatte nella polizia, e il suo intento di fingersi un seguace della setta sfuma. Ad accoglierlo è il vicequestore Loris Sebastiani, suo amico e compagno di molte indagini, che lo mette al corrente dell’accaduto: uno dei membri della Società è stato trasportato in ospedale in fin di vita. A preoccupare il poliziotto è un dettaglio inquietante: sembra che a ridurre in quello stato l’adepto sia stata una misteriosa stanza chiusa…

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IMMAGINE DI APERTURA – copertina del libro



Torino, Galleria del Cembalo: 4 fotografi di fama internazionale a confronto sul tema del Corpo 

La Galleria del Cembalo, galleria romana specializzata in fotografia, è stata invitata a partecipare alla terza edizione di The Phair, la fiera internazionale dedicata alla fotografia e all’immagine in scena a Torino Esposizioni dal 26 al 29 maggio 2022.

In occasione di The Phair 2022

la Galleria del Cembalo presenterà fotografie di

Paolo Gioli, Paolo Pellegrin, Karmen Corak e Cristina Vatielli

4 fotografi di fama internazionale a confronto

con immagini sul tema del Corpo  

Paolo Gioli

Preview e opening 26 maggio 2022

Dal 27 al 29 maggio 2022

Torino Esposizioni, Padiglione 3
Via Francesco Petrarca, 39/b – Torino

Con il progetto espositivo Sul Corpo la Galleria del Cembalo porterà a The Phair 2022 i lavori di due celebri fotografi conosciuti in tutto il mondo, quali Paolo Gioli (recentemente scomparso) e Paolo Pellegrin, e di due artiste molto apprezzate per la sensibilità del loro sguardo, Karmen Corak e Cristina Vatielli,. Una selezione di quattro fotografi – tutti seguiti da anni dalla Galleria del Cembalo – che hanno esplorato in modi diversi e personalissimi il tema del corpo. Due uomini e due donne, con approcci e tecniche differenti, in un’unica intensa suggestione fatta di immagini ed emozioni.

The Phair – un neologismo sintesi di Photography e Fair – anche per la terza edizione celebra il linguaggio della fotografia e le sue molteplici forme. Nata da un’idea di Roberto Casiraghi e Paola Rampini, la fiera internazionale è a inviti ed è rivolta ad alcune delle più prestigiose gallerie d’arte contemporanea – 50 in tutto tra le italiane e le straniere – che sono chiamate a presentare dei progetti artistici legati al tema dell’immagine e opere create con materiale fotografico o video.

La selezione di immagini Sul Corpo della Galleria del Cembalo arricchirà la proposta fieristica di Torino Esposizioni, grazie al linguaggio sensibile e potente dei quattro fotografi scelti. Di Paolo Gioli – non solo fotografo ma artista multiforme e fuori dagli schemi, apprezzato e seguito da illustri personaggi del panorama internazionale culturale – saranno inserite alcune polaroid di grande formato appartenenti alle serie delle “Vessazioni” e dei   “Luminescenti”, tutte opere particolarmente originali e sperimentali. Le prime (anche indicate con il termine Abuses) rappresentano visi o torsi umani, con segni di sofferenza: sono fotografie con interventi di pittura, e non solo, parte di una ricerca in cui Gioli diceva di voler “vedere che rapporto ci può essere tra una materia tecnologica sofisticata, contemporanea [come il polaroid] e le materie antiche come può essere la preparazione all’olio”. Le seconde riprendono antiche sculture romane presenti nei depositi delle collezioni dei Musei Capitolini di Roma e sono realizzate con materiale fosforescente, adottando lunghissimi tempi di esposizione. Un tema ricorrente nell’opera di Gioli è, infatti, la riflessione sulla storia dell’arte, dall’arte antica a quella moderna. Il lavoro del noto artista, scomparso il 28 gennaio 2022, quanto mai originale per la varietà e l’unicità dello stile e della realizzazione tecnica delle opere, è stato proposto e promosso dalla Galleria del Cembalo in numerose occasioni, tra le quali nel 2015 con la mostra personale Opere Alchemiche e nel 2019 con Dialoghi. Il lavoro di Paolo Gioli è stato anche presentato dalla galleria in occasione di fiere, come Artissima nel 2017, Photo London nel 2018 e con uno stand totalmente dedicato a lui a Paris Photo 2019.

Un altro importante apporto al progetto espositivo della Galleria del Cembalo a The Phair 2022 saranno alcuni scatti di nudi femminili ritratti in Congo, opere del noto fotografo Paolo Pellegrin, dal 2005 membro dell’agenzia Magnum Photos. Della produzione del fotografo nella sua lunga attività di fotoreporter si potrà vedere molto, nel periodo della fiera, poiché è prevista una grande mostra sul suo lavoro alle Gallerie d’Italia in Piazza San Carlo, organizzata dal gruppo Banca Intesa San Paolo.

Il contributo di Karmen Corak sarà un polittico dal titolo “Unveiled”, un lavoro sul ritratto femminile, con parti del corpo che vengono scoperte dalle mani delle donne, con un gioco di panneggi che rimandano a figurazioni dell’arte classica, ma anche a un senso di pudore.

In questo lavoro di Corak il corpo umano sembra perdere la caratteristica peculiare di autorappresentazione: si allontana dalle implicazioni sessuali, per diventare uno strumento di indagine, un linguaggio.

Infine, il tema della fertilità e immersione nella Natura sarà proposto da Cristina Vatielli con il progetto “Terra Mater” in una serie di immagini realizzate con un drone dall’alto, in cui il corpo femminile appare allo stesso tempo vulnerabile e cullato dagli elementi naturali, attraverso autoritratti di nudi e seminudi immersi nella natura, in luoghi che rimandano a paesaggi primordiali e incontaminati.

Oltre alla partecipazione a The Phair 2022, la Galleria del Cembalo prosegue la sua ricca attività espositiva con le due mostre a Roma, nella sede di Palazzo Borghese: Mare Omnis di Francesco Zizola (visitabile fino al 30 giugno) e Epifanie/03 – LAB/per un laboratorio irregolare a cura di Antonio Biasiucci (visitabile fino al 14 maggio) con le opere di Paolo Covino, Alessandro Gattuso, Valeria Laureano, Laura Nemes-Jeles, Claire Power, Ilaria Sagaria, Giuseppe Vitale e Tommaso Vitiello.

In programma per la stagione autunnale una mostra di Cristina Vatielli: a The Phair 2022 sarà possibile infatti vedere in assoluta anteprima alcune delle opere che l’artista porterà a ottobre alla Galleria del Cembalo, negli affascinanti spazi affrescati della galleria romana.

BIO ARTISTI

PAOLO GIOLI

Paolo Gioli (Rovigo, 12 ottobre 1942 – Lendinara, 28 gennaio 2022) è stato un pittore, fotografo e regista italiano di cinema sperimentale.

Dal 1960 si iscrive alla Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, proseguendo la sua formazione di pittore. Nel 1967 è a New York per circa un anno: qui ottiene una borsa di studio dalla John Cabot Foundation ed entra in contatto con i galleristi Leo Castelli e Martha Jackson. In America scopre il New American Cinema e inizia a maturare un profondo interesse per la fotografia. Nel 1970 si stabilisce a Roma e frequenta la Cooperativa Cinema Indipendente. Al Filmstudio Gioli presenterà i suoi primi film, che produce tra Roma e Rovigo sviluppando e stampando in proprio le pellicole sull’ispirazione del cinema dei Lumière. Nello stesso periodo realizza le prime opere fotografiche con la tecnica del foro stenopeico. Nel 1976 si trasferisce a Milano dove, oltre al cinema, si dedica con intensità alla fotografia. Nella Polaroid, in particolare, Gioli troverà un mezzo sorprendentemente duttile con cui portare avanti la sua ricerca: dal 1977 sperimenta per primo i processi di trasferimento dell’emulsione Polaroid su supporti come la carta da disegno, la tela, la seta e il legno, allargando le possibilità della fotografia istantanea e coniugando i codici e le tecniche della fotografia con il linguaggio pittorico. Dai primi anni Ottanta Gioli riceve importanti riconoscimenti: le mostre personali all’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma (1981), al Centre Pompidou di Parigi (1983), è invitato più volte ai Rencontres Internationales de la Photographie di Arles che gli dedicano anche una esposizione al Musée Réattu (1987). Nel 1984 riceverà l’onore della copertina sul catalogo AIPAD, la fiera internazionale dei Photography Art Dealers. Negli anni Novanta si alternano altre mostre internazionali: nel 1996 la grande antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma, negli stessi anni espone regolarmente alla Galérie Michèle Chomette di Parigi e al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. In più di quarant’anni di attività Gioli ha inoltre partecipato a tutte le principali rassegne di cinema sperimentale nei festival di New York, Toronto e Hong Kong. Nel 2006 la RaroVideo pubblica un doppio dvd con una selezione di quattordici suoi film. Nel 2007 Gioli è invitato come artist on focus al HKIFF. Nel 2008 una nuova selezione è presentata all’Ontario Cinémathèque di Toronto. Nel giugno 2009 il Festival di Pesaro gli tributa un omaggio con una rassegna completa dei suoi film. Nello stesso anno il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma pubblica un volume monografico sul suo lavoro di filmmaker. Nel 2015 è tra gli artisti selezionati da Vincenzo Trione per il Padiglione Italia della Biennale Arte di Venezia.

PAOLO PELLEGRIN

Paolo Pellegrin nasce a Roma nel 1964. Dopo aver studiato architettura, il suo interesse si focalizza sulla fotografia. Resta per dieci anni all’Agence Vu, per poi entrare a far parte di Magnum Photos come nominee nel 2001, diventando membro a pieno titolo nel 2005. Ha lavorato a contratto per “Newsweek” per dieci anni. Nella sua carriera ha ricevuto molteplici riconoscimenti internazionali, tra cui il “Robert Capa Gold Medal Award”. Nel 2006 gli viene riconosciuto il “W. Eugene Smith Grant in Humanistic Photography”. Le sue foto sono state esposte in numerosi musei e gallerie tra cui: La Maison Européenne de La Photographie, Les Rencontres d’Arles, il San Francisco Museum of Modern Art, la Corcoran Gallery of Art, il MAXXI di Roma, l’Aperture Foundation Gallery, il Foam Fotografiemuseum Amsterdam, e la Deichtorhallen ad Amburgo. Vive a Londra.

KARMEN CORAK

Karmen Corak, nata in Slovenia, studia Arti Grafiche in Croazia e Conservazione e restauro di opere d’arte su carta in Italia, Giappone e Austria. Segue seminari di fotografia con Rinko Kawauchi e Hans-Christian Schink. Vive e lavora tra Roma e Venezia. Ha lavorato alla GNAM, all’Accademia a Venezia ed ora alla Calcografia a Roma come restauratrice di carta/stampe antiche. Partecipa alle mostre collettive in Cina, Corea, Croazia, Francia, Germania, Giappone, Italia, Russia, Slovenia, Spagna, Ungheria e USA; e con le mostre personali alle diverse edizioni del Festival Internazionale di Fotografia a Roma. Riceve premi internazionali in Fine Art Photography a Parigi, Malaga e Berlino.

CRISTINA VATIELLI

Cristina Vatielli nasce a Roma. Dopo essersi diplomata alla Scuola Romana di Fotografia nel 2004, inizia a lavorare come assistente per Paolo Pellegrin. Negli anni si specializza nella post-produzione delle immagini, collaborando con diversi fotografi di fama internazionale. Intraprende in seguito il suo percorso di ricerca personale con un approccio storico-documentario, avvalendosi in alcuni casi della messa in scena di eventi e personaggi. Nel 2016 realizza Le donne di Picasso, una serie di autoritratti che danno voce alle sofferenze di otto donne che hanno amato Pablo Picasso. Negli ultimi dieci anni lavora a Exilio de dentro, un progetto che esplora la memoria storica della guerra civile spagnola. È stata rappresentata dall’agenzia Prospekt nel 2006-2012 ed i suoi lavori sono stati pubblicati su importanti riviste internazionali come Time, Newsweek, L’Espresso, Le Monde, Marie-Claire. Ha ricevuto vari riconoscimenti tra i quali il Sony World Photography Award, Julia Margaret Cameron Award, PX3 e IPA.


INFORMAZIONI UTILI

Galleria del Cembalo partecipa a The Phair 2022
Dal 27 al 29 maggio 2022

PREVIEW E OPENING: 26 maggio 2022
DOVE: Torino Esposizioni, Padiglione 3 – Via Francesco Petrarca, 39/b – Torino

INFO: https://www.thephair.com/

CONTATTI
SITO: www.galleriadelcembalo.it/
FACEBOOK: www.facebook.com/galleriadelcembalo
INSTAGRAM: www.instagram.com/galleriadelcembalo/

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