Ospedale Villa Bellombra (BO): con l’arte fiorisce il benessere dei pazienti – Mostra di Elham M. Aghili 

Elham M. Aghili FIORITURA IN CORSO

Ospedale Villa Bellombra: qui l’arte fiorisce per il benessere dei pazienti

Fioritura in corso di Elham M. Aghili è il titolo della mostra che l’Ospedale Villa Bellombra di Casteldebole, a Bologna, si appresta ad accogliere per offrire ai pazienti e a tutti i visitatori un messaggio positivo e di rinascita. L’inaugurazione è prevista mercoledì 25 ottobre alle ore 15 alla presenza della direzione sanitaria e del personale dell’ospedale insieme all’artista iraniana Elham Aghili e alla curatrice Eleonora Frattarolo. 

Dopo la mostra fiabesca di Angelo Maisto, l’atrio dell’ospedale riabilitativo Villa Bellombra continua a popolarsi di opere ispirate alla natura, in una visione sempre onirica ma stavolta configurandosi in una dimensione tridimensionale.
Si tratta infatti di installazioni di fiori e piante costruite da Elham M. Aghili con una tecnica che utilizza i filati di scarto, sostenuti da un “anima” di capsule di medicinali in plastica, anch’essi scarti, in un’ottica di riciclo e sostenibilità dei materiali.

Grazie all’attenzione e all’investimento nel valore terapeutico dell’arte del Consorzio ospedaliero Colibrì, l’ospedale Villa Bellombra ha voluto destinare il proprio atrio a mostra d’arte permanente per rendere più leggera e piacevole l’atmosfera di un ambiente ospedaliero.

“Crediamo moltissimo nell’arte soprattutto quando porta con sè un messaggio sociale e inclusivo. Abbiamo scelto una artista donna anche in riferimento alla centralità che hanno le donne nel nostro Bilancio di Genere. Questa iniziativa artistica sarà arricchita ed integrata da una mostra diffusa nel giardino di Villa Bellombra che ospiterà delle opere in sintonia con i progetti riabilitativi dell’ospedale” – dichiara il Cav. del lavoro Averardo Orta amministratore delegato del Consorzio Colibrì.

Villa Bellombra – foto Giacomo Maestri

La mostra è un’iniziativa a cura di The Rooomconcept agency specializzata in tematiche legate alla sostenibilità ambientale, all’innovazione, alla creatività e alla responsabilità sociale.

“L’intervento di Elham M. Aghili a Villa Bellombra si configura come un grande prato collocato sul pavimento della hall, su cui sorgono fiori fantastici, piante surreali, fogliami immaginari. Una selva festosa costruita con filati coloratissimi che emana gioia di vivere ed energie positive” – queste le parole della curatrice della mostra Eleonora Frattarolo.

Elham M. Aghili

Elham M. Aghili si racconta

Sono sempre stata una grande osservatrice del rapporto tra l’essere umano, la natura e l’ambiente che lo circonda, e in esso ho individuato il mio viaggio nell’arte, provando a dare vita ad ambienti immersivi ed immaginifici che sono diventati man mano un micromondo personale parallelo a quello reale. Un micromondo tanto selvaggio, invasivo e quasi primitivo, quanto calcolato in ogni suo piccolo dettaglio. Grazie alle mie radici iraniane e al mestiere di famiglia, che mi hanno sempre portata a vivere a stretto contatto con i tappeti persiani, è stato istintivo riconoscere nei filati il materiale elettivo della mia ricerca, e ritrovare assonanze formali e simboliche con il processo di vita della natura per dare forma ed energia alla mia espressione artistica. I tappeti persiani sono una delle prime rappresentazioni figurative in tessile del giardino quale metafora del mondo,  metafora che nella mentalità persiana è vissuta come una visione interiore, oltre ad essere il nostro habitat. Una visione che in ogni modo cerca l’incontro col mondo, oggi caratterizzato da cambiamenti climatici devastanti, atroci guerre e pandemie globali. Ed è proprio In questo momento che anche nella mia ricerca l’arte ha continuato a svolgere il suo ruolo di sentinella. Gli intrecci si sono trasformati in ambienti ibridi, vivi e vivaci, talvolta immersivi. Come se il tempo si potesse fermare in un attimo a noi ignoto e fatato, in cui la vita si sovrappone alla sopravvivenza, lo stupore si sostituisce all’angoscia e il cambiamento torna a far fiorire la bellezza.

Elham M. Aghili

Eleonora Frattarolo curatrice della mostra racconta Elham M. Aghili

Nel comporre l’immaginario di fitta natura surreale ad alta densità, Elham M. Aghili si avvale di una pratica creativa nutrita di potente immaginazione e di una chirurgica abilità tecnica e fantastica. L’utilizzazione di filati Chanel usati, di capsule plastiche medicali adoperate come anime nelle singole opere, sono inoltre conseguenza di attenzione ecologica verso scarto e riciclo, e di sensibilità che nel manipolare e visionare il residuale, ne concepisce altra vita, ulteriori morfologie, moltiplicate e addizionate risultanze cromatiche. Le mani di Elham sono quindi mani fatate, in grado di tramutare fili singoli, solitari e modesti, in volumi plastici, scultorei, in splendidi fiori e piante avvincenti, dalle combinazioni coloratissime, sovradimensionate, stupefacenti. Energie cromatiche di una botanica che non attrae insetti, ma sembra proliferare e moltiplicarsi perché dotata di una linfa aliena nel nostro mondo, sconosciuta, davvero misteriosa. E a volte, a guardar bene, sembra anche che queste creature in forma di fiori e di piante siano incorporazioni materiche così esuberanti e movimentate anche perché traggono la propria fonte vitale non solamente dal suolo, dall’aria e dalla luce, ma addirittura da propensioni carnivore, pur sempre fiabesche, incredibili e sorprendenti.            

Eleonora Frattarolo


Ufficio stampa
AD Communications

Image
Tel. 051 0959972
Via Odofredo, 6 – 40136 Bologna
www.adcommunications.it

Roma, Spazio Urano: Strutture 2009-2023 – Open studio di Francesco Campese

Autoritratto

Strutture 2009-2023
Open studio di Francesco Campese

a cura di Simona Pandolfi

Sabato 28 ottobre 2023, ore 18.00

Evento all’interno della Rome Art Week (23-28 ottobre 2023)

Spazio Urano, via Sampiero di Bastelica 12 – Roma (Pigneto)

In occasione della Rome Art Week 2023, Francesco Campese ha deciso di aprire le porte del suo studio, Spazio Urano, mostrando ai visitatori una serie di lavori realizzati in differenti anni di attività, ma accomunati dal medesimo interesse per le strutture architettoniche e il loro inserimento nello spazio.

In occasione della Rome Art Week 2023, Francesco Campese ha deciso di aprire le porte del suo studio, Spazio Urano, mostrando ai visitatori una serie di lavori realizzati in differenti anni di attività, ma accomunati dal medesimo interesse per le strutture architettoniche e il loro inserimento nello spazio.
I lavori realizzati tra il 2009 e il 2013 si distinguono per l’originalità della rappresentazione del contesto urbano: scorci di edifici, strutture che si alzano verso il cielo, viste dall’alto o dal basso, inquadrature da destra o da sinistra, e il volto della città che velocemente muta ma continua a dialogare con la sua storia. All’inizio Campese ha indagato la realtà circostante meditando sull’incidenza della luce sulle strutture in tutte le sue variabili, successivamente la sua ricerca è progredita oltre la dimensione reale.

In una cospicua serie di lavori successivi, realizzati tra il 2013-2015, l’artista ha elaborato misteriose strutture architettoniche dal sapore antico, quinte teatrali senza attori, che rievocano l’insegnamento dei Maestri del Trecento e del Quattrocento, le leggi della prospettiva rinascimentale e le atmosfere sospese della Metafisica e del Realismo magico.

Omaggio alla terra

Dopo lo studio dei Maestri e la realizzazione di opere incentrate sul tema del paesaggio, Campese è ritornato sul tema delle strutture. Nei recenti lavori da una parte ha conservato lo stile asciutto e ritmato delle opere iniziali, dall’altra ha acquisito una maggiore consapevolezza plastica delle forme geometriche, che vengono inquadrate in soluzioni di volta in volta sempre più ardite, spesso sospese e avvolte da un’atmosfera metafisica.

Come afferma l’artista, «nelle opere più recenti l’intento è quello di uscire fuori dalla rappresentazione della città, quindi dalle strutture urbane, e di afferrare qualcosa che si avvicina al “divino”, prendendo spunto da misteriose strutture antiche, come le piramidi, i monoliti, la porta del sole. Indagare appunto il mistero: è quello che cerco di trasmettere allo spettatore».

In alcune tele del 2023, soprattutto in quelle di piccole dimensioni, le strutture sembrano addirittura voler balzare fuori dallo spazio prospettico per procedere incontro allo spettatore, ipotizzando quasi una futura evoluzione delle “Strutture” di Francesco Campese verso l’esplorazione delle profondità della modellazione 3D.


Informazioni
L’open studio sarà visitabile su appuntamento durante la Rome Art Week
Sabato 28 ottobre 2023, ore 18.00, incontro con Francesco Campese in studio

Per appuntamento: tel 3290932851; e-mail info@spaziourano.com

Roma, Capitolium Art: ANTONIA DI GIULIO – L’addio della Duchessa

Mercoledì scorso si è svolto un particolare opening a Spazio all’Arte, che sanciva la svolta artistica di Antonia Di Giulia raccontata dall’ambasciatore Umberto Vattani.
La mostra è in corso a Roma a Spazio al’Arte in via delle Mantellate 14b,  con le grandi tele della pittrice e le fotografie di Mario Schivano. I testi critici del Catalogo firmati da Achille Bonito Oliva. 

Il 19 ottobre scorso, nella sede romana della Casa d’aste Capitolium Art, Spazio all’Arte, ha avuto luogo un evento particolare, “L’ADDIO DELLA DUCHESSA”. Un’artista, identificata per anni come la “Duchessa della pittura”, ed un abito che da fisico diventa per anni mentale e artistico. Proprio in questo spazio in Via delle Mantellate, dove lavorava e abitava Mario Schifano, Antonia Di Giulio incontra il Maestro. Nacque, complice un abito settecentesco, da Duchessa di Valmont, un dialogo che dette inizio al ruolo della Duchessa per Antonia Di Giulio. “L’epoca del Rococò, quando l’horror vacui barocco diventa capriccio teso all’eccentricità e diventa in qualche modo ansietà da camera, diventa sentimento domestico interpretato in maniera festevole dall’abito della pittrice, dalla Duchessa della pittura che porta al passaggio dell’abbigliamento in uno spazio che è quello della esemplarità” scrive Achille Bonito Oliva nel testo critico del Catalogo della mostra. – “È un abito che non avrei voluto togliere mai” – ha commentato Antonia Di Giulio all’opening. Ad ogni tela esposta nelle mostre della pittrice è sempre affiancato uno degli scatti che Mario Schifano fece in questo studio. Fino ad oggi, quando l’Artista decide di cambiare direzione al suo percorso artistico.

Mentore di Antonia Di Giulio da sempre. Achille Bonito Oliva definisce la sua arte “pittura che viaggia dal ‘700, sfonda il 2000 nella coscienza di una durata che l’ambivalenza, il doppio gioco dell’arte di tessitura e superficie, travestimento e abbigliamento, velocità e regressione, ridondanza e disciplina, possano prolungare la vita ad un’arte oggi sempre più mortificata da una tecnologia che ne assorbe tutti i risultati scremandone la sua utopia. Antonia di Giulio conserva invece dell’utopia il concetto, la definizione u-topos, dal greco “non luogo”. “Ella si sospende nel tempo e attraversa lo spazio della pittura, si disloca in una oscillazione, una sorta di altalena Watteau del ‘700, ci introduce in questo viaggio verso Chythera, un viaggio verso la poesia su un’altalena che ha alle spalle il ‘700 e di fronte il 2000″. 

Nell’incontro che ha aperto il 19 ottobre la mostra, introdotto dal Responsabile di Spazio all’Arte, Willy Zuco, l’Ambasciatore Umberto Vattani, cultore dell’arte, ispiratore tra l’altro dell’operazione artistica della Collezione Farnesina a Roma, racconta di come Schifano abbia intravisto nella allora giovanissima Antonia una fonte nuova di ispirazione anche per lui, sempre curioso, sempre in costante ricerca. Schifano le fa indossare l’abito, in una curiosa esperienza fotografica e pittorica e un costante gioco tra coperto ed esibito, cogliendo l’occasione di variare sul tema del Barocco. Le pennellate di Schifano su alcune delle fotografie, in particolare quelle che disegnano ali intorno al corpo di Antonia, quasi a farne un angelo, ispirano a loro volta verso l’alto la pittura di Antonia Di Giulio, come si nota nelle grandi tele delle “Nuvole” in mostra a Spazio all’Arte. Tra le fotografie di Schifano esposte inoltre, ha evidenziato l’Ambasciatore Vattani, alcune già indicano l’imminente svolta: la necessità della pittrice di svestirsi di quell’abito e voltare pagina. Così indica la grande fotografia realizzata su carta d’argento e montata come un ritaglio su una tela bianca a sancire il passaggio della pittrice da un luogo a un altro; e così un’altra foto esposta, dominata dalla trasparenza, dove si distinguono solo i tratti del volto e Antonia tiene in mano un oggetto sfumato, che si rivela essere una piccola tela, la tela con la quale l’artista darà inizio ad un nuovo percorso.  

La mostra “L’addio della Duchessa”, con le fotografie di Mario Schifano e le grandi tele di Antonia Di Giulio, è visitabile a Spazio all’Arte, Via delle Mantellate 14b, dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 19.00.

Sabato 28 ottobre prossimo, dalle 16.00 alle 21.00, il Finissage della mostra, nell’ambito della partecipazione di Capitolium Art alla Rome Art Week.

L’ingresso è libero. Per informazioni: comunicazione@capitoliumart.it


Comunicazione
Spazio all’Arte – Capitolium Art Roma
e-mail: comunicazione@capitoliumart.it