A Johannesburg va in scena l’Arte Povera

Giulio Paolini, Averroè, 1967.
Ph. Paolo Pellion. Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

Il Consolato Generale d’Italia a Johannesburg

presenta

ARTE POVERA 1967-1971

a cura di Ilaria Bernardi

JohannesburgWits Art Museum

 31 ottobre – 9 dicembre 2023

Al via la prima mostra sullArte povera nel continente africano per celebrare i 56 anni dalla sua definizione

Il 27 settembre 1967 a Genova, presso la Galleria La Bertesca, Germano Celant presenta la mostra “Arte povera Im-spazio” in occasione della quale conia la definizione di Arte povera per indicare, come scrive in catalogo, il processo linguistico di alcuni artisti italiani che “consiste nel togliere, nell’eliminare, nel ridurre ai minimi termini, nell’impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi”.

La mostra “Arte Povera 1967-1971”, curata da Ilaria Bernardi presso il Wits Art Museum a Johannesburg, e promossa dal Consolato Generale d’Italia a Johannesburg, desidera celebrare i 56 anni da quella prima esposizione nel 1967, realizzando la prima mostra dell’Arte povera nel Continente africano e la prima mostra sull’Arte povera dopo la scomparsa del suo teorizzatore Germano Celant, avvenuta nel 2020. Ha dunque un’importante valenza dal punto di vista storico.

Germano Celant a Berna, alla Kunsthalle, in occasione di Live in your head. When attitudes become form, 1969.
Ph. (dettaglio) © Claudio Abate. Courtesy Archivio Claudio Abate

La mostra, grazie alla collaborazione con gli artisti, con i loro archivi, con importati collezionisti e musei che si sono resi disponibili a prestare le opere di loro proprietà, accoglie storici lavori dei 13 artisti che, dopo aggiunte e sottrazioni avvenute dopo il 1967, sono ormai considerati gli esponenti canonici dell’Arte povera: Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio.

Ilaria Bernardi, curatrice della mostra “Arte povera 1967-1971”.
Ph. Guglielmo de’ Micheli. Courtesy Associazione Genesi

La curatrice Ilaria Bernardi, anziché proporre una retrospettiva generale sulle ricerche di questi 13 artisti, ha preferito adottare un concept maggiormente analitico e filologico, capace di restituire la vivacità e il dialogo esistenti tra artisti tra la seconda metà degli anni Sessanta e i primissimi anni Settanta. Al Wits Art Museum saranno infatti esposte opere emblematiche della ricerca di ogni artista, datate tra il 1967 – anno in cui Celant conia il termine Arte povera – e il 1971 – anno in cui egli postula che l’etichetta Arte povera deve dissolversi affinché ogni artista possa assumere la sua singolarità. Mediante questa specifica circoscrizione temporale, la mostra desidera approfondire la prima fase dell’Arte povera, ma al contempo si propone di coglierne i comuni denominatori che hanno portato Celant a definire tale quella ricerca. Da qui l’aggiunta di alcune opere realizzate negli anni immediatamente precedenti al 1967.  

La maggior parte delle opere presenti in mostra sono state presentate in storiche esposizioni collettive dell’Arte povera e in mostre personali dei rispettivi artisti, tenutesi tra il 1967 e il 1971. Tra le opere esposte: Direzione (1967) di Giovanni Anselmo; Senza titolo (porte) (1966) di Alighiero Boetti; Piombo rosa (1968-2018) di Pier Paolo Calzolari; Pavimento (Tautologia) (1967) di Luciano Fabro; Senza titolo (1968) di Jannis Kounellis; Sitin (1968) di Mario Merz; Scarpette (1968) di Marisa Merz; Averroè (1967) di Giulo Paolini; Scoglio (1966) di Pino Pascali; Svolgere la propria pelle (1970-1971) di Giuseppe Penone; Orchestra di stracci – Quartetto (1968) di Michelangelo Pistoletto; Identico alieno (1967-1968) di Emilio Prini; Letto (1966) di Gilberto Zorio.

Accompagna la mostra un’area dedicata a una cronologia illustrata delle mostre collettive tenutesi in quegli anni da considerarsi cardini per la storia dell’Arte povera, corredata da teche con i relativi cataloghi.

Conclude il percorso espositivo il video-documentario Arte povera, a cura di Beatrice Merz e Sergio Ariotti (Hopefulmonster, Torino 2011) che fornisce una panoramica dell’Arte Povera con ampio materiale d’archivio, filmati di mostre personali recenti e a spezzoni di interviste con Germano Celant, alcuni artisti, critici e galleristi.

La mostra fa parte di un più ampio progetto espositivo intitolato “Arte Povera and South African Art: In Conversation”, promosso dal Wits Art Museum a Johannesburg e dal Consolato Generale d’Italia a Johannesburg e che include, nelle stesse date della mostra curata da Ilaria Bernardi, un’altra mostra dal titolo “Innovations in South African Art, 1980s-2020s” a cura del curatore sudafricano Thembinkosi Goniwe dedicata ad artisti sudafricani che, per alcuni aspetti della loro pratica, si dichiarano o risultano affini all’Arte povera: Lucas Seage, Jane Alexander, David Thubu Koloane, Kagiso Pat Mautloa, Moshekwa Langa, Usha Seejarim, Bongiwe Dhlomo-Mautloa, Willem Boshoff, Kemang Wa Lehulere, Thokozani Mthiyane, Kay Hassan.

“Arte Povera and South African Art: In Conversation” sarà accompagnato da un libro/catalogo illustrato, edito da SilvanaEditoriale, bilingue (italiano/inglese) e “doppio”, da sfogliare in due versi, entrambi con presentazioni istituzionali dell’Ambasciatore d’Italia a Pretoria, Paolo Cuculi, e della Console Generale a Jogannesburg, Emanuela Curnis. Il primo verso del volume sarà dedicato alla mostra sull’Arte povera curata da Ilaria Bernardi e includerà un suo ampio saggio, approfondimenti sulle opere e sui 13 artisti e una cronologia delle più importanti mostre dell’Arte povera dal 1967 a oggi. Il secondo verso sarà dedicato all’esposizione curata da Thembinkosi Goniwe e includerà un suo saggio, nonché approfondimenti sulle opere e sugli artisti sudafricani esposti.


Wits Art Museum, Johannesburg

Wits Art Museum

Il Wits Art Museum (WAM), connesso all’omonima università (la Wits University), è il più importante museo d’arte di Johannesburg dedicato all’arte africana. La sua collezione comprende oltre 13.000 opere d’arte africana ed è nata da una piccola collezione didattica dipartimentale avviata all’inizio degli anni ’50 da due professori, Heather Martienssen e John Fassler, entrambi del Dipartimento di Architettura della Wits. Alla fine degli anni ’60, Norman Herber donò ingenti fondi per l’acquisizione di opere, consentendo alle collezioni storiche e contemporanee di crescere in modo sostanziale. Nel 1978 le prime opere d’arte classica africana furono donate da Vittorio Meneghelli e l’anno successivo fu avviata la Standard Bank African Art Collection e John Schlesinger donò una grande collezione di oltre 100 opere. Altre importanti aggiunte alle collezioni includono la Collezione del Wits Museum of Ethnology (2001), l’Archivio Neil Goedhals (1993), l’Archivio delle stampe di Robert Hodgins (2007), la Collezione Sekoto (2010), gli archivi di Walter Battiss (2017) e Judith Mason (2017). Attualmente il museo include anche il Jack Ginsberg Centre for Book Arts che ospita oltre 3000 libri d’artista, di cui 400 sudafricani, nonché un archivio unico di 3000 oggetti sulla storia e lo sviluppo di genere dell’arte del libro, oltre a una vasta biblioteca di monografie sull’arte sudafricana. L’edificio in cui si trova il Wits Art Museum è stato progettato dagli architetti Nina Cohen, Fiona Garson e William Martinson che sono stati premiati con il Visi Magazine Architecture Award 2012 proprio per il loro lavoro per WAM.


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Padova: Lo scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900

LO SCATTO DI GIOTTO.
La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900

Dal 28 ottobre 2023 al 7 aprile 2024

Museo Eremitani, Padova

Dal 28 ottobre 2023 al 7 aprile 2024, il Museo Eremitani di Padova propone la mostra Lo Scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900. Curata dai Musei Civici, Biblioteca Civica e Ufficio Patrimonio Mondiale e promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, la mostra ricostruisce attraverso un percorso espositivo composito la straordinaria fortuna visiva della Cappella degli Scrovegni.

Nota in tutto il mondo per essere il capolavoro assoluto affrescato da Giotto, pochi sanno però che Cappella degli Scrovegni è stata fra i primi monumenti italiani a essere riprodotto in fotografia in modo sistematico e puntuale: fu Carlo Naya, uno dei pionieri italiani della fotografia, a ammortarla per la prima volta nell’estate del 1863, a meno di venticinque anni dall’invenzione ufficiale di questa tecnologia.  Il percorso espositivo de Lo scatto di Giotto parte dalle prime riproduzioni degli affreschi giotteschi, in uno scenario in bianco e nero creato grazie alle rare e preziose lastre fotografiche realizzate da Luigi Borlinetto a partire dal 1883, patrimonio della Biblioteca Civica di Padova. Queste portano il visitatore a scoprire dettagli poco noti e punti di vista inconsueti, restituendo all’osservatore contemporaneo l’esperienza di un visitatore della seconda metà dell’Ottocento.

La mostra si affaccia poi al Novecento attraverso le celebri campagne fotografiche Alinari e di Domenico Anderson, il cui valore si intreccia con quello dell’editoria d’arte e di divulgazione. Sarà proprio grazie alle campagne fotografiche della Casa Editrice Alinari di Firenze che le immagini di Cappella degli Scrovegni verranno inserite nei cataloghi d’arte a partire dal 1906 e faranno il giro del mondo grazie alle edizioni tradotte in lingua inglese e francese. Ad Alinari si deve anche la prima campagna di fotografie della Cappella degli Scrovegni a colori: siamo nel 1952 e il capolavoro di Giotto è già diventato soggetto di un’opera cinematografica.

Nel 1938 il giovanissimo regista Luciano Emmer realizza il primo film sulla Cappella degli Scrovegni: Racconto da un affresco. Girato in 35 mm utilizzando una vecchia macchina da presa Pathé del 1913 e una truka artigianale, utilizzata per realizzare animazioni, riprese speciali, effetti particolari, Emmer eseguì lo storyboard disegnando a carboncino sulle fotografie e riprendendo poi fotogramma per fotogramma, ammettendo che “il film su Giotto può essere considerato il primo film neorealista italiano perché a ben vedere le pareti della cappella degli Scrovegni sono di fatto una specie di storyboard: mi sono limitato a filmarlo”. Più tardi anche Pier Paolo Pasolini fece suo il capolavoro di Giotto, utilizzandolo esplicitamente nelle scene del Decameron del 1971.

L’affascinante immaginario della Cappella degli Scrovegni sviluppatosi nel corso dei secoli è anche tema delle più avanzate tecnologie di riproduzione fotografica. La mostra invita infatti l’osservatore anche ad immergersi nella ricostruzione digitale del capolavoro di Giotto, concretizzando in un’esperienza nuova la proposta più innovativa avanzata da Giotto nel quattordicesimo secolo: che l’osservatore potesse entrare nel racconto che egli stesso aveva realizzato, così come fra Ottocento e Novecento avevano già fatto quanti si dedicarono alla riproduzione dei suoi affreschi.

La mostra, che resterà aperta fino al 7 aprile 2024, è realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di AcegasApsAmga S.p.A.  in collaborazione con Scripta Maneant Editori, Factorcoop S.p.A., Emilro Service e con il patrocinio di Commissione Nazionale Italiana UNESCO, Ministero della Cultura, ICOMOS, ICCROM.


Da Studio ESSECI info@studioesseci.net ù

Messina, Biblioteca Regionale: “Granelli di Polline” di Lia Savarino, studiosa di Imenotteri

Presentazione del LIBRO
“GRANELLI DI POLLINE”
di Lia Savarino

29 OTTOBRE 2023 ore 10:30
Sala Lettura
via I Settembre,117-Palazzo Arcivescovile

Domenica 29 ottobre 2023, alle ore 10:30, presso la Sala Lettura della Biblioteca Regionale Universitaria di Messina, si terrà la presentazione del libro “Granelli di Polline”, opera prima della Studiosa Lia Savarino, EBS Print, 2023.

L’iniziativa culturale si aprirà con i Saluti Istituzionali e l’Introduzione della Direttrice della Biblioteca Regionale Avv. Tommasa Siragusa, che fungerà poi da Moderatrice. Seguirà l’importante relazione del Dott. Guido Bissanti, Agronomo e Presidente del Coordinamento Agroecologia Sicilia. Sarà presente l’Autrice.

Nel 2017, l’ONU ha deciso di dedicare all’insetto pronubo per eccellenza un giorno tutto suo. Il 20 maggio ricorre dunque la Giornata mondiale delle api. È un’occasione per far conoscere questa specie protetta e il ruolo fondamentale che svolge per il benessere del nostro pianeta, e volta a sensibilizzare sull’importanza basilare nella sopravvivenza dell’uomo sulla terra.

La Biblioteca “Giacomo Longo”, come sempre assecondando opportune testimonianze e studi su argomenti di interesse socio-ambientale, intende sollecitare un approfondimento della tematica intorno alle api, per mettere il focus sulla loro centralità nella perpetuazione delle specie, con le connesse minacce incombenti a seguito della loro progressiva scomparsa, attraverso la preziosa pubblicazione di Lia Savarino, unica nel suo genere.

Studiosa di Imenotteri, la Savarino propone, infatti, con il testo un vero e proprio viaggio alla scoperta del mondo delle api. Gli insetti sono per Lei più che una passione, a loro si dedica con spirito di abnegazione, perfezionando vieppiù la sua ricerca. Ha partecipato a numerose giornate di studio e di incontro, coinvolgendo i partecipanti e favorendo l’approccio delle nuove generazioni al mondo meraviglioso della “dimensione Apoidei”.

La Scrittrice si accosta da adolescente alla tradizione contadina, anche a seguito di contingenze familiari, le cui vicissitudini la conducono in terra di Sicilia, a San Biagio Platani (Ag), luogo d’origine dei genitori. “La tenuta del padre, -come l’autrice rivela- un appezzamento di terreno esteso e fertile, le apre un mondo a lei sconosciuto: alberi, piante, colture, fiori selvatici di ogni tipo e piccoli insetti alati di varie fogge. Si appassiona così agli Apoidei il cui ronzio le arriva alle orecchie e le accarezza il cuore.”

(a cura di Maria Rita Morgana)


Post dell’iniziativa culturale saranno presenti sulle pagine social della Biblioteca:

Chi non potrà prendere parte all’evento in presenza, potrà scrivere sui social commenti e domande da rivolgere ai Relatori durante l’incontro.
Nei giorni a seguire sarà disponibile il video.

Per INFO:     Ufficio Relazioni con il Pubblico
                       tel.090674564
                       urpbibliome@regione.sicilia.it
                                 (A cura di Ufficio Relazioni con il Pubblico. Maria Rita