Presentazione di Francesco Manacorda, nuovo Direttore del Museo d’Arte Contemporanea

CASTELLO DI RIVOLI – veduta esterna – Foto Paolo Pellion

Francesca Lavazza, Presidente del Museo, nel dare il benvenuto al nuovo Direttore, ha affermato “Con l’ingresso del nuovo Direttore Francesco Manacorda, il Castello di Rivoli riconferma la propria identità e prospettiva nel contesto artistico internazionale. Da quarant’anni, il Museo ha sviluppato una cultura dinamica che ha consolidato la propria posizione di spicco nell’ambito dell’arte contemporanea e dei suoi linguaggi. Questa istituzione ha contribuito a esplorare la complessità della nostra epoca, partendo dai movimenti creativi che qui si sono generati, e che da qui si sono diffusi. Il Castello di Rivoli è un punto di riferimento per un pubblico sempre più ampio, grazie all’apertura verso nuove iniziative progettuali, che sono certa Francesco Manacorda porterà avanti con entusiasmo, lungimiranza e competenza. Fin dalla sua fondazione nel 1984, il Museo ha anticipato tendenze e sperimentazioni, che hanno permesso di comprendere e interpretare il mondo in continua evoluzione. Voglio augurare un buon lavoro al nuovo Direttore, e a tutta la squadra del Castello, per la realizzazione di un programma ambizioso quanto innovativo”.

Francesca Lavazza, Presidente, e Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli
Foto Andrea Guermani

La missione principale di un museo di arte contemporanea è quella di ‘incastonare’ l’arte nella società civile, rendendola visibile, rilevante e significativa.” – afferma Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – “In questo processo, il Museo deve costruirsi attorno una crescente comunità di persone che comprendano, interpretino e partecipino alle innovazioni artistiche. Il punto centrale di questa vocazione civica risiede nella modalità in cui il museo valida, ovvero dà forza e valore all’arte contemporanea, e nel suo dovere di abilitare il pubblico all’esperienza intellettuale ed emotiva di tale validazione. Il Museo ha chiari doveri verso il pubblico, gli artisti e la cultura di cui è strumento. Per il pubblico, il Museo deve essere una piattaforma in cui, attraverso la cultura, mette i suoi partecipanti in condizione di decodificare il mondo che li circonda. Nei confronti degli artisti, deve amplificare la loro voce e permettere loro di rappresentare i temi per loro più urgenti. In relazione alla cultura, il Museo ha il compito di far dialogare civiltà lontane e continuare ad arricchire il patrimonio artistico della sua comunità“.

Il nuovo Direttore del Castello di Rivoli Francesco Manacorda, che ha assunto l’incarico a inizio anno, ha incontrato la stampa martedì 30 gennaio 2024, per presentare le linee guida del suo mandato e il Programma espositivo 2024.

Rivoli è un museo costruito a partire dall’Arte Povera e in quanto tale ha il compito di narrare le storie dell’arte usando tale punto di partenza, tracciando le sue eredità e gli sviluppi del discorso artistico che tale movimento ha agevolati. Ciò nonostante, il Museo ha anche il dovere di inserire l’arte italiana nel discorso internazionale e viceversa, promuovendo dialogo, scambio e confronto, mantenendo un importantissimo equilibrio di genere e incorporando prospettive non occidentali per dare conto degli ineludibili processi culturali di cambiamento in atto oggi. Al fine di rendere l’arte più contemporanea accessibile al grande pubblico, saranno messi in primo piano temi di interesse generale che sconfinano il territorio dell’arte quali l’ecologia e il non-umano, la portata della spiritualità o gli impatti delle tecnologie digitali.

Uno dei punti di forza del Castello di Rivoli è il contrasto tra contenitore antico e contenuto contemporaneo che instaura la condizione unica di “futuro nel passato”: un posizionamento interculturale e “intertemporale” che è forse il più urgente per il Museo oggi. Per converso, un importante punto di forza di tutti i musei di arte contemporanea corrisponde alla dimensione del futuro implicata nella loro attività: gli artisti contemporanei anticipano il futuro e il museo, seguendoli, deve diventare un luogo dove il futuro viene immaginato e portato alla luce. È dunque necessario lavorare a un programma espositivo ed educativo diversificato adatto al XXI secolo. Il Museo deve aiutare il suo pubblico a navigare il futuro: il valore più grande dell’esperienza artistica è quello in cui l’arte ci porta per mano in territori, situazioni e percezioni sconosciuti e inattesi.

Solo metà del Museo è definita dalle sue attività culturali, l’altra metà della sua identità è il suo pubblico. La necessità del Castello di Rivoli di costruire rilevanza per un pubblico più vasto non va solo – pur abbracciandola – nella direzione dei numeri, ma ambisce a farsi carico di mettere il Museo nel cuore della popolazione. Il pubblico è moralmente il proprietario del Castello e del suo patrimonio, con la collezione in primis: si tratta di trasformare tale proprietà civica in proprietà affettiva. Se quindi l’obiettivo primario è l’incremento graduale dei visitatori, l’effetto secondario deve includere la dissoluzione nel pubblico della percezione del Museo come luogo elitario, incomprensibile e lontano.

Per rendere il Castello di Rivoli un patrimonio affettivo condiviso e una destinazione abituale e ricorrente, si rende necessario fare in modo che esso sia uno spazio sociale per pubblici diversi. A tal fine bisogna trovare un luogo di incontro anche tra campi diversi, attraverso la creazione di un “polo del contemporaneo” intorno al Museo in modo da connettere territori e discipline diverse, al di là della disciplina delle arti visive in senso stretto, tutte però incastonate nel presente e proiettate nel futuro.

Connettere le culture attraverso lo spazio e il tempo non si esaurisce in un compito accademico, ma comprende una vera e propria attività di diplomazia culturale e di tessitura sociale. Il museo è simile a un intellettuale pubblico, che aspira a stimolare dibattiti e riflessioni rilevanti sul nostro tempo, condividendo strumenti per pensare facilmente utilizzabili, che permettano di promuovere scambi e crescita per la comunità e la sua produzione culturale. Quale spazio di confronto, scontro e incontro, il museo diventa un luogo dove mettere alla prova la complessità del reale e incorporare approcci, epistemologie e tradizioni differenti e, a volte, addirittura in contrasto. In tal senso, di enorme urgenza è l’apertura del canone artistico a sistemi conoscitivi e artistici non-occidentali.

La pratica educativa, intesa nel doppio senso etimologico da un lato di ‘trarre fuori’ e dall’altro di condurre in territori nuovi, rimane punto cardinale di ogni istituzione artistica. Il museo è una macchina per l’allenamento della mente e del cuore non solo per i non-adulti: esso deve offrire a tutti nuovi strumenti per pensare e sentire. L’arte contemporanea ha il vantaggio di poter essere ‘usata’ come base per allenare all’imprevedibilità, all’apertura intrinseca dell’opera e ai suoi significati multipli. Immergersi nelle sue spire permette da un lato di sviluppare la capacità critica, di andare alla ricerca di domande più che di risposte, e dall’altro quello di affinare l’abilità a filtrare la rilevanza di qualsiasi informazione o prodotto culturale. Tale prospetto pedagogico, così necessario nell’era digitale che viviamo, non anima solo il Dipartimento Educazione del Museo, ma tutto il suo operato, per accompagnare i visitatori a esplorare territori sconosciuti.

La collezione è la conditio sine qua non di ogni museo, la parte senza la quale l’edificio istituzionale crolla. Si tratta di ciò che viene lasciato in eredità alle generazioni future quale memoria culturale e capitale intellettuale. In base a questo principio, è necessario ridare forza, visibilità e rilevanza alle sale dedicate alle collezioni, rendendo visibile ed esperibile allo spettatore il lavoro storico artistico che il Museo fa in un moto perpetuo. La costruzione del patrimonio comune deve divenire un atto pubblico comprensibile ai visitatori e aperto alla loro fruizione e partecipazione.

Per finire, una breve questione di metodo: se il sistema dell’arte può essere paragonato al modello di ecosistema caratterizzato dall’interdipendenza degli attori che partecipano al suo funzionamento, è fondamentale che il Museo si dia come strumenti e modi operandi principali quello della collaborazione radicale e del rinnovamento ininterrotto; uniche modalità con cui combattere il rischio di perdita di rilevanza, resilienza ed efficacia nel mondo di oggi.

Francesco Manacorda è stato nominato Direttore del Castello di Rivoli il 26 settembre 2023, al termine di una manifestazione d’interesse pubblica da una commissione giudicatrice presieduta da Francesca Lavazza, Presidente del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, e composta da Richard Armstrong, che è stato Direttore The Solomon R. Guggenheim Foundation dal 2008 fino a luglio 2023; Andrea Ruben Levi, collezionista, Amico Benefattore del Castello di Rivoli, membro del Board of Trustees del New Museum di New York; Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, collezionista, Presidente dell’omonima fondazione, Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT; Sir Nicholas Serota, Presidente Arts Council England, già Direttore Tate.

Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli
Foto Andrea Guermani

Francesco Manacorda è stato Direttore Artistico della V-A-C Foundation (2017-22); Direttore Artistico di Tate Liverpool (2012-17), Direttore di Artissima (2010-12) e Curatore presso la Barbican Art Gallery (2007-09). Dal 2006 al 2011 è stato Docente presso il dipartimento di Curating Contemporary Art del Royal College of Art, Londra. Ha co-curato nel 2016 la Biennale di Liverpool e nel 2018 l’undicesima edizione della Biennale di Taipei.


Rossella Biscotti, Tetrastigma, 2019, fotografia di ricerca /research photograph
Bogor Botanical Garden, Indonesia – Foto di /Photo by Rossella Biscotti

Organizzata dal Centro di Ricerca Castello di Rivoli, la mostra Paolo Pellion di Persano. La semplice storia di un fotografo, a cura di Marcella Beccaria e Andrea Viliani, valorizza la donazione avvenuta nel 2023 al CRRI da parte degli eredi dell’Archivio del fotografo, inclusivo di oltre 44.000 fotogrammi. Per la prima volta, la mostra riunisce un grande corpus di fotografie dell’autore, inclusi molti inediti, restituendo uno straordinario racconto nel quale la vitalità artistica di Torino e del suo territorio è protagonista. Il progetto è vincitore del Bando Strategia Fotografia 2023, della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. La mostra avviene in sinergia con il nuovo Festival della fotografia EXPOSED, di cui è parte della programmazione ufficiale.
 
Altro progetto che avviene nella cornice di EXPOSED è quello che parte dalla Collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, fulcro di un’offerta espositiva che osserva la fotografia da tre angolature speciali: la prima è rappresentata al Castello di Rivoli con la mostra Expanded With a cura di Marcella Beccaria; la seconda ha sede in OGR Torino con Expanded Without, frutto di una collaborazione tra Castello di Rivoli, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e OGR Torino; infine il terzo elemento vedrà alla GAM Expanded – I Paesaggi dell’arte a cura di Elena Volpato.
 
Nei mesi di febbraio e marzo prenderà vita Nature vibranti. Sul residuo e la rinascita, un programma trans-disciplinare sviluppato da Almanac Inn, Castello di Rivoli e Orti Generali, a cura di Marianna Vecellio e Guido Santandrea con il sostegno di Compagnia di San Paolo. Nature vibranti promuove l’incontro tra approcci e prospettive differenti all’insegna dell’inclusione di tutte le specie e forme di vita tramite un programma di laboratori, passeggiate, performance, talk, reading poetici e installazioni.
 
L’autunno sarà caratterizzato da vari progetti intorno ai 40 anni del Museo pensati per rimanere una sorpresa, incluso un nuovo allestimento della collezione del Museo. Inoltre, per la prima volta verrà presentata nella Sala 18 del Castello, a cura di Marcella Beccaria, la monumentale installazione Shade Between Rings of Air (Ombra tra anelli d’aria), 2003, di Gabriel Orozco (Xalapa, Messico, 1962). Inizialmente realizzata in occasione della Biennale di Venezia del 2003 e ispirata al lavoro del noto architetto Carlo Scarpa, l’opera entra a far parte delle Collezioni del Castello di Rivoli grazie a una generosa donazione dell’artista.

Gabriel Orozco, Shade Between Rings of Air (Ombra tra anelli d’aria), 2003
legno e metallo / wood and metal 280 x 800 x 1400 cm / 110 1/4 x 315 x 551 1/8 in.
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino, 2023
Acquisito da Marian Goodman e dall’artista come dono parziale / Acquired from Marian Goodman and the artist as a partial gift
Veduta dell’installazione alla 50. Esposizione Internazionale d’Arte Sogni e Conflitti – La dittatura dello spettatore, Biennale di Venezia, 2003 / Installation view of The 50th International Art Exhibition
Dreams and Conflicts – The Dictatorship of the Viewer, Venice Biennale, 2003
Foto / Photo credit: Florian Kleinefenn

Debutterà a fine ottobre, in concomitanza con l’inaugurazione di Artissima, il primo grande progetto espositivo curato da Francesco Manacorda, Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura. La mostra coinvolge artisti che sin dagli anni sessanta hanno lavorato sulla questione ecologica e sul nostro rapporto con l’ambiente, per giungere alla crisi climatica attuale e agli sviluppi teorici intorno all’antropocene. L’elemento centrale del progetto mette in luce il rapporto di vera e propria collaborazione creativa con il non-umano da parte di artisti, a cominciare da Giuseppe Penone, di generazioni e culture diverse. Il tema della mostra invita a riconsiderare la falsa divisione tra natura e cultura attraverso una ricerca che coinvolge anche scienziati, biologi, designer e architetti.


Castello di Rivoli
Piazza Mafalda di Savoia
10098 Rivoli – Torino
Info: +39 0119565222
come arrivare

Le attività del Castello di Rivoli sono realizzate primariamente grazie al contributo della Regione Piemonte.
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Ufficio Stampa Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
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Consulenza Stampa Stilema

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Marco Goldin con due grandi mostre e una tournée teatrale rievoca Ungaretti e il suo Carso

Giuseppe Ungaretti in trincea con un amico del suo reparto

Poesia pittura storia 

Gorizia, Museo di Santa Chiara
Monfalcone, Galleria comunale d’arte contemporanea
26 ottobre 2024 – 4 maggio 2025

Ungaretti è il primo testimonial di “GO! 2025 Nova Gorica – Gorizia, European Capital of Culture”.  
Un ampio progetto, ideato e curato da Marco Goldin, verrà dedicato al grande poeta Giuseppe Ungaretti e al Carso dove egli combatté nel corso della Prima guerra mondiale. Sfocerà nella doppia mostra “Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo. Poesia pittura storia” che si svilupperà tra Gorizia (Museo di Santa Chiara) e Monfalcone (Galleria comunale d’arte contemporanea), anticipata da uno spettacolo teatrale che in aprile verrà portato in cinque teatri del Friuli Venezia Giulia e in uno del Veneto (Treviso). Il progetto Ungaretti è promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia con i Comuni di Gorizia e di Monfalcone, in collaborazione con PromoTurismo FVG per la parte degli itinerari turistici sul Carso.

Giuseppe Ungaretti militare, con i gradi di caporale, scattata in Francia nell’ottobre del 1918, in occasione del suo passaggio alla redazione del “Sempre Avanti!”, 1918

“È un progetto affascinante e ambizioso, che si inserisce con un ruolo di primo piano tra gli eventi che vedono Gorizia e Nova Gorica unite sotto l’insegna di Capitale della Cultura 2025. Le due mostre e lo spettacolo, pensato per essere rappresentato in diverse località, vogliono essere il testimone che accompagnerà sul territorio il pubblico a vivere da vicino la memoria storica, geografica e letteraria dei luoghi in relazione a un periodo che ha segnato e caratterizzato in modo significativo tutta la regione e i suoi abitanti e, oltre, l’Italia e l’Europa”, sottolinea Mario Anzil, Vice Presidente e assessore alla Cultura della Regione Friuli Venezia Giulia.

“Si tratta di un’iniziativa – ribadisce il Vice Presidente – che la Regione ha fortemente voluto perché riteniamo non sia possibile parlare di Gorizia, del Carso e di cultura dei luoghi, senza ricordare e celebrare Giuseppe Ungaretti, il poeta e il soldato, proprio a 110 anni dalle prime poesie raccolte nel suo Il porto sepolto. Lasciare che sia l’arte a parlare di lui, dei luoghi e degli eventi che ha vissuto e che l’hanno ispirato, equivale forse a utilizzare il linguaggio che più si avvicina alla poesia e che meglio la interpreta, restituendo al pubblico un messaggio efficace ed emotivamente coinvolgente.”

“La parte goriziana della mostra sarà dedicata – anticipa il curatore Marco Goldin – al racconto della storia di Ungaretti sul Carso, al racconto delle battaglie a cui ha partecipato, al racconto dei luoghi sul Carso, al loro così caratteristico aspetto morfologico. Ci sarà naturalmente, anzi ne rappresenta il punto di scaturigine, tutto l’aspetto letterario legato alla scrittura delle poesie e alla pubblicazione a Udine, in 80 soli esemplari nel dicembre 1916, a cura di Ettore Serra, de Il porto sepolto, quel suo primo libretto che nasce proprio dall’esperienza della guerra.

A tutto questo –  dato in mostra attraverso due stazioni multimediali, al primo e al secondo piano del Museo Civico, e specialmente un’ampia sala video da cento posti –   si uniranno una sessantina di quadri di dodici autori contemporanei italiani, quadri appositamente realizzati per interpretare, con il linguaggio di oggi, i luoghi del Carso dove Ungaretti era stato soldato. E oltre a ciò, almeno per alcuni tra questi artisti, anche l’immagine dello stesso poeta.

Nella grande sala video, al terzo e ultimo piano del museo, si vedrà la realizzazione di una sorta di documentario, realizzato con tutte le ultime tecnologie, che riassumerà in circa mezzora il contenuto della mostra, prima che il visitatore inizi il suo percorso. Percorso che non sarà quindi a salire, ma a scendere dal terzo piano fino a quello terreno. Gli autori scelti per interpretare il tema della mostra sono Laura Barbarini, Graziella Da Gioz, Franco Dugo, Giovanni Frangi, Andrea Martinelli, Matteo Massagrande, Francesco Michielin, Cesare Mirabella, Alessandro Papetti, Franco Polizzi, Francesco Stefanini, Alessandro Verdi, a rappresentare varie zone d’Italia dalla Sicilia proprio al Friuli Venezia Giulia, con il goriziano Dugo.

“Una mostra davvero unica nel suo genere quella dedicata a Ungaretti grazie all’idea di Marco Goldin e al sostegno finanziario della Regione, che ringrazio sinceramente”, afferma il Sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna. “Unica perché attraverso l’estro di grandi artisti di rilievo nazionale prenderanno vita i luoghi in cui Ungaretti ha vissuto. Attraverso i loro occhi, la loro sensibilità, la mediazione dei loro sensi susciteranno emozioni nuove e inedite come le loro opere, in una prima mondiale. Ci fa piacere che, anche in questo sforzo espositivo, si sia realizzata quella rete nel territorio che sta alla base di “GO! 2025″, grazie a collaborazioni diversificate con l’esposizione a Monfalcone ma anche grazie alle rappresentazioni teatrali nel resto della regione previste oltre che a Gorizia, a Tolmezzo, Udine, Pordenone e Monfalcone stessa, le cui amministrazioni comunali ringrazio per la collaborazione.”

In parallelo, a Monfalcone, la Galleria comunale d’arte contemporanea, ospiterà un’area diversa del progetto. “Ho infatti scelto di raccontare lì la pittura che nelle Venezie si faceva, in quel secondo decennio del Novecento, al tempo di Ungaretti sul Carso. Il momento preciso sarebbe dalla fine del 1915 all’autunno del 1917, ma per più precisa comprensione storica del fenomeno ho deciso di lavorare appunto sull’intero decennio”, anticipa Goldin.

“In questo senso la Venezia di Ca’ Pesaro, con le sue esposizioni, è il centro di tutto. Saranno in mostra opere importanti di artisti come Boccioni, Casorati, Gino Rossi, Arturo Martini, Cavaglieri, Oppi, Moggioli e altri. Infine, anche quattro o cinque autori, soprattutto triestini ma non solo – da Parin a Sambo, da Guido e Piero Marussig a Pellis – per rappresentare appieno l’ambito regionale in rapporto all’avanguardia capesarina. Tra l’altro, alcuni dei pittori del Friuli Venezia Giulia esponevano proprio a Ca’ Pesaro”.

“Una mostra importante per la città – rileva il sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, riferendosi all’esposizione “Da Boccioni a Martini. Arte nelle Venezie al tempo di Ungaretti sul Carso” – ma anche per tutto il territorio regionale. Un’occasione per valorizzare il nostro grande patrimonio storico, culturale e paesaggistico, di cui siamo molto orgogliosi, e un importante risultato frutto di un grande investimento che abbiamo portato avanti in questi anni, lavorando sodo e facendo diventare Monfalcone un punto di riferimento per le mostre internazionali.  Un progetto di valore che, grazie al costante dialogo tra il consigliere regionale Antonio Calligaris e l’assessore alla Cultura, Luca Fasan, la Regione ha saputo prima riconoscere e poi anche finanziare, riuscendo quindi ad attrarre in città un numero sempre maggiore di visitatori che apprezzano la nostra offerta culturale.”

Ad anticipare, o meglio introdurre, le due mostre, nel prossimo mese di aprile si svolgerà uno spettacolo teatrale appositamente creato, in sei città (in ordine di data: Gorizia, 10 aprile; Tolmezzo, 11 aprile; Treviso, 15 aprile; Monfalcone, 16 aprile; Udine 17 aprile; Pordenone, 23 aprile).

Lo spettacolo, in 90 minuti, con la regia dello stesso Goldin, ripercorrerà la storia di Ungaretti sul Carso, tra letteratura, storia, luoghi e pittura. Avrà una sua parte introduttiva (circa 15 minuti) in cui alla voce straordinaria di Antonella Ruggiero saranno affidate tre canzoni (testi di Goldin e musiche di Remo Anzovino) che serviranno a far entrare lo spettatore nel mezzo dell’azione teatrale.

“Lo faremo – anticipa Goldin – con l’espediente di una madre che in tre brevi scene, che corrispondono alle tre canzoni, si rifarà alle lettere (immaginarie) che il figlio le manda dai luoghi delle battaglie sul Carso. Una madre che aspetta in Calabria, davanti al mare, il ritorno di quel figlio dalla guerra. Dalla Calabria perché una parte preponderante dei commilitoni di Ungaretti, nella sua brigata Brescia (diciannovesimo reggimento, definito il “reggimento calabrese”), provenivano proprio da lì e comunque dal meridione d’Italia. Non si punterà in questa parte dello spettacolo sulla tragicità della guerra, e piuttosto sugli aspetti di liricità diffusa colti nel paesaggio, a cominciare da quello stellato notturno e dal mare”.

Una registrazione fuori campo, nel buio del teatro, della voce originale di Ungaretti, darà il via alla seconda parte dello spettacolo stesso, in continuità proprio con le parole delle canzoni dedicate ai luoghi del Carso. Il racconto che Goldin dipanerà sul palcoscenico si unirà alle musiche originali di Remo Anzovino, mentre l’attore Gilberto Colla leggerà, nei momenti a ciò riservati, alcune delle poesie de Il porto sepolto.

“Come in tutti i miei spettacoli, evidenzia Goldin, una parte fondamentale l’avrà l’aspetto visivo (animazioni e montaggi di Alessandro Trettenero, come nel mio ultimo Van Gogh), su uno schermo di 6×3 metri. Parte visiva che comprenderà immagini appositamente girate con i droni sul Carso e lungo l’Isonzo nelle varie stagioni, così da collocare dal punto di vista geografico la storia di Ungaretti. Queste immagini verranno associate a quelle storiche e a quelle dei quadri che i pittori contemporanei stanno dipingendo. Dedicati, quegli stessi quadri, sempre ai luoghi di Ungaretti sul Carso. Poi naturalmente faremo ricorso a immagini dello stesso Ungaretti, sia foto sia disegni e quadri che sempre i pittori stanno realizzando. Tutto questo armonizzato in un linguaggio, insieme tecnologico e poetico, di continue transizioni, animazioni e movimenti di camera anche all’interno delle opere dipinte”.


Info: www.lineadombra.it 
 
Ufficio Stampa:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499
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e-mail | comunicazione@comune.monfalcone.go.it

Pio Istituto delle Sordomute Povere | ART CITY Bologna: Meredith Monk. Bloodline Shrine

Meredith Monk, Bloodline Shrine, Veduta di allestimento
Foto di Valentina Cafarotti e Federico Landi di Migliorare con l’età

A cura di Caterina Molteni

Progetto promosso da MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Settore Musei Civici Bologna
in collaborazione con Fondazione Pio Istituto delle Sordomute Povere

Eseguito da Meredith Monk & Vocal Ensemble
Ellen Fisher, Katie Geissinger, Meredith Monk, Allison Sniffin e Jo Stewart
Installazione video 5 canali (colore, sonoro)
Ideato e diretto da Meredith Monk
Design dell’installazione di Meredith Monk e Yoshio Yabara
Fotografia Ben Stechschulte
Video editing di Katherine Freer

1 – 4 febbraio 2024
Pio Istituto delle Sordomute Povere
Via della Braina 11, Bologna

Giovedì 1 febbraio h 14.00 – 20.00
Venerdì 2 e domenica 4 febbraio h 10.00 – 20.00
Sabato 3 febbraio h 10.00 – 22.00


Ingresso gratuito

Il progetto Bloodline Shrine (2018) di Meredith Monk, curato da Caterina Molteni, è in programma dall’1 al 4 febbraio 2024 al Pio Istituto delle Sordomute Povere di Bologna e rientra nella dodicesima edizione di ART CITY Bologna, il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera.
Meredith Monk, compositrice, cantante, regista, coreografa e danzatrice statunitense, è riconosciuta tra le artiste più influenti del nostro tempo. Monk ha largamente indagato la vocalità come strumento musicale, indipendente dal testo, mostrandone l’infinita ricchezza formale.

Bloodline Shrine prende le mosse da una rivalutazione della voce come strumento espressivo al di là delle componenti di comunicazione linguistica, facendo leva sulla natura materica della voce, sulla sua essenza e rilevanza creativa.
Nella voce ci sono infinite possibilità di timbro, struttura, carattere, genere, modalità di produrre suono – sostiene Monk – ho scoperto che in un’unica voce c’è l’uomo e la donna, tutte le età, le sfumature di un sentire di cui non riusciamo a trovare le parole“. Per l’autrice ogni voce custodisce la genealogia personale di ciascun individuo (Shrine è un santuario), la sua discendenza (Bloodline), la sua relazione immanente con le altre creature viventi e inorganiche, l’influenza di un paesaggio. Le nostre corde vocali sono muscoli con una propria memoria che nel canto torna a manifestarsi grazie alla collaborazione di respiro, diaframma, gesti vocali non verbali come “sospiri, sussurri, risate e varie risonanze della testa e del corpo“.

Installata nel dormitorio del Pio Istituto delle Sordomute Povere, Bloodline Shrine presenta un ensemble a cinque voci che esegue alcuni estratti dall’opera Cellular Songs (2018) a cui l’installazione faceva originariamente da accompagnamento. Il lavoro si compone di cinque monitor, uno per ciascuno degli interpreti che racconta la propria storia. Ad alternarsi sugli schermi, immagini di volti, antenati, radiografie mediche e dettagli fisici. Ciascuna voce svela la propria origine e il legame a ogni cellula biologica del corpo. La cellula, come già accadeva in Cellular Songs, diventa per Monk modello di cooperazione, di quel sistema di interdipendenza che dà forma a tutti gli esseri viventi e allo stesso tempo permette le figurazioni ritmiche (cellula ritmica). Corpi, discendenze e musica trovano qui rappresentazione nel loro essere sistemi complessi la cui esistenza e funzionamento sono possibili solo grazie alla partecipazione di più e microscopici elementi. La voce si mostra così come un “tempio”, un “sepolcro”, un canale espressivo che ricollega ogni persona a un mondo ancestrale senza tempo. Monk ci parla di una “lingua universale”, non codificata, che priva di parole, esprime la dimensione ineffabile che attraversa la realtà.

Fondato nel 1845 da monsignor Pietro Buffetti, il Pio Istituto delle Sordomute Povere nasce per dare stabilità e forma giuridica all’assistenza delle bambine e adolescenti affette da sordità e provenienti da situazioni disagiate. Dieci anni dopo la sua nascita, trova sede nell’immobile di via della Braina, un ex-convento di monache Servite, dove sono oggi visibili gli ambienti didattici, le stanze di direzione, il dormitorio e la sala, attrezzata di cuffie e microfoni in cui veniva applicata la tecnica riabilitativa fondata sui principi dell’oralismo. Quest’ultima consisteva nell’insegnamento della lingua parlata, facendo leva sui residui uditivi della bambine, incentivando lo sviluppo orale, per diverso tempo ritenuto del tutto compromesso (da qui l’appellativo, ormai obsoleto, di “sordomute”).

L’ingresso è gratuito.
Negli orari di apertura dei giorni ART CITY Bologna è garantito un servizio di mediazione culturale a cura del Dipartimento educativo MAMbo.

Meredith Monk (20 novembre 1942, New York) è una compositrice, cantante, regista/coreografa di opere liriche, opere musico-teatrali, film e installazioni; è una pioniera di quella che oggi viene chiamata “tecnica vocale estesa” e “performance interdisciplinare”. Monk crea opere che prosperano nelle intersezioni tra musica e movimento, immagine e oggetto, luce e suono, aprendo e intrecciando nuove modalità di percezione. La sua esplorazione innovativa della voce come strumento, come linguaggio eloquente in sé, espande i confini della composizione musicale, creando paesaggi sonori che portano alla luce sentimenti, energie e ricordi per i quali non ci sono parole.


ART CITY Bologna 2024 è promosso da
Comune di Bologna e BolognaFiere in occasione di Arte Fiera

Direzione artistica
Lorenzo Balbi

Con il coordinamento di
Settore Musei Civici Bologna | Area Arte Moderna e Contemporanea

Periodo
1 – 4 febbraio 2024

Sito web
artcity.bologna.it

Social media
Facebook Art City Bologna
Instagram @artcitybologna
#artcitybologna

Ufficio stampa
Settore Musei Civici Bologna
Elisabetta Severino – Silvia Tonelli
Tel. +39 051 6496658 / +39 051 2193469
ufficiostampaARTCITYBologna@comune.bologna.it
elisabetta.severino@comune.bologna.it
silvia.tonelli@comune.bologna.it 

L’indipendenza dell’informazione al centro del terzo Lab nato dalla sinergia del Club Roma Est e del Rotary Club di Roma

L’indipendenza dell’informazione al centro del terzo Lab nato dalla sinergia del Club Roma Est e del Rotary Club di Roma

L’evento inter-club a Roma, a Palazzo Ripetta

Nelle intenzioni di Vittorio Donato, presidente del Rotary Club Roma Est, i laboratori di condivisione e confronto saranno cinque. Dopo quelli dedicati alla Sicurezza e alla Sanità, ieri è stata la volta dell’Informazione, cui seguiranno Finanza e Intelligenza Artificiale. Così come insito nello spirito rotariano, infatti, informarsi e confrontarsi è alla base del comune agire, da ultimo secondo la mission di “creare speranza nel mondo”.

Ha visto quindi la sinergia con il Rotary Club di Roma e la sua presidente Maria Luisa Piras il dibattito che si è svolto due sere fa, il 29 gennaio, a Palazzo Ripetta dove, con la regia di Andrea Dotti, Amministratore Unico di GO2MKT, ideatore del progetto CompaniesTalks e Socio del RC Club Roma Est, si sono confrontati su quello che è un tema di estrema attualità – presente e futuro dell’informazione e la sua indipendenza e libertà –, Francesca CAFERRI, redattrice sezione esteri e corrispondente dall’estero de la Repubblica, Pierluigi BATTISTA, scrittore e giornalista di Huffington Post, Luciano GHELFI, giornalista del TG2 e socio del RC Club Roma Est.

Estremamente attuale l’oggetto dell’incontro, aperto dai due Presidente dei Club che al termine hanno anche omaggiato come da tradizione gli ospiti una professione, quella del giornalismo, fondamentale e tuttavia in crisi, così come è in crisi, ma questo da anni, l’editoria giornalistica. Con l’accelerazione al fenomeno impressa dall’impatto dei social media e ora dell’Intelligenza Artificiale generativa, tanto nella produzione delle notizie quanto della loro fruizione.

L’intervento di Francesca Caferri

Tutti sguardi “dal di dentro” quelli dei relatori, a cominciare da Francesca Caferri – peraltro operativa oggi in Medio Oriente – che ha sottolineato la portata, ancora non perfettamente intellegibile a tutti, del ciclone “social media” e del suo impatto su un mondo chiuso come quello del giornalismo. Rispetto al quale la rete e i social costituiscono un mondo altro, che però ha un peso enorme.  Tutti sono giornalisti. Ma è così? O non ha forse ancora un peso il filo rosso di studio, approfondimento, offerta di contesto e verifica delle fonti che il giornalismo professionale può offrire? Tuttavia, questo non è immediatamente percepito dall’utente che quindi andrebbe in questo senso educato o dovrebbe autonomamente educarsi. È anche vero, ha detto la giornalista, che c’è un pubblico nuovo che si informa attraverso i social a cui il giornalismo tradizionale non arrivava e non arriva, con rare eccezioni come “Internazionale” i cui lettori hanno un’età media di 25 anni. E questo è positivo.

L’intervento di Pierluigi Battista

Lo sguardo di Pierluigi Battista si è invece appuntato sulla parola “crisi”. Una crisi dell’editoria giornalistica spaventosa, iniziata con la data spartiacque rappresentata dal 2007, con l’avvento dello smartphone, ma che risente dell’accelerazione delle nuove tecnologie e dei social media come mezzi di produzione e fruizione di news, che ha portato alla pressoché scomparsa delle edicole, davvero se ci pensiamo presidio di una informazione pluralista con la loro, un tempo capillarità, e accessibilità da ogni genere di utente. In questo segno meno che ogni giornale registra nei suoi lettori anno dopo anno Battista vede un fattore generazionale, da una parte, con la scomparsa di un turn-over di lettori dovuta anche al calo demografico, ma dall’altra le gravi responsabilità dello stesso mondo della “carta stampata” troppo a lungo e in qualche caso anche oggi, arroccato su posizioni di indifendibile monopolio e in questo senso miope. E nel fatto che la crisi del giornalismo è anche figlia di un’altra crisi della società contemporanea, la crisi della mediazione. Ma è anche vero, ha aggiunto, che la fiducia del lettore si conquista sul campo ed ora di fronte ad un giornalismo polarizzato e divisivo è venuta meno. Con la postilla che quel giornalismo che tanto si invoca, professionale, certificato e di qualità ha un costo, un costo che ora gli editori non possono permettersi. Proliferano quindi le fake news (e il loro impatto anche nella creazione di consenso) e c’è anche una difficoltà delle stesse testate, di molte in Italia e non solo, nel difendersi da esse. Una formula unica per uscire dalla crisi ancora non è stata individuata e forse non c’è, ma per Battista “entrare” nel merito del dibattito in rete, punto per punto, sporcarsi le mani, non restare a guardarlo dall’altro, sarebbe già qualcosa.

L’intervento di Luciano Ghelfi

Riprende alcune parole chiave degli interventi precedenti, Luciano Ghelfi, per il suo. “Disintermediazione”: la crisi di un certo modo di fare giornalismo è evidente. “È cambiato tutto” e si è in debito di credibilità. Un “problema economico”? Sì.  In 30 anni la vendita dei giornali di carta si è dimezzata, da 6 a 3 milioni, e la vendita di copie digitali copre appena un 10 per cento del calo. “Tutti giornalisti?” Questa è l’illusione che ha accompagnato l’avvento dei social media e anche se è vero che a volte da un video di un passante divenuto virale si sono addirittura sviluppati movimenti d’opinione e che tecnologie poco costose e accessibili a tutti, a tutti consentono di rappresentare quello che avviene e renderlo visibile al mondo intero, è anche vero che il giornalista non è solo un testimone, questo è il fraintendimento, è anche colui che dovrebbe spiegare, in questo senso “mediare”. Ma questo, all’epoca della Rete, ha erroneamente perso valore. La difesa dalle fake news e dalla costrizione nelle bolle in cui ci confina l’algoritmo, prima che per via legislativa, per Ghelfi dovrebbe essere individuale, del singolo fruitore, che deve saper scegliere dove andare ad informarsi, verificare, confrontare. In poche parole, tenere gli occhi aperti. Gli strumenti per farlo, peraltro, ci sono. Su questo concorda anche Francesca Caferri, basterebbe comprare – e leggere – un giornale alla volta per esercitare un primo “pluralismo individuale”.

Come è evidente, è davvero impossibile esaurire una tematica così appassionante e che tocca da vicino ognuno di noi e le nostre scelte, anche politiche, nell’ora concessa al dibattito. Ma il confronto e il dubbio, le domande e la ricerca di risposta sono già una prima risposta. Quella di un impegno a capire, a comprendere un mondo dalla crescente complessità che tuttavia è questo, è oggi, il nostro mondo. E questo nel Rotary si fa, all’interno dei singoli Club, nel lavoro comune inter-club e con il Rotary International, con la freschezza dell’apporto dei più giovani nel Rotaract.


Rotary Club di Roma
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É online il numero 15 di ArtOnWorld.com

In questo nuovo numero di ArtOnWorld.com – rivista sfogliabile online in tutto il mondo compresa l’Asia – è possibile leggere tutte le novità dedicate ai Musei americani, Europei e alle gallerie internazionali.

Particolare attenzione è stata data alle numerose attività che si svolgono durante ArteFiera a Bologna. Il grande fermento culturale e artistico che si prepara a vivere l’Italia con Bologna protagonista, grazie alla storica ArteFiera (dal 2 al 4 febbraio 2024) consentirà a numerosi collezionisti di acquistare opere inedite o realizzate dai Grandi Maestri del’900.

Fra le innumerevoli opere d’arte che vedremo sfilare nelle gallerie espositrici provenienti da tutto il mondo, arriveranno anche i lavori di artisti emergenti; ogni opera presente negli stand della fiera lascerà negli occhi del pubblico e dei collezionisti il piacere di scoprire l’arte in tutte le sue forme.

Il nuovo anno porta con sé tante novità in ogni settore: nell’arte proliferano le rassegne, gli eventi dedicati alla IA aumentano, i corsi per capire il mercato dell’arte invadono le università. In molti vogliono capire di più sulle nuove tecnologie e ArtOnWorld.com si occupa di tutti questi argomenti. In questo nuovo numero non mancano gli articoli scientifici e di psicologia del comportamento umano con il professore Roberto Anchisi.

Per quanto riguarda le notizie dedicate alle gallerie d’arte nel mondo troverete un focus dedicato alla Lilienthal Gallery del Tennessee. L’attenzione nel settore del Design è stata rivolta a una grande artista americana, Barbara Stauffacher Solomon, a cui è dedicata la copertina: all’interno di ArtOnWorld.com potete leggere l’intervista fatta al suo curatore. Nelle pagine del nuovo numero il lettore incontrerà libri d’arte, di fotografia internazionale e tante altre curiosità. Siamo sicuri che anche quest’anno cammineremo insieme nei sentieri sconosciuti dell’arte e della cultura. Grazie a tutti per la stima e sostegno.

This year in the magazine that can be browsed online throughout the world including Asia, it is possible to read all the news dedicated to American and European museums and the activities of international galleries.  Particular attention was given to the numerous activities that take place during ArteFiera in Bologna.  The great cultural and artistic ferment that Italy is preparing to experience with Bologna as the protagonist thanks to the historic ArteFiera which opens its doors on 2nd and closes on 4th February 2024 will allow numerous collectors to purchase unpublished works or works by 20th century masters.

Among the countless historical and modern works of art that we will see parading in the galleries arriving from all over the world, there will also be works by emerging artists and each work present in the stands of the fair will leave in the eyes of the public and collectors the pleasure of discovering the art in all its forms.  The new year brings with it many new features in every sector, art exhibitions proliferate in art, events dedicated to AI increase, courses to understand the art market invade universities.  Everyone wants to understand more about new technologies and artonworld.com deals with all these topics.

In this new issue there is no shortage of scientific articles on the psychology of human behavior with professor Roberto Anchisi.

In this issue regarding news dedicated to art galleries in the world you will find an extraordinary gallery, the Lilienthal Gallery in Tennessee.  Attention in the Design sector has been paid to a great American artist Barbara Stauffacher Solomon to whom we have dedicated the cover; inside you will read an important interview with her curator.  In the pages that the reader will leaf through, he will encounter books on art, international photography and many other curiosities.  We are sure that this year too we will walk together on the unknown paths of art and culture. Thank you all for your esteem and support.


Oltre 100 giovani coinvolti nella formazione vitivinicola

In Sicilia è iniziata la formazione per le nuove leve della filiera vitivinicola con il programma di azioni di Vino Connect Sicilia, il progetto nato per mettere in rete cantine, scuole, istituzioni, imprese, associazioni e professionisti del settore. Tra vigne, aziende e laboratori formativi, saranno oltre 100 gli studenti coinvolti grazie al nuovo acceleratore di conoscenza della cultura enologica, per tramandare, innovare e potenziare il know how e gli effetti a lungo termine necessari per il futuro delle terre dei vini.Ai laboratori pratici e didattici, saranno accostati i seminari su enoturismo, accoglienza, enogastronomia, sanità ambientale; le attività di formazione sulla gestione e sull’economia della cantina faranno conoscere i metodi di accesso al credito per fare impresa e le diverse competenze delle figure professionali che ruotano intorno alla filiera vitivinicola. Dall’innesto alla potatura, dalla spollonatura alla legatura, dalla vendemmia all’ospitalità in cantina. Coinvolgere le nuove generazioni nella viticoltura è uno dei più importanti obiettivi di Vino Connect Sicilia: l’intento è creare nuovi stimoli, mappare il territorio e far scoprire i tratti distintivi dei borghi del vino. «È un momento importante e storico per il territorio – spiega Walter Guarrasi, presidente Vino Connect Sicilia e Vivi Vinum Pachino – i giovani impareranno a gestire la vigna e a conoscere a fondo le cantine, le strategie di sviluppo e di accoglienza della filiera, che alimenta l’economia della comunità. Le aziende vitivinicole e le imprese coinvolte potranno attingere nuove risorse con competenze mirate. Facendo network creeremo nuovi scambi enogastronomici ed esperienziali con altri territori regionali, nazionali ed internazionali e costruiremo le condizioni per dare impulso all’enoturismo».Gli studenti che beneficeranno dei laboratori didattici e formativi alla scoperta delle uve, dei tralci e delle pregiate radici saranno accolti dalle cantine già partner e da quelle che stanno manifestando nuovi interessi per svolgere attività formative e informative. Gli alunni fanno parte delle terze, quarte e quinte classi dell’istituto superiore P.Calleri di Pachino (indirizzo agrario e alberghiero). Vino Connect Sicilia vedrà anche il coinvolgimento dell’istituto superiore Michelangelo Bartolo e degli istituti comprensivi Silvio Pellico e Giovanni Verga per l’educazione alle tradizioni, alle arti e mestieri della filiera. I giovani saranno coinvolti in stage presso le aziende e le strutture di servizi.«Stiamo coltivando nuove competenze e investendo sulle nuove generazioni – afferma Maurizio Campo, direttore di progetto per Vivi Vinum Pachino – per dare una svolta culturale, sociale ed economica alla produzione, per favorire nuove condizioni di sviluppo creando opportunità di lavoro, per garantire un futuro alla vocazione vitivinicola siciliana». Vino Connect Sicilia nasce attraverso il progetto “Il Credito Cooperativo acceleratore per lo sviluppo nelle aree dalla Val di Noto alla Val Di Mazara: terre dei vini”, gestito e coordinato dall’associazione Vivi Vinum in sinergia con la Bcc Pachino e la Bcc di San CataldoFedercasseConfocooperative Sicilia, supportato da Azure Consulting e finanziato da Fondo Sviluppo Spa. Grazie all’intesa tra le cantine siciliane già aderenti, Vino Connect Sicilia contribuirà a potenziare nel tempo la performance della Sicilia del vino.


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