Bologna, MAMbo: Apre la mostra “The Floating Collection”

The Floating Collection

Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying, Alexandra Pirici
Mostra collettiva a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni

28 ottobre 2022 – 8 gennaio 2023
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Sala delle Ciminiere
Via Don Giovanni Minzoni 14, Bologna
www.mambo-bologna.org

Opening giovedì 27 ottobre 2022 h 18.30

Il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna apre la stagione autunnale delle mostre con The Floating Collection, collettiva che nasce dal desiderio di studiare le ricchissime collezioni dei musei bolognesi – del Settore Musei Civici Bologna e di altri sistemi museali cittadini – tramite lo sguardo di sei artiste e artistiAlex Ayed (Strasburgo, 1989), Rä di Martino (Roma, 1975), Cevdet Erek (Istanbul, 1974), David Jablonowski (Bochum, 1982), Miao Ying (Shanghai, 1985), Alexandra Pirici (Bucarest, 1982).
In preparazione della mostra, tramite visite, incontri di approfondimento con il personale museale e derive spontanee, numerose collezioni e luoghi significativi della città sono stati trasformati in risorse, in una “piattaforma di ricerca” in grado di aprire traiettorie di indagine socio-culturale ed estetica.

The Floating Collection, a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, trae ispirazione dal dibattito e dai processi di decolonizzazione avviati nei musei etnografici e antropologici di tutto il mondo che, dagli anni Novanta, si sono impegnati in una revisione della storia dei propri patrimoni, sperimentando nuovi approcci di indagine sulle collezioni e di mediazione con il pubblico.
Inscrivendosi in tale contesto, la mostra pone attenzione sui linguaggi delle arti visive proponendoli come strumenti in grado di rileggere le storie della città, riattivarle e re-immaginarle con gli occhi sgombri dalle strutture narrative e dagli approcci metodologici consueti.
All’impostazione enciclopedica e catalogatoria che caratterizza il modello museale occidentale e moderno, la “collezione fluttuante” si contrappone muovendosi sui confini delle discipline senza delineare regole o letture unitarie ma ponendo domande, offrendo immaginari e tenendosi aperta a continue oscillazioni e variazioni.
Protagonisti del progetto non sono tanto gli oggetti delle collezioni dei musei bolognesi, quanto le idee e gli immaginari emersi da una loro riconsiderazione. Le artiste e gli artisti ci accompagnano così in una riflessione sulla museologia e sulle sue sovrastrutture, sulla storia socio-culturale del territorio, sulla natura evocativa di manufatti e altre curiositates, sulle potenzialità della creazione di mondi fittizi in grado di fare luce sul modo in cui a tutt’oggi organizziamo e valorizziamo le informazioni.
Soffermandosi sui metodi tramite cui le arti visive si rapportano allo studio della società, la mostra diventa anche un esempio della polifonia di stili, tecniche e approcci che caratterizzano le arti contemporanee più recenti.
Nella programmazione del MAMbo, The Floating Collection si inserisce e al contempo tenta di andare oltre il filone d’indagine inaugurato nel 2020 e proseguito nel 2021, in piena situazione pandemica, dal ciclo di focus espositivi RE-COLLECTING, in cui opere già esistenti, appartenenti alle collezioni dei musei civici, erano sottoposte a nuove prospettive interpretative con l’obiettivo di rinnovare e rendere più dinamica la relazione con i visitatori e proporre inusuali percorsi di senso.
Tra le fonti di ispirazione comuni sia a RE-COLLECTING che a The Floating Collection,come evidenzia Lorenzo Balbi in uno dei saggi introduttivi della pubblicazione in uscita con l’apertura della mostra, vi è la visione di Franco Solmi, direttore della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, che nel suo discorso di insediamento nel 1975 delineava l’identità, la missione e la visione della nascente GAM:

“Il museo, nel suo essere struttura coinvolgente e coinvolta nella realtà della città e del territorio e, nello stesso tempo, filtro naturale di esperienze che questa realtà travalicano, può divenire centro culturale nel senso più ampio del termine, ove le cose che diciamo della cultura non solo si presentano, ma si creano, si discutono e magari si contestano per dar vita a quel dibattito fra diversi orientamenti ideali in cui si concreta una politica della cultura che non voglia essere solo nominalmente pluralistica. […] I programmi non dovranno essere visti come giustapposizione di una manifestazione all’altra o semplice somma di iniziative diverse, ma come ciclo di attività finalizzate al dibattito su un problema, che non può certo esaurirsi in una soluzione, anche temporale, fissata in anticipo. […] Ecco perché mi sembra giusto sostituire al concetto di mostra quello più comprensivo e aperto di attività”.

Facendo propria e attualizzandotale visione, The Floating Collection si spinge oltre quanto già attuato con RE-COLLECTING, chiedendo ad Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying e Alexandra Pirici di produrre, dopo aver visitato e conosciuto le collezioni dei musei bolognesi, opere completamente nuove, ispirate alle suggestioni ricevute durante le visite, che del patrimonio culturale cittadino propongono interpretazioni completamente nuove e originali.
Lo spazio della Sala delle Ciminiere diventa così contenitore di una nuova “collezione fluttuante” che ci interroga, lasciandoci tutt’altro che passivi spettatori, come spiega efficacemente Caterina Molteni nel suo saggio introduttivo sulla mostra:

“La collezione fluttuante galleggia nell’aria per essere nuovamente osservata chiedendosi quali altre traiettorie possono essere generate da essa, in che modo le sue parti, con le storie che custodiscono, sono in grado di suggerirci nuove vie di indagine, non solo sul museo ma sul mondo che ci circonda. L’assenza di gravità diventa quindi l’occasione per togliere le mani dai fianchi, alzarle verso gli oggetti, iniziare a rigirarli con attenzione e porci alcune domande.”

Sono diverse le fonti e gli spunti che si possono rintracciare nei lavori in mostra:
Alex Ayed, per arrivare alla realizzazione della serie Sun Drawings, che include strisce per eliofanografo provenienti dal Museo della Specola, ha trascorso diverse settimane a Bologna visitando le collezioni museali della città, con particolare attenzione a quelle del Sistema Museale di Ateneo. Affascinato dalla natura enciclopedica delle collezioni scientifiche e didattiche raccolte dall’Università di Bologna nei secoli, l’artista si è interessato ai diversi metodi di catalogazione e misurazione messi in atto dall’essere umano per studiare il cosmo e le altre creature terrestri.
Rä di Martino
, nelle musiche composte da Mauro Remiddi per il video Moonbird, rielabora campioni sonori di strumenti musicali antichi, parte della collezione del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna.
Cevdet Erek, per la sua installazione architettonica site-specific ha adottato una prospettiva ampia: in un processo di misurazione esteso all’intera città, l’artista si è interessato ai ritmi e alle pause rintracciabili lungo le strade, i musei, tra i portici e le torri, fino alla Sala delle Ciminiere del MAMbo che ospita il lavoro. La sua opera include un prestito del calco in gesso del XIX secolo della croce scolpita (IX-X secolo) originariamente posta all’esterno di San Lorenzo a Varignana, proveniente dal Museo Civico Medievale di Bologna.
David Jablonowski presenta in mostra, oltre a una serie di lavori scultorei esistenti, una nuova produzione dal titolo Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) I-V, nata da una riflessione sulla storia dei materiali all’interno delle collezioni museali, luoghi in cui è possibile osservare come i concetti di innovazione e di obsolescenza hanno plasmato l’identità di specifici oggetti, e come gli stessi insieme alla tecnologia che proponevano sono stati significanti nel tempo di una certa idea di progresso.
Miao Ying, per Surplus Intelligence, nuova produzione filmica nata da una riflessione sull’azione di collezionare nella società contemporanea, ha tratto spunto dalle collezioni del Museo Civico Medievale e altre testimonianze del Medioevo in città per dar vita a un’opera che mette in relazione forme di sorveglianza e influenza del passato, come il sistema di indulgenze con processi contemporanei di raccolta di dati.
Alexandra Pirici, infine, porta a Bologna una versione a due interpreti della performance Re-collection, che si struttura come una collezione “vivente” i cui oggetti sono trasformati in movimenti, senza etichette né bisogno di classificazione. Opere d’arte reali e fittizie, frammenti di canzoni o poesie, oppure forme di vita reali e immaginarie sono ricordati attraverso i corpi, le voci e i movimenti dei performer.

Le istituzioni e i musei che, oltre al MAMbo, a vario titolo, sono stati oggetto di ricerca per The Floating Collection sono numerosi.
Per il Settore Musei Civici Bologna: Museo Civico Archelogico, Museo Civico Medievale, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini, Museo del Tessuto e della Tappezzeria “Vittorio Zironi”, Museo Morandi, Museo internazionale e biblioteca della musica, Museo del Patrimonio Industriale, Museo civico del Risorgimento.
Per il Sistema Museale di Ateneo | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna: Museo di Palazzo Poggi, Museo della Specola, Collezione di Zoologia, Collezione di Anatomia Comparata, Collezione di Antropologia.
Altre istituzioni cittadine: Pinacoteca Nazionale di BolognaCimitero Monumentale della CertosaOpificio delle Acque.

In concomitanza con l’esposizione esce il volumeThe Floating Collection (Edizioni MAMbo, testi in italiano e inglese), a cura di Caterina Molteni, pensato come una estensione della ricerca sulle collezioni dei musei bolognesi presi in esame. La pubblicazione si compone di una sezione introduttiva con i saggi dei curatori Lorenzo Balbi e Caterina Molteni; una parte dedicata agli artisti con un testo sull’opera in mostra e una collezione di appunti visivi provenienti dalla loro visita a Bologna come riferimenti che permettono di visualizzare la fase di ricerca; infine un capitolo con tre racconti inediti di Wissal Houbabi, Vaiva Grainytė e Lisa Robertson, che con stili narrativi molto differenti tra loro ampliano la riflessione sulle collezioni.


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Roma, Compartimento Polizia Stradale: “Chirone. Una pura formalità” di Lucrezia Testa Iannilli

CHIRONE
UNA PURA FORMALITÀ

di Lucrezia Testa Iannilli
A cura di Donatella Giordano
Testi di Donatella Giordano e Francesca Romana Fabris

Presentazione e talk 

Giovedì 27 ottobre 2022 ore 11.00 presentazione del progetto da parte dell’artista ed a seguire un talk con la presenza di ospiti e della Polizia Stradale che interverrà sui temi di sicurezza e prevenzione.

24 – 28 ottobre 2022

L’opera è visibile negli orari di apertura al pubblico:
LUN – VEN ore 9/12
MAR – GIO ore 9/12 – 15/17

COMPARTIMENTO POLIZIA STRADALE DI ROMA
Via Alessandro Magnasco 60 – Roma

“L’Ufficio Verbali del Compartimento Polizia Stradale di Roma diventa uno spazio espositivo per volere dell’artista Lucrezia Testa Iannilli.

Lo studio visit, pensato in occasione di Rome Art Week, nasce in prima analisi con l’intento di costruire una diversa dimensione per la fruizione dell’arte, scardinando paradigmi e abitudini consolidate che impediscono alle opere di assolvere alle loro funzioni reali.

L’artista è interessata a collocarsi in un centro che decontestualizza l’opera ma anche la sua posizione, creando un crocevia che unisce pubblica amministrazione, cittadini, forze dell’ordine e visitatori. In seconda analisi il lavoro presentato unisce la sua ricerca, legata da tempo alla meta-mitologia dei centauri contemporanei, alla figura di Chirone, mettendo in atto un parallelismo con il simbolo dello scudetto della Polizia Stradale e il loro progetto denominato appunto “Chirone” che forma agenti specializzati nella gestione degli incidenti stradali con particolare riguardo al supporto ed alla cura delle vittime coinvolte.

L’installazione si compone di un’unica immagine fotografica che ritrae di spalle l’ibrido mitologico. L’opera, confondendosi all’interno dello spazio, definisce i contorni di un’apparizione. Il titolo dell’installazione, infine, riconducibile a un linguaggio comune in termini di procedure burocratiche e anche un gergo poliziesco sottende a una lieve tensione che porta di conseguenza a una dissonanza cognitiva legata alla contraddizione.”

(Donatella Giordano)

CHIRONE
UNA PURA FORMALITA’

di Lucrezia Testa Iannilli

“Chirone” è il titolo dell’opera di Lucrezia Testa Iannilli, il suo Centauro contemporaneo,
un’installazione fotografica che per il Rome Art Week 2022 sarà esposta in un luogo
inconsueto, diverso da quelli solitamente preposti all’Arte: la sede di un Compartimento di
Polizia Stradale. L’idea non è solo che l’Arte si riappropri degli spazi del quotidiano, ma con
un passo ulteriore l’intenzione è quella di scardinare delle abitudini diventate regole, per cui la
sede espositiva debba essere un luogo ad hoc per l’opera, come ambiente fisico e possibile
fruizione di pubblico, dove qui invece, non è solo spazio della realtà quotidiana, ma un luogo
dell’ordine e del rispetto delle norme. Se l’Arte dunque per sua definizione dovrebbe
scardinare e andare contro lo status quo perché libera da costrizioni, qui l’azione diventa
ancora più significante e in qualche modo rivoluzionaria, proprio perché si inserisce in un
contesto non-usuale, “altro” e contrario per ipso facto alla libertà dell’Arte. Il Compartimento
della Polizia Stradale diventa così parte dell’opera stessa dell’artista, un contenitore
apparentemente in contrasto espressivo, ma in realtà complementare al messaggio
dell’opera. La scelta di L. T. Iannilli è dunque anche per scardinare certe abitudini consolidate,
che vogliono le opere artistiche relegate in spazi ben definiti, luoghi fisici ma soprattutto
ambienti sociali, rischiando così di chiudere l’Arte in un perimetro troppo delimitato e asfittico.
Lucrezia ha scelto l’opera del suo Centauro da esporre in un ufficio della Stradale perché a
quegli esseri mitologici, metà uomini e metà cavalli, sono state attribuite caratteristiche
spesso in netto contrasto, come l’estremo coraggio o l’estrema brutalità. Nella realtà
quotidiana, di fronte a situazioni d’emergenza talvolta ai limiti della resistenza sica e
psicologica, mantenere i nervi saldi, la calma e il coraggio diventa impresa molto difficile. Così
l’opera di Lucrezia si chiama Chirone, in riferimento al saggio maestro di Achille, esperto di
scienza medica, e qui ulteriore riferimento, e omaggio, a quegli agenti che hanno fatto duri
addestramenti per poter invece affrontare ogni situazione emergenziale, anche molto seria,
con la giusta preparazione. Nell’intenzione dell’artista c’è una volontà di rimanere al di fuori di
certe dicotomie, per cui l’arte debba essere per forza rivoluzionaria e contro il “Sistema”, per
non rischiare di incorrere in luoghi comuni e portare un messaggio omologato,
standardizzato. Lucrezia vuole rimanere fuori dai cliché, di modo che il suo gesto artistico non
venga incasellato in un modello predefinito, ma possa rimanere veramente originale. L’Arte
deve rimanere libera ma al contempo legata alla realtà da cui trae linfa, deve scardinare gli
schemi ma senza diventare uguale a se stessa, vincolata a tendenze che rischiano di
omologarla, e facendole perdere di vista la sua stessa natura: espressione senza leggi
predefinite, viaggio nelle profondità del sentire e nelle infinite possibilità del quotidiano,
rappresentazione fedele o contrasto, centauri e poliziotti, e una foto, come una visione, un
essere metà umano e metà cavallo, che spicca tra le sale di un ufficio di Polizia aperto al
pubblico, e ci ricorda che all’Arte non importa chi sei o dove ti trovi. È un richiamo collettivo,
istintuale, al di là di ogni meccanismo consolidato.


INFO

Ufficio Stampa

Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next

roberta.melasecca@gmail.com  
www.melaseccapressoffice.it

Reggio Emilia: A Palazzo Magnani arriva l’Arte Inquieta – 140 opere da Paul Klee ad Anselm Kiefer

Joškin Šilian

L’ARTE INQUIETA. L’urgenza della creazione

Paesaggi interiori, mappe, volti:

140 opere da Paul Klee ad Anselm Kiefer

Reggio Emilia, Palazzo Magnani

18 novembre 2022 – 12 marzo 2023

A cura di Giorgio Bedoni, Johann Feilacher e Claudio Spadoni

Cresce l’attesa per l’evento di riapertura della programmazione espositiva di Palazzo Magnani. Ancora meno di un mese e il pubblico potrà scoprire – a partire dal 18 novembre e fino al 12 marzo 2023 – quella che si prospetta essere la mostra più originale della stagione: “L’arte inquieta. L’urgenza della creazione. Paesaggi interiori, mappe, volti. 140 opere da Paul Klee ad Anselm Kiefer.

Decine di musei e di collezionisti privati hanno consentito di riunire una mostra di queste dimensioni e di questo valore, affidata alla curatela scientifica di Giorgio Bedoni, psichiatra e docente all’Accademia di Brera di Milano, Johann Feilacher, direttore del Museo Guggin di Vienna e Claudio Spadoni, noto storico dell’arte. 

La rassegna presenta una selezione di autori che hanno guardato alla propria realtà interiore e al mondo: sguardi sempre più necessari nello scenario attuale, dove “l’arte inquieta” è figlia di vicende personali e collettive, dell’urgenza espressiva dell’artista e dell’esplorazione degli infiniti volti ed espressioni dell’identità umana. Accanto ad autori di poetiche fondative la nostra modernità, come Alberto Giacometti, Jean DubuffetHans Hartung, Anselm KieferAntonio Ligabue, Pietro Ghizzardi, Cesare ZavattiniMaria Lai, Alighiero Boetti, Emilio Isgrò, Carla Accardi, in mostra saranno esposte opere talvolta provenienti da mondi esclusi, oggi considerate un prezioso e necessario archivio dell’immaginario: l’art brut, dunque, visionaria e dai linguaggi inediti. I grandi artisti del Novecento e dell’art brut, sono messi in dialogo con autori le cui opere inedite provengono dall’Archivio del San Lazzaro del Museo di Storia della Psichiatria di Reggio Emilia, oggi una tra le maggiori collezioni nel campo in Europa.

Gli autori e le opere si confrontano per affinità di generi e linguaggi in un percorso

espositivo ideato per stanze tematiche, in cui si indaga la bruciante vitalità che contraddistingue questi artisti e la loro inquieta ricerca sull’identità umana.

La prima sezione è dedicata al “VOLTO METAMORFICO”, inteso come ritratto del sé, che non rifiuta di indagare il proprio essere più intimo, oltre la reale fisiognomica, verso colori e somiglianze altre. La seconda sezione affronta invece il tema “SERIALITÀ, OSSESSIONI, MONOLOGHI INTERIORI“, dove l’identità dell’autore diventa doppia, poi molte, fino a diventare paesaggio, interiore e labirintico. Infine la stanza dedicata alle “CARTOGRAFIE, MAPPE E MONDI VISIONARI”, che riunisce opere in cui la cartografia artistica del Novecento e dell’età contemporanea rende visibile un repertorio di ideologie, di visioni del mondo, di concezioni spaziali nati da bisogni d’espressione radicati in mitologie private e in riti collettivi.

Arricchiranno la mostra una serie di attività collaterali – visite guidate, lezioni, conferenze, attività formative e didattiche per scuole di ogni ordine e grado, corsi di aggiornamento per insegnanti, eventi esclusivi e a porte chiuse per aziendeprogetti speciali per soggetti con fragilità, – realizzate in collaborazione con importanti istituzioni, con l’obiettivo di riferirsi a tutti i pubblici possibili, nella convinzione che l’arte generi benessere e che abbia un ruolo fondamentale nella costruzione e nello sviluppo di una solida identità individuale e sociale.

 “L’Arte Inquieta”, infatti, non è solo una grande mostra che riunisce per stanze tematiche opere straordinarie, ma è anche l’espressione di un progetto sociale cui la Fondazione Palazzo Magnani ha dato vita insieme alla città di Reggio Emilia. La mostra a Palazzo Magnani, infatti, è l’apice di “Identità Inquieta“, il cartellone di iniziative culturali, mostre, eventi e appuntamenti, promosso da Comune di Reggio Emilia, Fondazione Palazzo Magnani e Farmacie Comunali Riunite, in cui tutte le istituzioni cittadine dialogano con l’obiettivo comune di riflettere sul tema dell’identità sociale, educativa e culturale della città a partire dalle domande che con urgenza emergono dai contesti più fragili e inattesi.

Manca meno di un mese, quindi, ma per i visitatori più solerti, Palazzo Magnani ha già attivato la possibilità di acquistare il biglietto con offerta “early bird”, al prezzo speciale di 9€ invece che 12€ , on line su www.palazzomagnani.it


Ufficio stampa: Studio ESSECI di Sergio Campagnolo s.a.s.
Simone Raddi; simone@studioesseci.net

Ufficio stampa Fondazione Palazzo Magnani
Stefania Palazzo; s.palazzo@palazzomagnani.it
Elvira Ponzo; e.ponzo@palazzomagnani.it

Cristiano Berti, “Eredi Boggiano”: libro d’artista vincitore dell’Italian Council | Edito da Quodlibet

Eredi BoggianoIl nuovo libro d’artista di Cristiano Berti

Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Il libro fa parte del secondo dei Cicli futili, una serie di opere ibride nella quale l’autore scopre affinità e distanze tra ricerca storica e ricerca artistica.

Eredi Boggiano è il titolo del nuovo libro d’artista di Cristiano Berti, edito da Quodlibet e realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Eredi Boggiano fa parte del secondo dei “Cicli Futili” una serie di opere ibride nella quale Berti scopre affinità e distanze tra ricerca storica e ricerca artistica che si traduce in un travestimento dell’autore, che da artista diventa storico, mantenendo la sua penna poetica. Al centro della nuova indagine di Cristiano Berti c’è la figura di Antonio Boggiano, un facoltoso commerciante italiano vissuto a Cuba nella prima metà dell’Ottocento, e delle persone che egli possedette, come schiavi di casa o nella sua piantagione di caffè.

Si legge nel risvolto del libro: “Cosa resta di Antonio Boggiano, nato a Savona nel 1778 e morto a Trinidad di Cuba nel 1860? Intraprendente, scaltro, benestante, anzi, almeno in certi momenti della sua vita, si potrebbe dire, ricco. Committente di un bell’altare di marmo bianco che si trova oggi nella chiesa più importante di Trinidad. Padre severo eppure amorevole di numerosi figli e figlie. Un uomo che prima di terminare l’esistenza, e cadere nell’oblio, ha lasciato numerose prove del suo laborioso cammino: tracce facili da scoprire con gli strumenti della ricerca storica, che in casi come questo paiono essere ben affilati, e capaci di incidere in profondità.

Ma vi è pure dell’altro, e a ben vedere è questo ciò che maggiormente resta di Boggiano. Un seme dei tempi della colonia, intriso di avidità e cattiveria, che nel tempo si è trasformato e perpetuandosi ha perduto il gusto amaro delle origini”.

Frutto di cinque anni di ricerche, Eredi Boggiano è concepito come libro d’artista, ma prende la forma di un saggio scientifico di interesse storico, adottando la medesima veste editoriale del volume che lo ha preceduto Gaggini. Le Alpi e il Tropico del Cancro (Quodlibet, 2017). È proprio dalla ricerca compiuta su Gaggini che Berti trova lo spunto per questa nuova pubblicazione: l’autore scopre l’esistenza di Antonio Boggiano perché costui è un intermediario nella commissione allo scultore di due fontane per la città dell’Avana. Facendo ricorso ad un imponente apparato di fonti, Cristiano Berti intreccia le storie di Boggiano e delle persone che egli possedette come schiavi. Ad unire il tutto è il cognome, imposto agli schiavi e tuttora diffuso nella comunità afrocubana.

La struttura del libro è data da dodici capitoli seguiti da un’ampia sezione di fonti documentarie. Chiude il libro la conversazione con il critico d’arte e autore Seph Rodney, sull’arte e la rappresentazione e memoria della schiavitù di cui citiamo un passaggio: “La questione al centro di questo libro e del progetto artistico nel suo complesso è cosa fare di ciò che abbiamo ricevuto, sia che stiamo occupandoci del gruppo dei Boggiano, di te scrittore e interprete di una determinata storia, di un certo giallo storico e della cultura italiana che fa da cornice al suo mistero, e di me, erede di un ambiguo e disturbante lascito caraibico. (…) Tu hai cercato nel mistero dei Boggiano il materiale per un più ampio discorso su cosa siano i Caraibi. Trovo prezioso che tu abbia rivelato questa segreta storia di imprenditorialità, viaggi, sfruttamento, schiavismo, ambizione, mescolanza di etnie e culture, inesausta ricerca di auto-determinazione. Ti sei chiesto cosa farne, e hai risposto da ricercatore desideroso di dare alla storia una forma leggibile e comprensibile per il pubblico. E ti sei chiesto cosa farne come artista, districando fili nascosti e curiosi della storia dei Boggiano per vederli caricarsi di significato sul piano di una azione creativa“.

Il volume fa parte di un più ampio progetto intitolato Cicli futili Boggiano, del quale fanno parte due altre opere sviluppate dall’artista: un’installazione parietale formata da due grandi alberi genealogici al cui apice stanno persone nate in Africa diramandosi poi attraverso matrimoni avvenuti nella prima metà dell’Ottocento e un video in cui alcune storie raccolte dall’autore nella zona in cui si trovava un tempo la piantagione di caffè di Antonio Boggiano intersecano la conversazione una famiglia di Boggiano afrocubani. La presentazione al pubblico di queste due altre opere è prevista per il 2023.

Il libro, data la sua rilevanza storica e artistica a livello internazionale, ha vinto la 10^ edizione dell’Italian Council promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura con il preciso compito di promuovere la produzione, la conoscenza e la diffusione della creazione contemporanea italiana nel campo delle arti visive. Eredi Boggiano sarà pubblicato da Quodlibet anche in lingua inglese e spagnola e nei primi mesi del 2023 l’autore sarà protagonista di un tour promozionale all’estero per raccontare oltre confine il frutto del suo lungo lavoro. Infatti, il progetto, prodotto dall’Associazione Altroquale, si avvale di importanti partner culturali e internazionali che, a partire dal 2023, ospiteranno tutti un appuntamento dedicato alla presentazione del libro: Museo Nacional di Bellas Artes de Cuba (L’Avana), Instituto de Estudios Crìticos 17 (Città del Messico), University of Texas Arlington (Arlington, USA), Universidad de Màlaga – Facultad de Bellas Artes (Malaga, Spagna), Photography and the Archive Research and Centre della University of the Arts London – London college of communication (Londra).

In Italia sono previste diverse tappe di presentazione del libro. Il primo appuntamento si terrà il 6 novembre 2022 alla fiera d’arte contemporanea Artissima. A Torino Berti dialogherà con il semiologo Ugo Castagnotto sul rapporto tra arte contemporanea e passato e del ruolo della memoria storica nella costruzione dell’identità ricostruendo la cornice concettuale nella quale si è svolta la ricerca di Eredi Boggiano. L’autore terrà poi un seminario presso l’altro partner italiano del progetto, l’Accademia di Belle Arti di Macerata.

BIOGRAFIA CRISTIANO BERTI

CRISTIANO BERTI (Torino, 1967) è un artista visivo; vive e lavora a Jesi. Adopera principalmente i medium della fotografia, del video e dell’installazione. Tra le personali: Uqbar, Berlino (2017); Villa Croce Museo d’Arte Contemporanea, Genova (2015); Alert Studio, Bucarest (2014); Mole Vanvitelliana, Ancona (2012); P74 Center, Lubiana, Slovenia (2010); Stanica, Zilina, Slovacchia (2008); Carbone.to, Torino (2006, 2003, 2000). Tra le collettive: Paridad Jojaha (3a Bienal Intern. de Asunción, 2020); Récits des Bords de l’Eau (4me Biennale Intern. de Casablanca, 2018); Black Disguises (Museum of Modern and Contemporary Art, Rijeka, 2017); Residual (New Art Exchange, Nottingham, 2015); Overlapping Biennial (5th Biennial of Young Artists, Bucarest, 2012); Roma-Sinti-Kale-Manush (Autograph ABP, Londra, 2012); Da Guarene all’Etna (Fond. Sandretto Re Rebaudengo, Guarene, 2009); Artist-Citizen (49th October Salon, Belgrado, 2008);Speaking Volumes (Holter Museum of Art, Helena, US, 2008); Sexwork (NGBK, Berlino, 2006); BIG 2002, 2.a Biennale Internazionale di Torino (2002). Insegna all’Accademia di Belle Arti di Macerata. 


INFORMAZIONI UTILI

Eredi Boggiano
di Cristiano Berti
Edito da Quodlibet

Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura

PARTNER: Accademia di Belle Arti di Macerata, Artissima, Museo Nacional di Bellas Artes de Cuba (L’Avana), Instituto de Estudios Crìticos 17 (Città del Messico), University of Texas Arlington (Arlington, USA), Universidad de Màlaga – Facultad de Bellas Artes (Malaga, Spagna), Photography and the Archive Research Centre @University of the Arts London – London college of communication (Londra).

SCHEDA DEL LIBRO: https://www.quodlibet.it/libro/9788822920089
pp.256
ISBN: 978-88-229-2008-9
PREZZO: € 25

PAGINA FACEBOOK DEL PROGETTO CICLI FUTILI: www.facebook.com/FutileCycles
SITO DELL’AUTORE: www.cristianoberti.it

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