Erich Heckel: “Era chiaro per noi da cosa dovevamo allontanarci. Meno chiaro dove saremmo andati”

di Sergio Bertolami

32/3 – I protagonisti

Erich Heckel (Döbeln 1883 – Radolfzell 1970) è uno dei quattro fondatori della Brücke ed è considerato fra i principali rappresentanti dell’Espressionismo tedesco. Ha frequentato la scuola elementare a Olbernhau (1891-1895), la scuola secondaria a Freiberg (1896-1900), quindi il liceo classico a Chemnitz, dove si è diplomato nel 1904. In questo istituto, già dal primo anno, ha fatto amicizia con Karl Schmidt-Rottluff. I due giovani prendono a seguire i dibattiti del circolo letterario Vulkan, associazione di studenti appartenenti alle scuole superiori di Chemnitz. In questo modo possono conoscere i testi, molto attuali, di autori come Friedrich Nietzsche, Fjodor M. Dostojewski, August Strindberg e Henrik Ibsen. Approfittando del semestre estivo del 1904, Heckel si iscrive in architettura all’Università Tecnica di Dresda (Technische Hoschüle), stringendo amicizia, attraverso il fratello maggiore Manfred, con Ernst Ludwig Kirchner e Fritz Bleyl. Il 7 giugno 1905, Heckel, Kirchner, Bleyl e Schmidt-Rottluff, fondano a Dresda Die Brücke, che sugella fra i quattro una stretta collaborazione artistica. Heckel assume la segreteria della piccola comunità, anche perché l’atelier è allestito in un appartamento di proprietà dei suoi genitori, al 65 di Berliner Strasse nel quartiere Friedrichstadt. Insieme decidono di orientarsi verso nuove forme di espressione artistica. Diversamente da Kirchner, che abbandona l’architettura solo dopo avere sostenuto gli esami finali (1905), Heckel interrompe gli studi prematuramente. Come Kirchner, si concentra sull’introspezione psicologica e il senso doloroso dell’esistenza; come tutti i membri della Brücke, ama gli spazi aperti e sin dall’inizio della sua pittura cerca ispirazione nella natura. Il tema costante della sua pittura rimarrà sempre il paesaggio, frutto di meditate riflessioni quasi fosse la risultante di una concettuale elaborazione progettuale. Il gruppo s’impegna nei cosiddetti “quarti d’ora” (Viertelstundenakten) cioè su disegni veloci ed estemporanei, ma Heckel a differenza dei compagni, durante le escursioni in esterni, non traccia mai schizzi sul suo taccuino. Disegna a memoria, setacciando le immagini della realtà che ha impresso in memoria.

Erich Heckel ritratto da Ernst Ludwig Kirchner al cavalletto

L’arte di Erich Heckel è pacata. Non solo in pittura, ma anche nella grafica, priva di quel tratto irrequieto, a volte patologicamente eccitato che domina frequentemente le opere del suo amico Kirchner. Si dedica da subito alla litografia e all’incisione, tecniche di cui acquisisce presto padronanza. I personaggi rappresentati non sottendono un desiderio aggressivo, accusatorio, rivoluzionario. Queste figure riflettono, come i suoi paesaggi, l’essenza dell’uomo. Le persone che compaiono nelle grafiche sono mosse dalla pietà, piuttosto che dalla ribellione, dalla forza spirituale con la quale vivono ritirate, chiuse in sé stesse. Questo non significa affatto che la grafica di Heckel sia conciliante. Tutt’altro. Le sue xilografie sono rigorose, anche se esprimono il tentativo di ammorbidire il gioco aggressivo delle superfici bianche e nere con l’uso frequente del colore, ma non in modo pittorico. Heckel giungerà a colorare col pennello la tavola uscita in bianco e nero dalla stampa. Nella sua arte i contorni allungati, le sovrapposizioni ad angolo acuto e le pieghe, indicano atavici gesti di emozione silenziosa e di spiritualità antica, quasi gotica. Si può avvertirlo chiaramente negli autoritratti e nei ritratti, oppure nell’aspetto delle persone. Nelle opere grafiche come nella pittura. «Così quando nella sua pittura appare la figura umana questa è pervasa da un’inquietudine sottile, carica di un’energia segreta e vibrante. Allungata e nervosa, dai tratti marcati angolosi, esprime una spiritualità appagata e malinconica» (Lara-Vinca Masini).

Erich Heckel, Fränzi sdraiata, 1910

Heckel segue per intero l’esperienza della Brücke. Come segretario dell’associazione, è attento ai giudizi che compaiono sulla stampa, è sempre pronto a risolvere tutte le questioni pratiche che insorgono. Soprattutto costituisce l’elemento di equilibrio tra le differenti personalità che convivono all’interno del gruppo, specialmente quando nuovi componenti entreranno a farne parte. Per carattere è animato da un forte senso dell’amicizia, così si spende per favorire il sodalizio e la collaborazione fra gli artisti. S’incarica di organizzare le esposizioni collettive e rappresenta spesso i colleghi nelle trattative commerciali. Tutto ciò sin dall’inizio, da quando cioè, nell’autunno del 1905, gli artisti della Brücke espongono per la prima volta nella galleria d’arte PH Beyer & Sohn a Lipsia e la mostra si rivela un fallimento. Nel 1906, Max Pechstein, Emil Nolde e il pittore svizzero Cuno Amiet sono conquistati dalle idee della Brücke, e per un limitato periodo di tempo accettano di diventare membri della piccola comunità. Nello studio al 65 di Friedrichstadt a Dresda, Heckel realizza innumerevoli disegni, xilografie e dipinti, nonché le sue prime acqueforti. Ad agosto del 1906 il mercante d’arte Beyer osa ascoltarlo ancora una volta e lo lascia tentare un’altra mostra a Lipsia, nonostante il primo insuccesso. In ottobre organizza la prima vera esposizione della Brücke, che ha luogo negli showroom della fabbrica di lampade Karl-Max Seifert, progettata da Wilhelm Kreis a Dresda-Löbtau. In qualità di segretario, delegato dagli altri soci, Heckel cerca contatti con collezionisti, mercanti d’arte ed esperti di musei, esplora ogni possibilità espositiva e recluta altri membri che possano portare linfa vitale, perché è convinto che l’idea per riuscire è fare gruppo. Questo lo porta a stringere amicizia con il direttore del tribunale distrettuale di Amburgo, nonché collezionista d’arte, Gustav Schiefler, che Heckel probabilmente conosce attraverso Karl Ernst Osthaus, al tempo direttore e fondatore del Museo Folkwang di Hagen (lo stesso museo che oggigiorno dedica un ampio spazio all’artista). Schiefler diviene uno dei “membri passivi” della Brücke, ovvero quel gruppo di sostenitori che mantiene finanziariamente le attività dell’associazione. Nel 1907, abbandona definitivamente il lavoro tecnico nello studio di architettura di Kreis, che finora gli è servito a sostentarsi, per dedicarsi interamente ai propri interessi artistici.

Erich Heckel, Fornace (Dangast), 1907

Oltre alla serie di xilografie per Oscar Wildes, stampa le prime litografie che chiama Ballata dal carcere di Reading. Nell’estate del 1907, si ritira insieme a Schmidt-Rottluff, per la prima volta e per diversi mesi, a Dangast. Una produzione più concentrata porta all’accrescimento dell’attività espositiva. A tale scopo vengono allestite diverse raccolte di quadri degli artisti della Brücke, che potrebbero essere considerate come vere e proprie mostre itineranti in tutta la Germania e la Svizzera. Il primo soggiorno del 1907 a Dangast, ospite di Schmidt-Rottluff, segna un momento fondamentale della sua formazione. È qui che supera alcune incertezze stilistiche giovanili. Le tele sul cavalletto, in questi mesi restituiscono un disegno sommario, un uso aggressivo e acceso dei colori. Vogliono ricordare le ultime opere di Van Gogh, con la sua pennellata materica, vivace, circolare. Lo possiamo vedere in Fornace del 1907, ma non è ancora l’Erich Heckel, che impareremo a conoscere già dall’anno successivo, quando torna a Dangast e comincia ad addolcire linee e contrasti, più in sintonia con il suo carattere riservato, introverso, inquieto. I viaggi di questi anni gli offrono spunti opportuni per la sua evoluzione creativa. Come quello che compie nella primavera del 1909 in Italia. Un lungo itinerario di studio, dove visita Verona, Padova, Venezia, Ravenna, Rimini, Firenze, Roma, e dove apprezza la semplicità e la severità dell’arte etrusca, rimanendo colpito dalle bellezze dei nostri paesaggi collinari (Paesaggio vicino Roma, 1909).

Erich Heckel, Bagnanti tra i canneti, 1909

La sua pittura sembra distendersi, assumendo ampiezza e serenità fino a raggiungere, negli anni, una trama più astratta, forme più semplici e precise, distinte da regolarità geometriche e trasparenze coloristiche chiare e luminose. Nei mesi estivi tra il 1909 e il 1911, Heckel e Kirchner, e in seguito anche Pechstein, si ritrovano a dipingere sui laghi di Moritzburg per realizzare una serie di nudi nella natura. In ottobre, sempre con Kirchner ad Amburgo visita il collezionista d’arte e mecenate Gustav Schiefler. L’attività comincia a marciare, tanto che nel 1910 occorre cercare un nuovo studio a Dresda, vicino alla stazione ferroviaria principale (An der Falkenbrücke 2a), dove il gruppo si trasferisce. Il 1910 è pure l’anno in cui conosce, ed associa, Otto Müller che lo porterà a stringere amicizia anche con Feininger, Macke, Marc, i quali sono entusiasmati dal Cubismo Orfico di Delaunay. Sono esperienze alternative, che portano Heckel ad elaborare nuove idee, ben più aderenti all’altro gruppo col quale si è aperto un dialogo creativo, il Blaue Reiter. Scrive nel 1910: «Era chiaro per noi da cosa dovevamo allontanarci. Meno chiaro era dove saremmo andati». Ciò che più conta nella vita di un uomo, il 1910 è l’anno in cui incontra la ballerina Milda Frida Georgi, soprannominata Siddi. Sarà sua modella, ispiratrice, compagna e infine moglie, perché con lei si unirà in matrimonio il 19 giugno 1915. Tra i numerosi ritratti a lei dedicati troviamo quello del 1913, pregevole per l’intensità dello sguardo della donna e l’attento dosaggio delle luci.

Erich Heckel, Donna sdraiata (Ritratto di Siddi), 1913

Nell’autunno del 1911, Heckel da Dresda si trasferisce nella capitale, e rileva lo studio di Müller a Berlino-Steglitz (Mommsenstrasse 66, oggi Markelstrasse). Vi organizza il suo atelier e la sede della stessa Brücke, perché alla fine dell’anno anche Kirchner arriva a Berlino, così l’originario nucleo di artisti si trova di nuovo riunito. Pur tuttavia, l’orientamento stilistico sembra ormai cambiato, rispetto alla reciproca ispirazione della prima fase espressionista, quella sperimentata durante i soggiorni estivi di Moritzburg. Kirchner è attratto dal tema della metropoli che raffigura nella serie degli Straßenbilder (Scene di strada, 1913). Heckel, al contrario, ama interpretare con un ampio respiro spaziale, il paesaggio naturale, non certo quello urbano, visto da Kirchner come luogo del pericolo, della solitudine, dell’alienazione. I motivi abbozzati insieme, mutuati dall’ambiente circostante (come scene di strada, vaudeville, danza, circo, nudi in studio) oppure dalla natura (paesaggi, scene di bagni) sono interpretati da Heckel in modo del tutto personale. Utilizza colori ad olio fortemente diluiti con trementina o benzina allo scopo di restituire espressioni spontanee. In verità, per Heckel la tecnica dell’acquerello sta acquisendo una importanza crescente. In occasione della mostra Sonderbund di Colonia, Kirchner ed Heckel sono incaricati di dipingere una cappella costruita appositamente e adornata con vetrate artistiche ideate da Jan Thorn-Prikker. A Berlino, inoltre, si tengono spesso serate con letture ed ecco allora che nelle opere di Heckel si riscontrano riferimenti a Dostoevskij (Due uomini al tavolo, 1912). Però, invece dei colori contrastati, accesi e puri che utilizzava negli anni di Dresda, ora preferisce toni misti, tenui e terrosi. La scelta dei temi e delle immagini di questo periodo trasmettono per lo più uno stato d’animo cupo.

Erich Heckel, Due uomini al tavolo, 1912

A primavera del 1913, si ritira a Caputh vicino a Potsdam, e a maggio – il 27 maggio 1913 per la precisione – la comunità della Brücke si scioglie risolutivamente. Ora è libero da ogni impegno di gruppo. Dalla metà del mese di giugno 1913, trascorre l’estate prima nella casa per le vacanze di Mellingstädt vicino ad Amburgo, ospite di Schiefler, il collezionista e mecenate che ha sempre aiutato la loro comunità di artisti. Poi con Siddi si sposta a Osterholz, sul fiordo di Flensburg. Durante una gita in barca individua una spiaggia nei pressi della cittadina, che ritiene perfetta per ambientarvi una serie di nudi in riva al mare, come ad esempio Bagnanti che dipingerà l’anno successivo quando tornerà a Osterholz. Da un carpentiere locale, un certo Peter Hansen, affitta una vecchia casa, che usa come studio, e che nel 1918, a guerra conclusa, deciderà di comprare. A Berlino riesce ad aprire presso la galleria di Fritz Gurlitt la sua prima mostra personale. Nel 1914, nell’ambito della esposizione Werkbund a Colonia, Heckel dipinge le stanze del Rheinisches Kunstsalon di Otto Feldmann, visita Heinrich Nauen a Dilborn sul Basso Reno in primavera e viaggia in Olanda e Belgio.

Erich Heckel, Bagnanti in spiaggia, 1913

Ma la guerra ormai non lascia più spazio all’arte. È impegnato in un corso come infermiere volontario presso la Croce Rossa di Berlino e qui ha modo di fare amicizia con Franz Pfempfert, l’editore di Aktion. In qualità di paramedico, viene mandato di stanza nelle Fiandre (Roeselare e Ostenda), dove ha modo d’incontrare Max Beckmann e James Ensor, che esercitano su di lui grande attrazione. In una lettera a Gustave Schiefler, dalle Fiandre, a Natale del 1915, scrive: «Come sono contento di dipingere. Per i soldati è molto bello; quanto rispetto, e anche amore per l’arte, c’è negli esseri umani, nonostante tutto, e chi avrebbe mai pensato che il mio stile, che sembrava così moderno e incomprensibile a critici e pubblico, nelle mostre marce delle città, ora potrebbe parlare e trasmettere qualcosa agli uomini a cui ne faccio dono». In numerose xilografie raffigura soldati e marinai feriti, affidati alle sue cure.

Erich Heckel, Due feriti, 1915, stampa xilografica su carta

Nel 1918, quando riprende l’attività d’artista a guerra conclusa, ritorna a Berlino, dove, sotto l’influenza decisiva di Pfempfert, viene fondato l’Arbeitsrat für Kunst ovvero il Consiglio dei lavoratori per l’arte, importante per i contatti tenuti con il Novembergruppe – fondato a dicembre del 1918 e nel quale l’artista entra, anche se per breve tempo – e il Deutscher Werkbund. il Consiglio dei lavoratori per l’arte riunisce architetti, pittori, scultori e scrittori d’arte, all’insegna di un programma preciso: «L’arte e le persone devono formare un’entità. L’arte non deve più essere un lusso di pochi, ma deve essere goduta e vissuta dalle grandi masse. L’obiettivo è un’alleanza delle arti sotto l’ala della grande architettura». Oltre a Heckel, tra i membri fondatori troviamo anche Nolde, Ludwig Meidner, Pechstein, e tanti altri ancora.

Erich Heckel, Ritratto di un uomo (autoritratto), 1919 xilografia a colori

Lo scenario è ormai cambiato. Heckel riprende a dipingere. Nelle nuove immagini si può osservare come il suo linguaggio formale sia mutato: si è gradualmente quietato, le linee si sono ancora ammorbidite e qua e là emergono tendenze astratte. Intraprende anche un intenso lavoro adoperando la tecnica dell’incisione su legno (Autoritratto, 1919). Nel 1923 Israel Beer, mercante d’arte berlinese, organizza la più importante mostra sul suo lavoro grafico, rimasta ad oggi insuperata. Heckel non è un tipo sedentario, in questi anni fra le due guerre, compie molti viaggi e sviluppa amicizie, sia in Germania che all’estero: in Svizzera, Francia, Inghilterra, Danimarca, Svezia, Spagna e Italia. Durante questi suoi viaggi dipinge composizioni per lo più di grandi dimensioni: sono ancora paesaggi montani e costieri (Paesaggio di dune a Sylt, 1931), ma anche paesaggi urbani. Tutto questo fino a metà degli anni Trenta, quando da parte dei nazionalsocialisti, che lo dichiarano nientemeno pervertito, gli viene vietato di esporre. Nel 1937 a proposito della mostra di Arte degenerata, 729 opere sono rimosse dai musei e confiscate, molte delle quali distrutte o vendute all’estero per il tornaconto del partito nazista. Nel 1944, durante il secondo conflitto mondiale, il suo atelier di Berlino (Emser Straße 21), dove avevano lavorato spesso insieme i componenti della Brücke, è distrutto da un bombardamento e gran parte del suo lavoro si perde tra le fiamme, in particolare i disegni, tutti i suoi blocchi per la stampa delle xilografie e molta produzione grafica. Così a maggio di quell’anno preferisce trasferirsi a Hemmenhofen sul Lago di Costanza, dove rimarrà fino al 1949, quando è nominato all’Accademia di Belle Arti di Karlsruhe, dove insegnerà fino al 1955. Da allora si ritira in Engadina e, salvo brevi viaggi, trascorre gli ultimi anni sempre dipingendo. Torna ai temi pittorici familiari e completa tranquillamente le sue composizioni equilibrate.

IMMAGINE DI APERTURA – L’orologio al Musée D’Orsay – Foto di Guy Dugas da Pixabay 

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