9- Edmondo De Amicis, Costantinopoli: La vita a Costantinopoli – Costantinopoli

9- La vita a Costantinopoli – Costantinopoli

INDICE

L ’arrivo
Cinque ore dopo
Il ponte
Stambul
All’albergo
Costantinopoli
Galata
Il Gran Bazar
La vita a Costantinopoli
Santa Sofia
Dolma Bagcè
Le Turche
Ianghen Var
Le mura
L’antico Serraglio
Gli ultimi giorni
I Turchi
Il Bosforo

24


E sulla torre del Seraschiere, come su quella di Galata, come sul vecchio ponte, come a Scutari, io mi domandai cento volte: – Ma in che maniera hai potuto innamorarti dell’Olanda? – E non solo quel paese, ma Parigi, ma Madrid, ma Siviglia, mi parevano città oscure e malinconiche, in cui non avrei più potuto vivere un mese. Poi ripensavo alle mie povere descrizioni e mi dicevo con rammarico: – Ah! disgraziato! Quante volte hai sciupato le parole bello, splendido, immenso! Ed ora che cosa dirai di questo spettacolo? – Ma già mi pareva che da Costantinopoli non avrei cavato una pagina. E il mio amico Rossasco mi diceva: – Ma perché non ti ci provi? – Ed io gli rispondevo: – Ma se non ho nulla da dire! – E alle volte, chi lo crederebbe? quello spettacolo, per qualche minuto secondo, a certe ore, a una certa luce, mi pareva meschino, ed esclamavo quasi con sgomento: – O dov’è la mia Costantinopoli? – Altre volte mi pigliava un sentimento di tristezza pensando che mentre io ero là dinanzi a quella immensità e a quella bellezza, mia madre era in una piccola stanza, da cui non si vedeva che un cortile uggioso e una piccola striscia di cielo; e mi pareva una colpa mia, e avrei dato un occhio per aver la mia buona vecchia a braccetto e condurla a Santa Sofia. La giornata però correva quasi sempre allegra e leggera come un’ora d’ebbrezza. E le rare volte che faceva capolino l’umor nero, il mio amico ed io avevamo un mezzo sicuro di liberarcene. Scendevamo a Galata in due caicchi a due remi, i più variopinti e i più dorati dello scalo, e gridavamo: – Eyub! – ed eravamo già in mezzo al Corno d’oro. I nostri rematori si chiamavano Mahmut, Baiazet, Ibraim, Murat, avevano vent’anni per uno e due braccia di ferro, e vogavano a gara incitandosi con grida e ridendo come bambini; il cielo era sereno e il mare trasparente; noi rovesciavamo il capo indietro per bere a sorsate più lunghe l’aria piena di profumi, e lasciavamo spenzolare una mano nell’acqua; i due caicchi volavano, di qua e di là ci fuggivano allo sguardo i chioschi, i palazzi, i giardini, le moschee; ci pareva d’esser portati dal vento a traverso un mondo fatato, sentivamo un piacere inesprimibile d’esser giovani e d’essere a Stambul, Yunk cantava, io recitavo delle ballate orientali di Vittor Hugo, e vedevo ora a destra, ora a sinistra, ora vicino, ora lontano, balenare per aria un viso amoroso, coronato di capelli bianchi e illuminato da un sorriso dolcissimo, che diceva: – Sii felice, figliuolo! Io ti benedico e ti seguo.

Il capitolo è composto da 24 ritratti della città


Edmondo De Amicis
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Edizione elettronica tratta da Liber Liber

Opera di riferimento: “Costantinopoli” di Edmondo De Amicis, Fratelli Treves editori, Milano 1877

Alla edizione elettronica ha contribuito Vittorio Volpi, volpi@galactica.it

Revisione: Catia Righi, catia_righi@tin.it

Pubblicato su Liber Liber da Marco Calvo, al quale vanno i nostri ringraziamenti.

Costantinopoli è un libro di ricordi scritto da Edmondo De Amicis e pubblicato nel 1877. Il soggetto dell’opera è il viaggio di più giorni fatto nel 1874, in compagnia dell’amico pittore Enrico Junck, a Istanbul, capitale dell’Impero Ottomano, quale corrispondente per conto della rivista Illustrazione Italiana.

De Amicis ha elaborato l’opera raccogliendo tre anni dopo la visita le impressioni in un libro, parte dagli appunti presi durante il viaggio e parte da memorie personali.  Ne emergono molte informazioni sulla Istanbul del secolo XIX e sulla storia ottomana. L’opera originale comprendeva anche 45 incisioni di Enrico Junck. La prima edizione fu pubblicata nel 1877 in due volumi. Cesare Biseo ne illustrò un’edizione del 1882, a causa della prematura scomparsa di Junck.

Il Grande Bazar d’Istanbul in un disegno di Cesare Biseo tratto dall’edizione del 1882

L’opera riscosse un successo immediato e fu tradotta in molte lingue, oltre naturalmente al turco, ma ricevette anche critiche severe, come quella di Remigio Zena nel suo diario di bordo In Yacht da Genova a Costantinopoli (1887). Nel suo libro Istanbul – Memory of a City, lo scrittore turco Orhan Pamuk (premio Nobel per la letteratura 2006) ha definito Costantinopoli di Edmondo de Amicis il miglior libro scritto su Istanbul nell’Ottocento, seguito da Costantinopoli di Théophile Gautier (1852). Umberto Eco, nell’introduzione ad una nuova ristampa del 2005, ha affermato che la descrizione della città fatta da De Amicis appare come la più cinematografica.

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