Roma, Palazzo Bonaparte: ESCHER – circa 300 opere, nuove scoperte e grandi novità

Maurits Cornelis Escher
Autoritratto, 1929 Litografia, 264×203 mm Collezione Maurits, Italia All M.C. Escher works © 2023 The M.C. Escher Company.
All rights reserved www.mcescher.com

La sera (…) disegnavo la meravigliosa, bellissima architettura di Roma di notte, che mi piaceva di più di quella alla luce del giorno. Le passeggiate notturne sono il più meraviglioso ricordo che ho di Roma.
M. C. Escher

ESCHER”

31 ottobre 2023 – 1° aprile 2024
Palazzo Bonaparte, Roma

Dal 31 ottobre Palazzo Bonaparte ospiterà la più grande mostra di Escher mai realizzata sinora, con circa 300 opere, nuove scoperte e grandi novità.

Maurits Cornelis Escher (1898-1972), uno degli artisti più amati dal grande pubblico in tutto il mondo, nel 1923 si trasferì a Roma.
E proprio per festeggiare questo importante centenario, Arthemisia ha voluto rendergli omaggio con una mostra epocale che vedrà esposti tutti i più grandi capolavori del genio olandese.

Dal 31 ottobrea 100 anni dalla sua prima visita nella Capitale avvenuta nel 1923, Escher torna a Roma con la più grande e completa mostra a lui mai dedicata, a Palazzo Bonaparte.
Olandese inquieto, riservato e indubbiamente geniale, Escher è l’artista che, con le sue incisioni e litografie, ha avuto e continua ad avere la capacità unica di trasportarci in un mondo immaginifico e impossibile, dove si mescolano arte, matematica, scienza, fisica e design.
Artista scoperto in tempi relativamente recenti, Escher ha conquistato milioni di visitatori nel mondo grazie alla sua capacità di parlare ad un pubblico molto vasto. Escher è amato da chi conosce l’arte, ma anche da chi è appassionato di matematica, geometria, scienza, design, grafica. Nelle sue opere confluiscono una grande vastità di temi, e per questo nel panorama della storia dell’arte rappresenta un unicum.

La mostra di Roma si configura come un evento eccezionale che presenta al pubblico, oltre ai suoi capolavori più celebri, anche numerose opere inedite mai esposte prima.
Un’antologica di circa 300 opere che comprende l’ormai iconica Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939), Giorno e notte (1938), la celebre serie degli Emblemata, e tantissime altre.
Inoltre, a impreziosire il percorso espositivo, anche una ricostruzione dello studio che Escher aveva a Baarn in Olanda che, qui a Roma, espone al suo interno i vari strumenti originali coi quali il Maestro produceva le sue opere e il cavalletto portatile che lo stesso Escher portò con sé nel suo peregrinare per l’Italia.

Dopo vari viaggi in Italia iniziati nel 1921 quando visitò la Toscana, l’Umbria e la Liguria, Escher giunse a Roma dove visse per ben dodici anni, dal 1923 al 1935, al civico 122 di via Poerio, nel quartiere di Monteverde vecchio.
Il periodo romano ebbe una forte influenza su tutto il suo lavoro successivo che lo vide prolifico nella produzione di litografie e incisioni soprattutto di paesaggi, scorci, architetture e vedute di quella Roma antica e barocca che lui amava indagare nella sua dimensione più intima, quella notturna, alla luce fioca di una lanterna.
Le notti passate a disegnare, seduto su una sedia pieghevole e con una piccola torcia appesa alla giacca, sono annoverate da Escher tra i ricordi più belli di quel periodo.
In mostra a Palazzo Bonaparte, infatti, sarà presente anche la serie completa dei 12 “notturni romani” prodotta nel 1934 – tra cui “Colonnato di San Pietro”, “San Nicola in Carcere”, “Piccole chiese, Piazza Venezia”, “Santa Francesca Romana”, “Il dioscuro Polluce” – insieme ad altre opere che rappresentano i fasti dell’antica Urbe come Roma (e il Grifone dei Borghese) del 1927, San Michele dei Frisoni, Roma (1932) e Tra San Pietro e la Cappella Sistina (1936).

La mostra, col patrocinio della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata e Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi, è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con la M. C. Escher Foundation e Maurits ed è curata da Federico Giudiceandrea – uno dei più importanti esperti di Escher al mondo – e Mark Veldhuysen, CEO della M.C. Escher Company.
La mostra vede come sponsorGenerali Valore Culturaspecial partnerRicolamobility partnerAtac e Frecciarossa Treno Ufficialemedia partner la Repubblica e Urban VisionpartnerMercato Centrale Roma e hospitality partnerHotel de Russie Hotel de la Ville.

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Maurits Cornelis Escher
Cavaliere, 1946 Xilografia, 239×449 mm Collezione M.C. Escher Foundation, Paesi Bassi All M.C. Escher works © 2023 The M.C. Escher Company.
All rights reserved www.mcescher.com

La mostra Escher rientra nel progetto “L’Arte della solidarietà” realizzato con Komen Italiacharity partner della mostra.
Unire l’arte conla salute, la bellezza con la prevenzione: è questa l’essenza di un progetto che vede il colore rosadella Komen Italia fondersi con i capolavori esposti nelle mostre.
Nel concreto, una parte degli incassi provenienti dalla vendita dei biglietti di ingresso della mostra verrà devoluta da Arthemisia per la realizzazione di specifici progetti di tutela della salute delle donne.
Con questa partnership Komen Italia chiude ottobre, mese della prevenzione, e si prepara al grande evento nazionale per festeggiare il suo 25esimo anno della “Race for the cure” il prossimo maggio 2024.

Il catalogo è edito da Skira.


LA MOSTRA

Prima sezione – Gli inizi

Samuel Jesserun de Mesquita (1868 – 1944) è stato un esponente del movimento Art Nouveau olandese. Fu insegnante di Escher alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem e lo incoraggiò a diventare un grafico. I primi lavori di Escher risentono quindi dell’influenza dall’Art Nouveau, corrente caratterizzata da forme sinuose ed eleganti ed ornamenti decorativi ispirati a soggetti naturali. L’artista ha sempre nutrito un profondo interesse per la natura e ha eseguito numerose stampe con raffigurazioni realistiche di fiori e insetti. Dal 1922 al 1935, Escher intraprese molteplici viaggi nel Belpaese, disegnando monumenti, paesaggi, flora e fauna, che al suo ritorno in studio trasformava in opere grafiche. In questi lavori, per lo più caratterizzati da prospettive insolite, una meticolosa osservazione della natura si fonde già con vedute che spaziano verso orizzonti lontani, quasi anticipando i paradossi prospettici e le illusioni ottiche della maturità. In questa sezione sono riprodotte anche le 28 xilografie che compongono il libro XXIV Emblemata dat zijn zinne-beelden, cioè XXIV Emblemi, con massime in versi, una delle tre opere di Escher in qualità di illustratore.

Seconda sezione – Italia

Dal 1922 al 1935, Escher soggiornò in Italia, trasferendosi stabilmente a Roma dal novembre del 1923. La città eterna rappresenta una parte importante del corpus delle sue opere; oltre a vari monumenti e scorci della città, ci resta una serie di12 magistrali xilografie, realizzate a partire dagli schizzi abbozzati di notte grazie ad una torcia e un cavalletto da viaggio. Un altro riferimento a quel periodo, si trova per esempio nella celebre opera Mano con sfera riflettente dove viene riprodotto fedelmente il suo studio di via Alessandro Poerio 122. Ogni anno Escher intraprendeva un viaggio attraverso l’Italia e nel Mediterraneo per riprodurne i magnifici paesaggi: Campania, Calabria, Sicilia, Abruzzo ecc., spesso in compagnia dell’amico ed artista svizzero Giuseppe Haas Triverio. A seguito della crescente oppressione del movimento fascista, si trasferì dapprima in Svizzera nel 1935, poi nel 1937 a Uccle in Belgio, e infine nel 1941 a Baarn, nei Paesi Bassi. Quello tra Escher è l’Italia è un legame indissolubile. In Italia visse probabilmente gli anni più felici: qui si sposò, fondò una famiglia e raccolse i primi successi professionali; questo trapela dai suoi diari, dalle fotografie ma soprattutto dalle sue opere. Anche dopo la svolta artistica verso soggetti astratti, nella composizione dell’immagine ritroviamo frequenti rievocazioni del paesaggio italiano.

Terza sezione – Tassellature

Nel 1936, Escher soggiorna a Granada, in Spagna, dove visita nuovamente l’Alhambra, un complesso palaziale fortificato, costruito fra il secolo XIII e il XIV sul colle che domina la città dagli emiri nasridi, famoso per l’elaborata decorazione degli edifici. Questa visita si rivela essere uno punto di svolta nella sua carriera, le elaborate decorazioni geometriche in stile moresco lo affascino e lo spingono a interessarsi alle tassellature. In geometria, si dicono tassellature i modi di suddividere il piano con una o più figure geometriche ripetute all’infinito senza sovrapposizioni e senza lasciare spazi vuoti. Tali figure geometriche, dette “tasselli”, sono spesso poligoni, regolari o meno, ma possono avere anche lati curvilinei. Sono stati identificati 17 diversi tipi di simmetrie che permettono di suddividere il piano. Di queste simmetrie, Escher costituì un catalogo di 137 acquarelli, numerati e archiviati secondo un suo proprio schema logico, da usare come motivi per eseguire tassellature e metamorfosi. Come vedremo, l’uso delle tassellature diventerà un tratto distintivo della sua arte, in cui fantasia, geometria e soggetti figurativi sono sapientemente combinati. A partire da questo momento, Escher si dedicherà, a parte qualche sporadico caso, alla rappresentazione di scene astratte, di ispirazione geometrico-matematica, paradossali o illusorie.

Quarta sezione – Metamorfosi

Le tassellature sono alla base dei cicli e delle metamorfosi, il cui tema Escher affronta a partire dal 1937. Per Escher, una metamorfosi, ovvero dal greco una trasformazione, in particolare una trasformazione di un essere o di un oggetto in un altro di natura diversa, prende infatti le mosse dalla modificazione e successiva concatenazione di diverse tassellature (procedimento di divisione regolare del piano). Escher crea così un mondo in cui diverse figure danno vita a vortici di trasformazioni di forme astratte in forme animate e viceversa. La xilografia Metamorfosi II (1939-1940), uno dei suoi capolavori, è un universo circolare in cui un una lucertola può progressivamente diventare la cella di un alveare o un pesce tramutarsi in uccello che a sua volta si trasforma in un cubo e poi in un tetto ecc. A volte nelle metamorfosi interagiscono elementi antitetici ma complementari, come il giorno e la notte o il bene e il male, intrecciando gli opposti all’interno di una stessa composizione. Lo studio delle tassellature e la realizzazione di cicli e metamorfosi (che per altro possono coesistere nella stessa stampa, come in CicloGiorno e NotteRettili o ancora Incontro) inducono in Escher il desiderio della rappresentazione dell’illimitato attraverso la suddivisione infinita del piano. Ci riuscirà formalmente grazie agli spunti forniti dallo studioso di geometria H.S.M. Coxeter, nelle opere Limite del cerchio I-II-II-IV.

Quinta sezione – Struttura dello spazio

Fin dalle sue prime opere, più ancora che per l’elemento pittorico, Escher dimostra un’attenzione particolare per l’organizzazione dello spazio compositivo. Come abbiamo visto a partire dalla metà degli anni ’30, Escher si staccherà progressivamente dalla rappresentazione euclidea dello spazio. Il suo crescente interesse per la matematica e la geometria passa attraverso lo studio e il fascino che esercitano su di lui sfere, superfici riflettenti, solidi geometrici o ancora superfici topologiche come il nastro di Möbius, un oggetto percepito come superficie a due facce ma che, ad una più attenta osservazione, ne dimostra una sola. Potremmo parafrasare un suo commento alla litografia Mano con sfera riflettente del 1935, una delle sue opere più celebri, in questo modo: la sfera, riflettendolo, racchiude in sé tutto lo spazio circostante, al cui centro si staglia proprio colui che la guarda; l’uomo è quindi il centro di questo universo. Escher qui non dissimula una certa ironia riguardo all’ego dell’artista, immortalato in una dinamica autoreferenziale. La disamina di questi concetti porterà Escher ad esacerbare il suo gusto per i paradossi, le distorsioni prospettiche e le illusioni ottiche che queste figure permettono.

Sesta sezione – Paradossi geometrici

Le conoscenze matematiche di Escher erano principalmente visive e intuitive. Le sue architetture e composizioni geometriche si caratterizzavano grazie a distorsioni prospettiche che, a prima vista, si presentavano come perfettamente plausibili ma che, dopo una più attenta ispezione, si rivelavano impossibili. Una svolta importante avviene nel 1954, anno in cui vengono esposte alcune stampe di Escher durante il Congresso Internazionale dei Matematici ad Amsterdam. Da quel momento il suo lavoro viene sempre più apprezzato dalla comunità scientifica e l’artista inizia un dialogo serrato con matematici e cristallografi che si rivela una vasta fonte di ispirazione per la sua ricerca sulle strutture impossibili, le illusioni ottiche e la rappresentazione dell’infinito. Questa sezione analizza come Escher abbia cercato di forzare oltre ogni limite la rappresentazione di situazioni impossibili, all’apparenza coerenti, attraverso una selezione di alcune delle sue opere più famose: Salire e Scendere, Belvedere, Cascata, Galleria di stampe, o ancora Relatività. Questi capolavori riflettono un aspetto essenziale dell’arte del grafico olandese: il suo complesso rapporto con la matematica, la geometria e il tema della riproduzione grafica dell’infinito.

Settima sezione – Lavori su commissione

Come tutti gli artisti che vivono della propria opera, Escher, in qualità di grafico, riceve nel corso degli anni commissioni di vario genere. In questa sezione ritroviamo una carrellata di alcune di queste opere: ex libris (contrassegni da inserire in libri di collezioni o biblioteche private per attestarne la proprietà ed evitarne la perdita o lo scambio con copie identiche), biglietti d’auguri o ancora design per loghi, francobolli, articoli pubblicitari ecc. Per questi lavori, Escher fa un largo e sapiente uso delle tassellature, che non sono solo un suo tratto caratteristico, ma che si prestano per altro perfettamente all’uso: ideali per ottimizzare i tempi del processo creativo attraverso l’uso ripetuto di uno stesso elemento figurativo.

Ottava sezione – Eschermania

Dagli anni ’50 in poi la popolarità di Escher cresce. Grazie anche alle sue connessioni con il mondo scientifico ed accademico, varie riviste cominciano a dedicargli articoli e recensioni. A partire dalla metà degli anni ’60, inoltre, suo malgrado, una grossa visibilità gli sarà offerta, soprattutto negli Stati Uniti, dal movimento hippy che si approprierà delle sue opere, modificandole e riproducendole su poster e magliette, in chiave psichedelica. Questa ottava ed ultima sezione presenta una serie di opere d’arte ed oggettistica che dimostrano quanto Escher non sia stato solo un artista figlio del suo tempo, ma anche come, fino ai giorni nostri, tramite il suo lavoro avanguardistico e il suo linguaggio attuale, eserciti ancora una forte influenza sul processo creativo di molti artisti, musicisti, pubblicitari e fumettisti, per citare alcuni esempi. Certamente la sua passione per le tassellature nonché la creazione di modi impossibili e paradossali non hanno ancora cessato di essere fonte d’ispirazione per ulteriori sviluppi e rielaborazioni, nei settori più diversi.


Date al pubblico
31 ottobre 2023 – 1° aprile 2024

Orario apertura
dal lunedì al giovedì 9.00 – 19.30
venerdì, sabato e domenica 9.00 – 21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Intero 
€ 16,00 (audioguida inclusa)
Ridotto
 € 15,00 (audioguida inclusa)

Informazioni e prenotazioni
T. + 39 06 87 15 111

Sito
www.mostraescher.it
www.mostrepalazzobonaparte.it
www.arthemisia.it

Social e Hashtag ufficiale
@arthemisiaarte
@mostrepalazzobonaparte

Ufficio stampa
Arthemisia
Salvatore Macaluso | sam@arthemisia.it
press@arthemisia.it | T. +39 06 6938030

Relazioni esterne Arthemisia
Camilla Talfani | ct@arthemisia.it

Roma, Spazio Urano: SILVIO COIANTE. Ricorda qualcuno assomiglia a nessuno – Papiers collé

Silvio Coiante
ricorda qualcuno assomiglia a nessuno

a cura di Simona Pandolfi

4 – 18 novembre 2023

Inaugurazione Sabato 4 novembre 2023, ore 18.30

Spazio Urano, via Sampiero di Bastelica 12 – Roma (Pigneto)

Nella personale organizzata presso Spazio Urano, con il titolo “ricorda qualcuno assomiglia a nessuno“, Silvio Coiante presenta una selezione di lavori in cui recupera la tecnica del papier collé. 
Come spiega lo stesso artista, «lo strappo diventa l’interferenza tra la precisione innata e la casualità del gesto».

Nella personale organizzata presso Spazio Urano, con il titolo “ricorda qualcuno assomiglia a nessuno”, Silvio Coiante presenta una selezione di lavori in cui recupera la tecnica del papier collé. L’artista ha da sempre manifestato, anche in serie precedenti, un approccio alla pittura influenzato dalla sua formazione in arte grafica, sia pubblicitaria che editoriale; attraverso il dialogo tra arte classica e digitale, Coiante è solito procedere verso una sintesi che «lascia immaginare senza descrivere», come lui stesso riferisce.

Nei papiers collé, oltre al risultato finale, diventano determinanti i vari passaggi che contraddistinguono l’ideazione e la realizzazione dell’opera. Inizialmente Coiante si avvale di un personale “archivio di immagini” che ha raccolto nel tempo e in maniera casuale, attingendo da fotografie online, “prelievi” dal mondo della moda e della pubblicità e immagini scattate negli anni e in vari contesti. Da questo archivio, una sorta di realtà scorrente davanti i suoi occhi, seleziona due file, spesso un’immagine classica e una moderna, che fondendosi in forma digitale originano una terza e insolita iconografia.

Dopo questa prima ideazione visiva, Coiante ha bisogno di recuperare una tradizionale manualità e di ricorrere quindi al bozzetto, su carta o su tela, nel quale la matericità del colore sedimentato arricchisce l’immagine, prima solo digitale, di nuovi significati. È solo dopo questo ulteriore passaggio che l’artista arriva a sperimentare la tecnica del papier collé. La carta, prima dipinta, poi strappata e infine assemblata, crea un’opera stratificata in più livelli. L’impiego di immagini di “seconda mano”, spesso banali e riconoscibili, utilizzate per porre il proprio punto di vista visivo, rende la ricerca di Coiante affine all’estetica pop in generale e in particolare alla produzione italiana degli artisti della “Scuola di Piazza del Popolo”.

Nei vari papiers collé la cornice bianca diviene parte integrante dell’opera; l’immagine non “soffoca”, è immobilizzata sulla superficie e allo stesso tempo impaginata in un contesto-guida non isolante, anzi aperto, infinito. L’artista usa i segni bianchi e irregolari degli strappi, lasciati volutamente visibili, per aggiungere un senso di imperfezione all’immagine e per allontanare le forme ricavate da una mera rappresentazione della realtà. Come spiega lo stesso Coiante, «lo strappo diventa l’interferenza tra la precisione innata e la casualità del gesto». Il bordo, quindi, rappresenta quella paura dell’errore che viene esorcizzata lasciando alcuni frammenti dell’opera espandersi sul contorno bianco, quasi a manifestare una personale e dicotomica ricerca di equilibrio tra una maniacale precisione e una strabordante e libera urgenza espressiva.

Biografia

Silvio Coiante nasce nel 1982 a Roma dove attualmente vive e lavora. Dopo gli studi presso l’Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie di Roma si dedica professionalmente all’arte della grafica prima pubblicitaria, poi editoriale. Durante la sua carriera come grafico editoriale decide di continuare parallelamente gli studi. Nel 2009 riceve la Laurea in Pittura, all’Accademia di Belle Arti di Roma e nel 2019 frequenta a Londra il corso “Mixed media and drawing projects”.

Mostre

2023 Ventuno – NOA. Nuova Officina delle Arti, Roma, mostra collettiva
2022 Boh!ouse – Engel & Völkers, Open House Roma, mostra personale
2015 Il segno – Wo-ma’n Home Gallery Roma, mostra personale
2012 De Pictura transiti del sublime – Temple University Roma, mostra collettiva
2011 H.O.P.E. (a cura di) – Camera dei Deputati, Sala delle Regina, mostra collettiva
2007 De Pictura. Ricerca di un linguaggio – Accademia di Belle Arti di Roma, mostra collettiva

Sito web: www.silviocoiante.com
Instagram: silvio.coiante
Email: hello.silviocoiante@gmail.com


Informazioni
La mostra sarà visitabile fino al 18 novembre 2023
Visitabile su appuntamento: tel 3290932851 e-mail info@spaziourano.com

Ufficio stampa
Simona Pandolfi pandolfisimona.sp@gmail.com

Milano, AMART: dalla pittura all’arte asiatica | Anteprima sulle opere

Immagine di una edizione precedente

AMART 

Milano, Museo della Permanente
8 – 12 novembre 2023

AMART svela un’ulteriore anteprima sulle opere.
Dalla pittura all’arte asiatica, alcune proposte che si potranno ammirare e acquistare dal 7 novembre

La quinta edizione di AMART, la mostra dell’antiquariato organizzata dall’Associazione Antiquari Milanesi è quasi pronta a inaugurare il prossimo 7 novembre (su invito) e svela un’ulteriore anteprima sulle opere che saranno esposte al Museo della Permanente sino al 12 novembre.
Come per la maggior parte delle fiere d’arte, la pittura sarà molto presente anche tra le 65 gallerie di AMART, in particolare l’Ottocento Italiano rappresentato da grandi nomi come Boldini, Fattori, Signorini, Induno da Società di Belle Arti, Galleria D’arte San Barnaba, Galleria d’Arte Mainetti ed Enrico Gallerie. Ma il mondo dell’antiquariato comprende molte altre specializzazioni di cui i galleristi di AMART sono gli esperti.

Sono ben quattro, per esempio, le gallerie che trattano arte asiatica e africana: la Galleria Dalton Somaré tratta Arte Africana e Arte Indo-Buddhista dall’Himalaya, dall’India e dal Sud Est Asiatico, al Museo della Permanente esporrà una “Figura Guardiana”, mbulu ngulu, Kota Obamba, del Gabon del XIX secolo (raccolta prima del 1940) realizzata in legno, ottone, rame, ferro e un Buddha, Gandhara Storico, proveniente dal Pakistan, del Periodo Kushan (II secolo circa). Entrambe nuove per il mercato perché giungono ad AMART da collezioni private. La Galleria Ajassa specializzata in arte antica cinese proporrà un “Ritratto di dignitari“, Dinastia Qing (inizi sec.XVIII), mentre un “Bodhisattva Manjusri”, bronzo dorato di 30 cm proveniente dal Tibet (XV secolo) sarà tra le molte proposte del gallerista Renzo Freschi specializzato in arte asiatica.

Mirco Cattai è un esperto di tappeti Antichi orientali dal Caucaso, Anatolia e nord -ovest della Persia. Per AMART ha scelto alcuni tappeti speciali: un tappeto detto “transilvano” a doppia nicchia dell’Area di Ghiordes, Anatolia occidentale, (seconda metà del XVII secolo). In Transilvania si ritrovano quasi tutte le tipologie di tappeti “classici” anatolici da cui prendono il nome. Si tratta di un esemplare di grande valore estetico. Raro è anche il tappeto Ushak a piccolo medaglione, cosiddetto “Tintoretto” perché il pittore veneziano dipinse tappeti simili in alcuni suoi quadri come per esempio nel “Ritrovamento del Corpo di San Marco” (1562-1566).

Nell’ambito delle Arti Decorative, il range di proposte è davvero ampio: inOpera presenta un progetto di ricerca dedicato alle opere giovanili di Giuseppe Maggiolini (1738-1814) con uno stand monografico e un libro pubblicato per l’occasione. Da segnalare in particolare un Tavolo a console trasformabile, 1765 ca.

Paolo Antonacci ritorna ad AMART portando un Guéridon in mogano con piano commesso di pietre tenere e dure di Sicilia (Napoli, 1830 circa) con una provenienza importante: Napoli, Casino della Regina nel parco di Capodimonte, collezione della Regina Maria Isabella di Borbone e, per discendenza, eredi del conte Francesco del Balzo.

Rimanda a Venezia e ai suoi splendidi Palazzi come Ca’ Rezzonico e Mocenigo, ora Musei Civici, lo spettacolare trumeau esposto da Galleria Subert. È un mobile di notevoli dimensioni a due corpi con piano scrittoio ribaltabile (Venezia, circa metà del secolo XVIII).

Eccezionale e unica è la pendola “à la Géométrie” astronomica, pezzo forte di Top Time, galleria specializzata in orologi e pendole. Viene da Parigi, datata 1782/1788, è un oggetto per così dire “griffato”: la cassa in bronzo dorato e brunito e marmo rosso “griotte” è di François Remond; le figure tratte da un modello di Louis Simon Boizot, nientemeno che lo scultore del Re. Il Movimento è di Robert Robin il “Valet de chambre horloger ordinaire du Roi e de la Reine”. I quadranti di Joseph Coteau, firmati sul retro “Coteau 1782”.

Da Lodi (Fabbrica di Antonio Ferretti, 1760 circa) proviene il Grande piatto ovale da portata in maiolica policroma, raffigurante una tinca con limone in stile naturalistico a “trompe-l’oeil che sarà esposto da Piva. Le pescere erano dei piatti da portata ovali tipici della tradizione lombarda. Rappresentavano tinche, trote, lucci o pesci d’acqua dolce pescati nell’Adda, e venivano utilizzati come trompe-l’oeil durante i pranzi ospitati sulle tavole più raffinate della regione. La resa illusionistica tridimensionale del limone dimostra lo straordinario livello artistico conseguito dalle manifatture lodigiane, tanto che la città diventò luogo del sapere ceramico del XVIII secolo. Oggi questi particolari pezzi lodigiani sono diventati sempre più rari e di alta rilevanza storico-artistica, tanto che alcuni esemplari sono esposti nei più rinomati musei della ceramica, da Faenza a Sèvres.

È sicuramente una delle icone del Novecento, la rarissima “Signorina Grandi Firme“, scultura di Sandro Vacchetti (Manifattura Essevi, Torino 1946) basata su un’idea di Gino Boccasile per la rivista “Le grandi firme” di Cesare Zavattini: una donna moderna ed emancipata, una diva assoluta. Boccasile, innovatore del lessico pubblicitario le cui rappresentazioni hanno dato lustro e modernità fra le tante anche alle réclame della Pirelli, della Fiera di Milano, della San Pellegrino e della Sperlari, con questo soggetto riassume la storia del costume e della società italiana di quel periodo. La si potrà incontrare nello stand di Raffaello Pernici.

FineArt by Di Mano in Mano presenterà alcune opere straordinarie in una installazione site specific anche quest’anno firmata dal designer Pietro Russo, il tutto pensato come dialogo tra le opere e lo spazio espositivo dello storico palazzo milanese della Permanente. Il posto d’onore è dedicato a un arredo di Francesco Abbiati, noto ebanista lombardo originario di Mandello del Lario. Si tratta di un mobile inedito, riccamente intarsiato con legni pregiati, il cui apparato iconografico nasconde un’interessante narrazione storica che verrà rivelata in loco ai visitatori.

www.amart-milano.com


8-12 NOVEMBRE 2023
Museo della Permanente
Mercoledì-sabato: ore 11.00 – 20.30
Domenica: ore 11.00 – 19.30
 
Museo della Permanente
via Filippo Turati 34, Milano
amart-milano.com
 
PER INFORMAZIONI
Email: antiquari@unione.milano.it
Telefono: 02.7750447
 
Ufficio stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
Ref. Roberta Barbaro, roberta@studioesseci.net
Tel. 049 663499, www.studioesseci.net