Castello di Rivoli: Culture dell’energia

Da sinistra: Paola Antonelli, designer, architetto e curatrice
Stefano Buono, fisico nucleare e cofondatore di newcleo
Carolyn Christov-Bakargiev, storica dell’arte, Direttore Castello di Rivoli

Culture dell’energia. Energie, immaginari, valute e orizzonti nucleari del pianeta.

Un incontro del XXI secolo tra artisti, scienziati e filosofi.

Il convegno è a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli, e Agnieszka Kurant, artista
Coordinamento Giulia Colletti

 
Sabato 23 settembre 2023
La prime due sessioni, dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle ore 14.00 alle 16.00, sono aperte al pubblico e si svolgono nel Teatro del Castello di Rivoli.

Saranno trasmesse in live streaming sul canale ufficiale YouTube del Museo.
La terza sessione, dalle ore 17.00 alle 19.00, è un incontro a porte chiuse presso newcleo, Torino

La questione dell’energia è tra le più vitali per il futuro dell’umanità e per il fiorire multispecie della vita umana e non umana sulla Terra. Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta un convegno multidisciplinare di arte, scienza e filosofia dal titolo Culture dell’energia. Energie, immaginari, valute e orizzonti nucleari del pianeta che affronta le contraddizioni e tenta di liberare le proprietà dirompenti e trasformative dell’energia che attraversa, senza soluzione di continuità, opere d’arte e innovazioni scientifiche. Nel tentativo di esplorare potenziali scenari di coevoluzione energetica tra specie differenti, il convegno indaga la materia vivente a partire dai suoi atomi, dal loro intreccio, dalla loro comunicazione e interazione, tentando di mettere in questione i postulati statici e convenzionali sull’energia. Il convegno, che si tiene il 23 settembre, riunisce artisti, scrittori, scienziati, filosofi e architetti per due sessioni aperte al pubblico nel Teatro del Museo. Nel tardo pomeriggio, quest’ultimi continueranno le loro discussioni in una sessione di incontro riservato presso newcleo, start-up con sede anche a Torino che promuove un approccio all’energia nucleare innovativo.

“newcleo sostiene e co-ospita questo evento con il Castello di Rivoli”, afferma il direttore Carolyn Christov-Bakargiev, “nell’ambito delle attività di divulgazione sull’energia nucleare come parte integrante del nostro futuro. Con questa conferenza indecisi ed entusiasti potranno confrontarsi, producendo una reazione chimica in grado di rilasciare forme inaspettate di energia cognitiva”.

L’energia ha modellato la vita sulla Terra, le civiltà e le società nel corso della Storia, dalla conversione fotosintetica dell’energia solare in biomassa, passando per la combustione fossile, per le centrali idroelettriche, fino all’uso dell’energia atomica dalla metà del XX secolo attraverso la fissione nucleare – processo mediante il quale i neutroni rilasciati dagli atomi fanno bollire l’acqua utilizzata per generare elettricità nelle turbine. L’ambito energetico è stato sempre oggetto di indagine umana nel Nord e nel Sud del mondo e nei mondi indigeni. Il termine greco ἐνέργεια (energeia), adottato per la prima volta da Aristotele, deriva dall’uso precedente del termine ἔργον (ergon) che significa “attivo, operante”, preceduto da en- che significa “a” o “verso”. Già il presocratico Eraclito usava la parola Ergon (azione) e vedeva l’universo in continuo cambiamento e il fuoco come fonte primaria di azione e creatore di tutta la vita.

L’energia è una valuta universale, prodotta da un vortice di forze animali, vegetali e fisiche. Tuttavia, le attuali forme di produzione e consumo umano di energia stanno portando alla distruzione del mondo. L’energia pulita è la base su cui dovrebbe poggiare il nostro futuro, ma l’elettricità dipende ancora da batterie e forme di stoccaggio altamente inquinanti. Come far fronte alla conservazione di energia? Che dire dell’eccesso di energia non sfruttata, che si accumula sotto forma di calore nel nostro pianeta? Come trasmetterla o farla diventare forma di vita per altri esseri? Nell’immaginare forme di stoccaggio energetico su vasta scala, essenziali per i nostri dispositivi tecnologici, si potrebbe prendere ispirazione dal comportamento delle piante “iperaccumulatrici” o da pratiche come l’agromining e il phytomining, in grado di ridurre i gas serra e l’inquinamento idrico, sottoprodotti dell’estrazione di minerali. Come suggerito dal filosofo Emanuele Coccia, quello che sembra avvenire oggi è un ripensamento dei paradigmi energetici: dalla termodinamica classica – per la quale la posta in gioco è il mantenimento di un equilibrio – alla alchimia – dove ogni essere vivente e non vivente è potenzialmente in grado di immagazzinare, rilasciare e moltiplicare l’energia ricevuta. L’economia energetica contemporanea potrebbe anche essere descritta nei termini di una forma di cibernetica totalizzante. Quest’ultima è basata su scambi perpetui di energia umana che, estratta come fosse petrolio o gas da ogni attività cognitiva e digitale attraverso funzioni algoritmiche, è diventata ormai una valuta finanziaria.

“L’attuale abbandono delle energie dei combustibili fossili e la loro graduale sostituzione con le energie rinnovabili”, afferma l’artista Agnieszka Kurant, “sembra coincidere con la smaterializzazione del denaro e la sua parziale sostituzione con le valute digitali, la cui produzione dipende principalmente dall’energia. L’estrazione tradizionale di combustibili fossili e minerali è attualmente accompagnata dall’estrazione di criptovalute, non a caso definite nuove forme di “gas”. Ciò che è essenziale nella produzione di una criptovaluta, ovvero una valuta digitale generata attraverso computer che risolvono problemi matematici, è l’energia che alimenta i server. Il lavoro umano è ancora indispensabile ed è svolto da lavoratori sfruttati nelle miniere, costretti a estrarre i rari metalli della Terra che alimentano i computer. A causa della sua dipendenza dall’energia, la produzione di capitale attraverso l’estrazione di criptovalute è diventata una corsa alle fonti più economiche per alimentare le cosiddette digital farm. Tale produzione di capitale estrattivista ad alta intensità energetica cui assistiamo nel Nord globale ha ripercussioni ambientali nei Paesi del Sud globale”.

La corsa incessante all’estrazione dell’ultima goccia di energia da ogni essere vivente e non vivente ha prodotto nuove forme di schiavitù. Poiché la crisi climatica globale costringe a decarbonizzare e ad affrancarsi dai combustibili fossili, quali possono essere le soluzioni energetiche pulite per mitigare la crisi climatica? Sebbene la produzione e l’uso di energia solare, eolica e idrica sia aumentata negli ultimi decenni, queste forme di energia sostenibile non sembrano essere da sole sufficienti. Recenti ricerche puntano, controintuitivamente, a nuove forme di energia nucleare prodotte utilizzando scorie nucleari come combustibile. I ricercatori del settore sostengono che la fissione nucleare potrebbe co-sostenere il futuro dei sistemi di energia pulita a livello globale. Tuttavia, anche se l’energia nucleare ha statisticamente un impatto inferiore sull’ambiente rispetto ai combustibili fossili, la paura di incidenti nucleari è ancora viva nel dibattito internazionale scientifico, umanistico e artistico. Può quest’ultima essere causata dall’associazione dell’energia nucleare ai danni provocati dai test militari, che hanno devastato ambiente e comunità in luoghi in cui gli esperimenti atomici sono stati più frequenti a partire dagli anni cinquanta?

La memoria storica di queste attività militari si trova attualmente a fare i conti con la concreta possibilità che la transizione nucleare sia un’opzione energetica circolare, controllata e perseguibile contro il collasso climatico. Avvalorano questa ipotesi le più recenti tecnologie dei reattori di nuova generazione e le ricerche su combustibili a base di rifiuti radioattivi (plutonio e uranio impoverito), che riutilizzano non solo gli scarti prodotti dagli stessi reattori, ma anche quelli di altri reattori non di quarta generazione.

“Settant’anni di esperienza nel funzionamento dei reattori nucleari” afferma Stefano Buono, fondatore di newcleo, “hanno dimostrato che è persino possibile utilizzare le scorie nucleari radioattive già esistenti da combustibili nucleari dismessi o bombe per produrre energia nucleare per centinaia di anni senza estrarre altri minerali come l’uranio dalla terra, e farlo a costi competitivi. Una reazione nucleare fornisce 1 milione di volte più energia di qualsiasi reazione chimica e trovare modi per utilizzare questa energia può fornire ciò che è necessario per le generazioni a venire senza impattare sul nostro pianeta producendo anidride carbonica, principale causa del surriscaldamento terrestre”.

Ma si può davvero non tenere conto della paura del nucleare, declinatasi in scenari letterari fantascientifici, nei movimenti attivisti per il disarmo atomico e nei movimenti artistici come Arte nucleare a partire dalla seconda metà del XX secolo e oggi amplificata dalla reiterazione di minacce di guerre atomiche? Fondato a Milano nel 1951 dall’artista italiano Enrico Baj insieme a Sergio Dangelo e Gianni Bertini, il gruppo di Arte nucleare ha celebrato l’energia nucleare ma ha anche messo in guardia sui pericoli ambientali e umani della cattiva applicazione della tecnologia nucleare, facendo esplodere “acqua pesante” realizzata con una nuova tecnica che combinava pittura a smalto e acqua distillata. L’arte nucleare ha influenzato in maniera indiretta anche l’Arte povera, nei termini di una nuova sensibilità verso l’ambiente ma anche di flussi di energia che, scaturendo dalla Terra, rendono continuamente mutevole la materia di cui le opere di Gilberto Zorio, Giovanni Anselmo e Mario Merz, tra gli altri, si compongono. Abbracciando il modo in cui le particelle subatomiche degli atomi si scontrano, questi artisti hanno reso manifesta l’energia latente nel mondo, incorporando nella loro ricerca la tensione tra natura e cultura. La loro sperimentazione è il preludio di pratiche artistiche contemporanee che si interrogano sulla crisi climatica, sulle coscienze non umane, sulle energie biologiche e computazionali. Il sublime nucleare e la malinconia nucleare attraversano oggi le opere di artisti come Adrián Villar RojasHimali Singh SoinLea Porsager, Sophie Cundale e Renato Leotta.

I musei e le istituzioni artistiche come il Castello di Rivoli, e le pratiche artistiche in generale, sono in grado di contestualizzare i dibattiti politici contemporanei sul clima e su una nuova transizione nucleare. Il convegno Culture dell’energia. Energie, immaginari, valute e orizzonti nucleari del pianeta sollecita pertanto una riflessione collettiva sui fattori che influenzano la produzione, la circolazione, il consumo di energia e le opportunità di cambiamento per prepararci a un futuro già prossimo. Ciò che rende particolarmente urgenti queste considerazioni sull’energia è il contesto della crisi energetica globale, iniziata all’indomani della pandemia di COVID-19 e aggravata in Europa dalla minaccia di un embargo energetico dovuto alla guerra in Ucraina. Ciò ha portato a speculazioni, aumento dei prezzi nei mercati del petrolio, del gas e dell’elettricità e inflazione. La crisi energetica, combinata alla crisi climatica, si sta trasformando rapidamente e una transizione verso fonti energetiche alternative a combustibili fossili senza carbonio non è più posticipabile. Il tema dell’energia va affrontato considerando anche quelle economie emergenti che attualmente affrontano una duplice sfida energetica: soddisfare i bisogni di miliardi di persone che ancora non hanno accesso a servizi energetici di base e partecipare contemporaneamente a una transizione verso sistemi energetici a zero emissioni di carbonio per il bene dell’intero pianeta.

Il convegno è a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Agnieszka Kurant.
L’organizzazione del progetto è a cura di Giulia Colletti.

Il convegno è supportato e co-ospitato da newcleo

Si ringrazia Stefano Buono per il sostegno all’evento

Le attività del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea sono primariamente sostenute da

Le attività del CRRI – Centro di Ricerca Castello di Rivoli sono sostenute da



Castello di Rivoli
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Lucca, Cattedrale di San Martino: Emergono dal restauro novità sul Volto Santo

RISULTATI CAMPAGNA DIAGNOSTICA E PRIME OPERAZIONI DI RESTAURO DEL VOLTO SANTO A LUCCA

Proseguono le attività di studio e restauro del Volto Santo promosse dall’Ente Cattedrale grazie a un accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara e l’Opificio delle Pietre Dure e al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
Dallo scorso dicembre, la scultura si trova infatti nell’area di cantiere appositamente predisposta all’interno della Cattedrale di San Martino ed è stata sottoposta a un’attenta campagna di indagini scientifiche per approfondirne gli aspetti tecnici e materiali e alle prime operazioni necessarie a mettere in sicurezza la pellicola pittorica, grazie a un gruppo di lavoro multidisciplinare che comprende storici dell’arte, esperti scientifici e restauratori specializzati.  Nell’ambito delle indagini, sia diagnostiche che condotte de visu in cantiere a integrazione di quelle effettuate a più riprese tra il 2012 e il 2021, sono emersi dati nuovi e importanti, relativi sia al Volto Santo che al tempietto che abitualmente lo custodisce, e che saranno presentati in dettaglio nel convegno che si svolgerà il 16 settembre 2023 alle 10.00 presso la chiesa di San Giovanni e Reparata a Lucca.

CROCE E DATAZIONE

Per la prima volta è stata presa in esame anche la croce del Volto Santo, rimasta finora ai margini dell’attenzione, e documentata per la prima volta in una miniatura, nel codice della Fraternità del Volto Santo dei primi del Trecento. Le analisi realizzate con il Carbonio 14, la rivelano in realtà molto più antica, di epoca altomedioevale come il Cristo.

Altra grande sorpresa è giunta dalla analisi delle specie legnose della croce che ha rivelato la presenza nella croce di due legni diversi: castagno per l’asse verticale e cedro per il braccio orizzontale. Mentre il castagno è una pianta di ampia diffusione europea, il cedro venne trapiantato in Europa, dal Medio Oriente, solo nel XVI secolo. Si tratta quindi di un reperto di importazione, il cui utilizzo per la croce del Volto Santo fu probabilmente dovuto a una finalità simbolica, nell’intento di confermare la provenienza dalla Terra Santa di quello che era ritenuto il veridico ritratto del Salvatore scolpito dal discepolo Nicodemo.

Attestano l’antichità della croce, al di sotto della tardiva tinteggiatura scura attuale, anche i diversi strati di colore che la rivestono, ed è stata rilevata la presenza di vere e proprie decorazioni a contorno della figura del Cristo.

NUOVE ACQUISIZIONI SUL CROCIFISSO: ANTICHI RESTAURI E DECORAZIONI

La campagna diagnostica ha permesso di acquisire nuove importanti informazioni sulla tecnica di realizzazione del Volto Santo: al corpo, ricavato da un unico grande tronco di noce interamente scavato all’interno dalla testa ai piedi, sono innestate le braccia tramite un sistema di giunti (tenoni) che si inseriscono in appositi alloggi (mortasa). La giuntura delle braccia è rafforzata da una fascia di tessuto mentre l’unione del crocifisso alla croce è garantita da 6 perni (4 in rovere e 2 in cedro che fissano le braccia alla croce sottostante). Inoltre, dato importante, è confermata l’antichità del Cristo ligneo (VIII-IX sec.) da nuove analisi al C14 effettuate sulla fascia di tessuto all’altezza della giuntura del braccio sinistro con il torso del Crocifisso.

Le indagini hanno poi rivelato due interventi di restauro, finora sconosciuti dalle fonti: un rifacimento in antico di parte della punta di entrambi i piedi, forse consumati dalla devozione dei fedeli, e un più recente rifacimento di pollice e indice della mano sinistra del Cristo.

Sotto lo strato scuro che ora riveste interamente la veste, in corrispondenza del collo e della parte terminale delle maniche si è riscontrata la presenza di dorature con motivi vegetali contornate da una decorazione formata da puntini a rilievo rossi e bianchi.

CROCIFISSO, FOCUS SUGLI STRATI PITTORICI

Il Volto Santo che siamo abituati a vedere scuro negli incarnati, nella croce e nella veste è stato ridipinto più volte nel corso della sua millenaria esistenza, celando la sua colorazione originaria. Per la comprensione delle policromie che si sono succedute in antico sulla scultura, come pure per le tinteggiature brune applicate a più riprese in epoca più recente sul Volto Santo, un supporto essenziale viene dalle analisi chimiche in corso, che caratterizzano gli strati pittorici nei loro materiali compositivi, comprensivi dei supporti preparatori, pigmenti cromatici e leganti. Queste hanno rilevato i diversi pigmenti impiegati, tra cui spiccano i lapislazzuli utilizzati dal primo strato che conferivano una colorazione blu alla veste. Molti sono stati i leganti individuati, grazie alle indagini chimiche, nei diversi strati pittorici che vanno dalla colla animale, all’albume d’uovo fino agli oli essenziali.

RESTAURO

Queste indagini, che ci permettono di comprendere la composizione di ogni strato, così come le riprese radiografiche, stanno assolvendo a un duplice intento: la conoscenza di una storia complessa sviluppatasi nel lungo percorso di quest’opera antica di milleduecento anni, e il necessario supporto all’intervento di restauro in atto, sia per i metodi che per le scelte operative, con particolare riferimento alla delicata fase di pulitura alla quale si sta per dare avvio. Finora si è provveduto alla fermatura del colore che si stava sollevando in più punti, a trattamenti anossici per preservarlo da attacchi biologici e ad una prima pulitura superficiale sia dell’interno che dell’esterno della scultura. Adesso con le acquisizioni sulla composizione degli strati pittorici e sulla tecnica costruttiva si potrà entrare nel vivo della seconda fase del restauro.

SCOPERTE DAL TEMPIETTO

Un’acquisizione inaspettata quanto importante è emersa nel tempietto del Civitali durante le operazioni preliminari alla movimentazione del Volto Santo quando si è resa necessaria la rimozione del fondale di legno rivestito di stoffa che faceva da sfondo al Volto Santo. Questa operazione ha rivelato la parete retrostante, costituita da una struttura muraria a conci lapidei, ben diversa dalle pareti marmoree del Civitali. Sulla parete di sfondo al Volto Santo è emersa una pittura murale frammentaria, con un partito decorativo aniconico a losanghe, girali vegetali e ruote che fiancheggiano una croce color ocra. Si tratta di un assetto finora sconosciuto e inaspettato del tempietto e dell’allestimento del Volto Santo, che per caratteristiche formali e materiali pare precedente il sacello di Matteo Civitali edificato tra 1482 e 1484.

Le indagini in corso, sia sulla muratura che sulle fondamenta sono finalizzate a chiarirne caratteristiche e datazione: l’ipotesi è infatti la preesistenza della parete al tempietto del Civitali, e la sua verosimile appartenenza alla cappella medioevale, ricordata dai documenti e in parte raffigurata in una miniatura degli inizi del Trecento. La sua conservazione nella sistemazione quattrocentesca del venerato Crocifisso si può intendere come la “sacralizzazione” di un elemento che essendo stato a contatto con il Volto Santo era diventato esso stesso preziosa reliquia.

Le indagini, estese nell’occasione all’intero tempietto, e il recupero delle pitture murali (comprensivo dello studio di un sistema che ne consenta un’accessibilità almeno parziale una volta ricollocato il simulacro ligneo) saranno oggetto di un ampliamento del progetto per il Volto Santo, coordinato dai tecnici dell’Opificio delle Pietre Dure. D’accordo con l’Ente Cattedrale, i dati raccolti durante il cantiere inerenti sia il tempietto che la scultura potranno essere restituiti al pubblico attraverso una piattaforma informatica dedicata, che consentirà, anche con l’ausilio della modellazione 3d, di fruire a diversi livelli di approfondimento delle tante storie che questo oggetto straordinario continua a raccontarci.

CRONISTORIA DEL RESTAURO

Il 28 dicembre 2021 nella cattedrale di San Martino a Lucca fu annunciato il grande restauro del simbolo della Chiesa e della città di Lucca. Il 18 luglio 2022 partirono i lavori per l’allestimento del laboratorio di restauro nel transetto nord della Cattedrale di Lucca. Il 19 settembre 2022 iniziarono le operazioni di messa in sicurezza del Volto Santo all’interno del tempietto del Civitali, ivi compresa la rimozione dei vari arredi presenti, a loro volta oggetto di manutenzione e restauro. Il 1° dicembre 2022 fu effettuata l’estrazione del Volto Santo dal tempietto e la collocazione della sacra effigie nel laboratorio per l’inizio dei lavori.

COMUNICAZIONE

La comunità lucchese e non solo, sarà sempre aggiornata sull’avanzamento dei lavori di restauro non solo con conferenze stampa occasionali ma anche con periodici bollettini, video e immagini, pubblicati sul sito www.voltosantolucca.it.


Ufficio Stampa:
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
www.studioesseci.net

Al via il primo Festival dell’Araldica di Feltre

FESTIVAL DELL’ARALDICA DI FELTRE: AL VIA LA PRIMA EDIZIONE

Feltre (BL) dal 4 al 15 ottobre 2023

Alle porte delle Dolomiti dieci giorni di incontri, mostre spettacoli e laboratori tra araldica, storia, numismatica, genealogia

Araldica, storia, letteratura, numismatica, genealogia: il mondo degli stemmi, nelle sue molteplici declinazioni, è pronto a svelarsi dal 4 al 15 ottobre a Feltre. La cittadina alle porte delle Dolomiti si sta preparando ad accogliere il primo Festival italiano dedicato all’Araldica. Dieci giorni di incontri, oltre 20 appuntamenti in calendario tutti a partecipazione libera e gratuita e un unico obiettivo: raccontare attraverso i blasoni la ricchezza di un patrimonio artistico, storico e culturale che è parte costitutiva dell’Italia e di sue città dal cuore antico come Feltre.

“Per questo – spiega il sindaco Viviana Fusaro – abbiamo scelto di dare alla manifestazione un respiro nazionale. Gli stemmi costituiscono un linguaggio per immagini e colori che ritroviamo in tutto il nostro splendido Paese, ed il Festival di Feltre vuole essere un’occasione per approfondirlo o per farlo scoprire. Abbiamo pertanto proposto attività che possano coinvolgere sia cultori della materia che appassionati e curiosi di tutte le età”.

“L’appuntamento feltrino non è un divertissement per soli bambini, ma un appuntamento di notevolissimo rilievo storico e culturale – afferma l’Assessore alla Cultura di Feltre Flavia Colle –  un’occasione offerta a tutti di capire e decrittare il linguaggio, il significato storico degli stemmi che possiamo scorgere su tanti beni culturali: dalle facciate delle case alle navate delle chiese, dai picchi delle cancellate ad antichi sigilli. Simboli, messaggi che per secoli sono stati perfettamente interpretati da chi li vedeva e che oggi ci paiono solo oggetti ornamentali perché abbiamo perduto la capacità di trasformare immagini grafiche, spesso complesse, in precisi ricordi storici e richiami al presente”.

Il Festival dell’Araldica, promosso dalla Città di Feltre con la collaborazione e il patrocinio del Ministero della Cultura, di Regione del Veneto, Città di Venezia, Associazione Nobiliare Regionale Veneta, Ordine di Malta. Gran Priorato di Lombardia e Venezia, Società Italiana di Studi Araldici, Associazione Editori Veneti, ci accompagna a riconquistare gli strumenti di lettura e comprensione che abbiamo perso. Basti pensare solo ai tanti leoni di San Marco, emblema della Serenissima, che ancora ritroviamo sul territorio un tempo collegato a Venezia; per non parlare dei numerosissimi stemmi di famiglie nobili anche oggi visibili in tutta Italia e numerosi anche a Feltre: saperli leggere e riconoscere nel loro valore significa comprendere meglio la vastità e ricchezza dei legami culturali politici che costruirono il passato dei singoli territori.

Il programma, illustrato a Venezia nei giorni scorsi, è decisamente denso e ricco di stimoli originali cui daranno voce studiosi e professionisti di rilievo nazionale anche in materie collegate all’araldica come Franco Cardini, Riccardo Falcinelli, Agostino Paravicini Bagliani, Gustavo Mola di Nomaglio, Paolo Fabris. Lungi dall’essere una manifestazione settoriale, il Festival sarà infatti opportunità per approfondire quanto tale disciplina sia presente in molteplici campi del sapere. In continuo aggiornamento, il calendario degli eventi è consultabile su www.visitfeltre.info.

Ogni giorno, uno o più appuntamenti pubblici consentiranno di mettere a fuoco simboli, evoluzioni, significati pubblici e altri reconditi degli stemmi.

Accanto agli incontri con studiosi ed esperti, per l’intero mese di ottobre si potranno ammirare mostre tematiche museali. È già aperta e continua sino al 29 ottobre “Le prigioni della mente. Draghi, basilischi, rettili fantastici“, mostra immersiva a cura di U.O. Cultura, Politiche Giovanili, Istruzione, Servizi all’Infanzia del Comune di Feltre. Trova sede nelle Antiche prigioni veneziane di Feltre. 

L’esposizione ha per protagonisti draghi, basilischi, rettili fantastici: figure che nei secoli passati hanno animato la quotidianità dei nostri antenati come parte viva e reale dell’esistenza. Non erano solo figure dell’immaginario ma costituivano presenze concrete capaci di interagire con l’uomo influenzandone la vita. Esse esprimevano, nel loro stesso esistere, paure, sogni, credenze: le prigioni della mente, ovvero il patrimonio di convinzioni attraverso cui uomini e donne di tutte le età oggi come un tempo filtrano l’intera esperienza del reale. Cariche di valori emotivi e simbolici, diventavano parte di storie, di creazioni artistiche, di decorazioni, di stemmi. La mostra, che propone video e immagini realizzati con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, prova a dar loro voce.

Una seconda rassegna aprirà i battenti venerdì 6 ottobre e resterà visibile sino al 31 marzo 2024. Si intitola “Di lame e di spade. Maestri spadai a Feltre tra il XV ed il XVII secolo“, è a cura di Michele Vello e Fabrizio Tonin e sarà al Museo Civico Archeologico sino al 31 marzo 2024.

La mostra per la prima volta offre uno spaccato sul mondo degli spadai feltrini e sull’eccellenza di produzioni che li resero celebri in tutta Europa. L’esposizione rende visibili al pubblico una quindicina di pezzi di assoluto interesse – da una trecentesca basilarda a lame, spade, stiletti ed armi in asta – il cui valore e la cui importanza sono stati riportati alla luce proprio grazie agli studi condotti in occasione della mostra.

Araldica, storia, letteratura, genealogia, numismatica, temi portanti del Festival feltrino, non sono solo temi per grandi. Anzi! Il programma è studiato anche per affascinare e coinvolgere i più piccoli, dai 4 ai 12 anni. Per loro sono stati infatti ideati laboratori in cui divertirsi, sperimentare e imparare tante nuove storie. Per far diventare i piccoli partecipanti protagonisti di storie di cappa e spada, di draghi e basilischi, per aiutarli a fantasticare sui curiosi animali che campeggiano su molti stessi della città.

“L’auspicio – dichiara l’Assessore al Turismo Maurizio Zatta – è che queste proposte siano un invito a scoprire, con il linguaggio araldico, anche la bellezza del territorio feltrino. A tal fine abbiamo attivato sinergie come quella con il Gruppo Sbandieratori Città di Feltre che il 15 ottobre regalerà alla città uno straordinario spettacolo in compagnia di figuranti sbandieratori provenienti da tutta Italia. Una grande festa in occasione anche dei loro quarant’anni e che riempirà il cielo feltrino dei colori degli stemmi delle bandiere”.

Calendario completo, orari e info: www.visitfeltre.


Ufficio Stampa del Festival:
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro – roberta@studioesseci.net
www.studioesseci.net