La sete di libertà ai tempi di Platone non è la stessa dei nostri giorni

di Sergio Bertolami

Su WhatsApp leggo il post di una mia amica che fa riferimento ad un brano tratto dalla “Repubblica” di Platone, che dice: «Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia».

Il brano è molto significativo. Soprattutto permette di riflettere, e non è cosa da poco. Tuttavia occorre considerare che il suo contenuto non può essere traslato ai nostri giorni senza contestualizzarne il pensiero. Non dimentichiamo che il riferimento al “contesto” è la grande conquista della nostra modernità. Il contesto sociale e politico di Platone ha come riferimento l’oligarchia, la demagogia, la tirannia. Concetti anche questi da storicizzare a loro volta. All’epoca il popolo era alla ricerca di un governo autoritario. Noi, al contrario, siamo tutelati da una repubblica parlamentare. Proprio oggi alle ore 12 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte riferirà alla Camera sulla crisi politica. Dopo il dibattito (quindi dopo un confronto fra presunti “coppieri”) per appello nominale i deputati saranno chiamati a confermare o meno la fiducia al governo. Non basta! La vera sfida numerica per la sopravvivenza di questa compagine governativa sarà domani al Senato. Non vado oltre, perché mi pare che le garanzie della nostra costituzione (perfettibile) bastino a rassicurarci che, pur apprezzando le intense parole di Platone, non viviamo nella società di 2400 anni fa. 

IMMAGINE DI APERTURA – Foto di Ahkeem Hopkins da Pixabay 

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