Bologna, Museo Davia Bargellini: Un ritratto di Pompeo Batoni (1708 – 1787) dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid

Pompeo Girolamo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787)
Nozze di Amore e Psiche, 1756
Olio su tela, cm 89 x 115
Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Gemäldegalerie, inv. n. 504 
Credito: Wikimedia Commons

Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica

A cura di Mark Gregory D’Apuzzo e Ilaria Negretti

16 febbraio – 7 aprile 2024 Museo Civico d’Arte Industriale
e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44, Bologna

www.museibologna.it/arteantica

Mostra promossa da Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica

In collaborazione con Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, MadridInaugurazione giovedì 15 febbraio 2024 ore 17.30

Un celebre protagonista della pittura europea del Settecento arriva per la prima volta a Bologna: si tratta di Pompeo Girolamo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787), di cui il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini del Settore Musei Civici Bologna espone, dal 16 febbraio al 7 aprile 2024, il Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino proveniente dal Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid.

La prestigiosa opportunità espositiva, a cura di Mark Gregory D’Apuzzo e Ilaria Negretti, si inserisce nell’ambito della rassegna Ospiti promossa fin dal 1996 dai Musei Civici d’Arte Antica di Bologna come attività di valorizzazione del patrimonio e sviluppo delle relazioni scientifiche con istituzioni museali italiane e internazionali, attraverso lo scambio di opere attivato in occasione di prestiti per esposizioni temporanee.

Il dipinto di Pompeo Batoni, considerato il ritrattista più ricercato nell’Europa del XVIII secolo per la sua arte innovativa e originale, giunge infatti a Bologna a ricambiare la visita dell’opera Giuditta con la testa di Oloferne di Lavinia Fontana (Bologna, 1552 – Roma 1614), prestata dai Musei Civici d’Arte Antica di Bologna per la mostra Maestras organizzata dal Museo Nacional Thyssen-Bornemisza dal 31 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024. Curata da Rocío de la Villa, l’esposizione ha presentato un’indagine sulla produzione artistica femminile dalla fine del XVI secolo ai primi decenni del XX secolo attraverso otto contesti importanti nel percorso delle donne verso l’emancipazione. Esposta nella sezione SORORIDAD I. LA CAUSA DELLE DONNE, Lavinia Fontana, insieme a Fede Galizia, Artemisia Gentileschi ed Elisabetta Sirani, ha rappresentato tre generazioni di artiste che hanno ottenuto il successo con le loro versioni caste di personaggi mitologici, eroine bibliche e figure storiche come Giuditta, Jael, Susanna e Porzia nei loro dipinti di storia, stabilendo una tradizione alternativa alla raffigurazione patriarcale di queste eroine in racconti distorti e dipinti erotici offensivi.

Figlio dell’apprezzato orafo lucchese Paolino Batoni sotto la cui guida apprende le prime nozioni di disegno, Pompeo si forma successivamente come pittore con i due artisti locali Domenico Brugieri e Giovan Domenico Lombarda. Nel 1727, all’età di diciannove anni, lascia la sua città natale e si trasferisce a Roma per completare gli studi, frequentando la scuola di Sebastiano Conca e lo studio di Agostino Masucci e di Francesco Ferdinandi, detto l’Imperiali.
Nella capitale riesce a ottenere fama e successo, venendo ammirato anche dal giovane Antonio Canova per il “disegnare tenero, grandioso”, e per il saper comporre in “belle forme” (Diario, 1779). Oltre a disegnare infaticabilmente dall’antico, si addestra ai “buoni precetti” – come egli stesso li chiama in una lettera al marchese Andrea Gerini (4 novembre 1740) – seguiti dai grandi maestri; fondandosi sullo studio del “vero” e sulla selezione degli aspetti migliori presenti in natura, perviene a un ideale di bellezza armonica, spontanea, amabile, molto apprezzata da una committenza imbevuta della sensibilità estetica dell’Accademia letteraria d’Arcadia.
L’esito straordinario di una semplicità perfetta e apparentemente istintiva giustificherà la definizione di Batoni “fatto Pittore dalla Natura”, avanzata per primo dal biografo Onofrio Boni (1787), poi lungamente ripetuta dalla storiografia, soprattutto in opposizione all’attitudine normativa del coevo Anton Raphael Mengs, “fatto Pittore dalla Filosofia” per le propensioni erudite espresse quale autore di teorie sull’arte.

Un campo in cui Batoni è particolarmente conosciuto e apprezzato, e al quale dedicò la maggior parte dei suoi sforzi negli anni ’50 del XVII secolo, è la pittura di soggetto storico, sia mitologico che sacro (gli si deve la fortunata icona del Sacro Cuore di Gesù ideata nel 1765). Una delle sue prime commissioni a Roma fu una pala d’altare raffigurante la Vergine con il Bambino e quattro santi per la chiesa di San Gregorio al Celio. L’artista studiò a fondo i grandi maestri del XVI e XVII secolo, come Raffaello, Guercino e Guido Reni, che influenzarono profondamente il suo lavoro.

A questa produzione Batoni affianca un’ampia attività di ritrattista, incontrando i gusti di una raffinata clientela internazionale, spesso composta da giovani aristocratici del Nord Europa in soggiorno a Roma durante il Grand Tour. Per rispondere alle esigenze di questo pubblico – soprattutto rampolli della nobiltà inglese – a partire dalla metà del secolo Batoni si farà ideatore di una nuova tipologia ritrattistica – il ritratto/souvenir – in cui il personaggio viene presentato in posa elegante, ma disinvolta, accanto a monumenti e reperti antichi, quasi a comprovare l’avvenuto compimento dell’esperienza del viaggio di formazione, divenuto prassi irrinunciabile per una classe sociale destinata ad assumere, una volta rientrata in patria, incarichi politici e diplomatici consoni al proprio status. L’elegante rappresentazione circondata dalle rovine classiche era intesa non solo ad offrire un resoconto dei viaggi compiuti, ma anche a riflettere ricercati interessi artistici.

Pompeo Girolamo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787)
Ritratto della principessa Giacinta Orsini Buoncompagni Ludovisi, duchessa d’Arce,1757-1758
Olio su tela, cm 137 x 100
Collezione Ugo e Chiara Pierucci

Anche nella più convenzionale ritrattistica ufficiale Batoni sa raggiungere risultati stupefacenti e sofisticati per qualità esecutiva e accostamenti cromatici. Ne è esempio il Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino – firmato sul bordo del tavolo e datato 1785 – che appartiene alla tarda produzione del pittore e ne incarna a pieno l’ideale di grazia e delicata eleganza espressa nella resa delle figure femminili. L’identità dell’autore è nota dall’iscrizione in corsivo sotto la firma dell’artista. La tela, registrata a Roma in possesso dei discendenti della contessa, passò successivamente nella collezione dell’architetto Andrea Busiri Vici, dove si trovava nel 1964 quando fu inserita in una mostra monografica su Batoni tenutasi a Lucca. Nel 1973 è a Monaco di Baviera e quattro anni dopo entra nella collezione Thyssen-Bornemisza. È stato esposto sullo scalone principale di Daylesford House, la residenza del barone e della baronessa nel Regno Unito.

Nella scheda redatta per il catalogo generale dei dipinti del Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Mar Borobia, responsabile del Dipartimento di Pittura antica per il museo madrileno, presenta così l’opera: “Batoni raffigura la contessa seduta in un interno buio. Gli unici riferimenti classici sono gli oggetti, come il tavolo con un cuscino rosso sopra e la tazza in equilibrio sul bordo vicino. L’immagine è molto accattivante per la gamma di colori contrastanti utilizzati per l’abito della contessa, dipinto in un vivace blu con una delicata gamma di toni argentati. La contessa è raffigurata con occhi vivaci e brillanti, un abito scollato e un’acconciatura elaborata e sofisticata. I capelli alti e abbondanti sono decorati con perle, un ornamento blu in tinta con l’abito e un piccolo mazzo di rose. La posa, l’ambientazione e l’acconciatura sono state paragonate a quelle di un altro ritratto tardo di Batoni della marchesa Barbara Durazzo Brignole del 1786″.

Il gesto della protagonista sembrerebbe alludere all’episodio narrato da Plinio il Vecchio, in cui Cleopatra, dopo avere scommesso con Marco Antonio di essere in grado di offrirgli un banchetto sontuoso spendendo un milione di sesterzi, avrebbe preso la perla di inestimabile valore di un proprio orecchino e l’avrebbe sciolta nell’aceto, bevendo poi la miscela. Come la seduttiva regina dell’Egitto, la contessa è infatti colta nell’atto di sospendere una grossa perla sopra una coppa, dimostrando così un’aristocratica indifferenza nei confronti dell’aspetto venale del lusso.

Durante il periodo di esposizione dell’opera, il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini propone un ciclo di visite guidate gratuite a cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza:
sabato 17 febbraio ore 16.30
domenica 25 febbraio ore 16.30
domenica 3 marzo ore 16.30
sabato 16 marzo ore 16.30
sabato 30 marzo ore 16.30
domenica 7 aprile ore 16.30.

Opera esposta
Pompeo Girolamo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787)
Ritratto della contessa Maria Benedetta di San Martino, 1785
Olio su tela, cm 99 x 74
Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid
Inv. n. 32 (1977.28)

Mostra
Un ritratto di Pompeo Batoni (1708 – 1787) dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid

A cura di
Mark Gregory D’Apuzzo e Ilaria Negretti

Promossa da
Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica

In collaborazione con
Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

Sede
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44, Bologna

Periodo di apertura
16 febbraio – 7 aprile 2024

Inaugurazione
Giovedì 15 febbraio 2024 ore 17.30

Orario di apertura
Martedì, mercoledì, giovedì 10.00 – 15.00
Venerdì 14.00 – 18.00
Sabato, domenica, festivi 10.00 – 18.30
Chiuso lunedì non festivi

Ingresso
Gratuito

Informazioni
Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini
Strada Maggiore 44 | 40125 Bologna
Tel. +39 051 236708
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/arteantica
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
Instagram: @museiarteanticabologna
TiKTok: @museiarteanticabologna
Twitter: @MuseiCiviciBolo

Settore Musei Civici Bologna
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Ufficio Stampa / Press Office Settore Musei Civici Bologna
Tel. +39 051 6496658 / +39 051 2193469
Elisabetta Severino – Silvia Tonelli
ufficiostampabolognamusei@comune.bologna.it
elisabetta.severino@comune.bologna.it – silvia.tonelli@comune.bologna.it

Biblioteca Regionale di Messina- “Sulle tracce antonelliane”. Esposizione bibliografico-documentale 

Inaugurazione 23 febbraio 2023 ore 17

Salone Eventi della Biblioteca

Nel 70esimo dalla importante rassegna svoltasi nel 1953 negli spazi di Palazzo Zanca a Messina, allestita da Carlo Scarpa, Architetto e Designer italiano sempre alla “ricerca del sublime”, avrà luogo venerdì 23 febbraio 2024, alle ore 17, presso il Salone Eventi della Biblioteca Regionale Universitaria “Giacomo Longo” di Messina, l’inaugurazione della Esposizione bibliografico-documentale “Sulle tracce antonelliane”, che gode del Patrocinio del Comune di Messina e si svolge in collaborazione con le Associazioni “Cara Beltà-Sicilia” e “Antonello da Messina”, a completamento delle manifestazioni dagli stessi già avviate con successo.

Nel solco delle iniziative volte a rievocare la straordinaria Mostra svoltasi nel 1953 negli spazi di Palazzo Zanca a Messina, allestita da Carlo Scarpa, Architetto e Designer italiano sempre alla “ricerca del sublime”, nel 70esimo dalla importante rassegna, la Biblioteca Regionale Universitaria “Giacomo Longo” propone una Esposizione bibliografico-documentale, tra Fondi Antichi e Libro Moderno, per ripercorrere i molteplici risvolti artistici dell’insigne “Pictor” Antonello da Messina che tanto lustro dà ancora oggi alla “Città dello Stretto”.

E se in aggiunta al proprio nome l’Artista Antonio di Giovanni de Antonio, detto Antonello, porta, quale nobile attribuzione, “da Messina” e se ancora – piace pensare, con una punta di orgoglio per i propri natali – “dipinge” la firma sulle preziose tele (Antonellus Messaneus pinxit), così anche si può ben ritenere la Città parte autentica e complementare dell’Artista. A pieno titolo, pertanto, si può fin d’ora nominare Messina “Città di Antonello”.

L‘inaugurazione della Esposizione, che gode del Patrocinio del Comune di Messina e si svolge in collaborazione con le Associazioni “Cara Beltà-Sicilia” e “Antonello da Messina”, a completamento delle manifestazioni dagli stessi già avviate con successo, avrà luogo Venerdì 23 febbraio 2024, alle ore 17, presso il Salone Eventi d’Istituto. Dopo il taglio del nastro, porgeranno i saluti il Sindaco, Dott. Federico Basile e le Autorità presenti e, a seguire, i Saluti Istituzionali e l’Introduzione della Direttrice della Biblioteca, Avv. Tommasa Siragusa. Il momento inaugurale proseguirà, quindi, con i contributi di valore del Dott. Gioacchino Barbera, Storico dell’Arte e già Direttore del Museo Regionale di Messina, della Dott.ssa Grazia Musolino, Storica dell’Arte e già Dirigente Regionale di Struttura e della Dott.ssa Milena Romeo, Giornalista e Presidente di Cara Beltà-Sicilia e dell’Associazione Nazionale “Antonello da Messina”.

L’interessante e ricca rassegna presenterà, secondo una articolata suddivisione in sezioni, la figura e le opere di Antonello, anche a confronto con i Fiamminghi, gli Artisti italiani del Suo tempo e i Pittori antonelliani.

I fruitori potranno visionare rare stampe d’epoca e tra i volumi dei pregiati Fondi Antichi custoditi da questa Biblioteca il manoscritto facente parte del Fondo La Corte Cailler, FN 156 “Di Giovanni, Lazzaro. 4 lettere 1818” e il testo a stampa Rari B 5 “Grano, Gaetano <1752-1828> Memorie de’ pittori messinesi. – Napoli : nella Stamperia regale, 1792”.

Di estremo interesse, poi, l’allestimento del Libro Moderno, il cui percorso si snoderà tra monografie e periodici, che ben illustreranno le tappe salienti dell’Artista e l’evoluzione della Sua Arte ponendo l’accento sulle novità pittoriche che Antonello da Messina seppe introdurre nell’Arte Italiana del Suo tempo, stabilendo anche un confronto di immagini di dipinti assimilabili per tematica e stile.

Si avrà una visione più ampia della Sua formazione, altresì raffrontando il Pittore ai Fiamminghi Van Eyck, Van der Weyden, Memling attraverso la presentazione di testi e la comparazione di stili.

Ci si potrà immergere poi pienamente nel Quattrocento con gli Artisti Suoi seguaci in un itinerario ad ampio raggio.

Per meglio delineare la Messina al tempo di Antonello e altri aspetti non del tutto conosciuti legati alla vita dell’insigne “Pictor”, saranno, inoltre, proposti volumi riferiti a personaggi illustri messinesi, Suoi contemporanei: il patriota Giovanni Mallone – rispetto al quale se ne è ipotizzata la raffigurazione nella figura dolente della Pietà del Museo Correr di Venezia – e la Santa Eustochia Smeralda Calafato(1434-1485).

Bacheche saranno, altresì, dedicate alle mostre organizzate a Messina su Antonello e i suoi seguaci: quella famosa del 1953, allestita da Scarpa negli spazi di Palazzo Zanca, e quella del 1981 presso il Museo Regionale, nonchè la famosa esposizione presso le Scuderie del Quirinale a Roma nel 2006. I giornali e le riviste locali e nazionali tratti dalla nutrita raccolta di periodici presente presso l’Emeroteca d’Istituto riporteranno infatti alla memoria queste importanti esposizioni.

Saranno consultabili e fungeranno poi da ausilio per una approfondita conoscenza dell’argomento le ricche bibliografie tematiche, compilate per l’occasione dal personale bibliotecario, il cui riversamento potrà essere richiesto sul supporto digitale cd-rom.

Il Quattrocento segna un momento di svolta in campo letterario e artistico italiano con la diffusione dell’Umanesimo. Si assiste alla nascita del Rinascimento che vede in Firenze la sua capitale sotto la signoria dei Medici mentre l’Italia Meridionale è sotto il dominio degli Aragonesi legati all’arte gotica e aperti alle influenze dei Fiamminghi. Questi, al pari di altre famiglie nobiliari, sono promotori di cultura, con le committenze, per la realizzazione di opere d’arte atte a rendere, attraverso lo sfarzo e l’autoreferenzialità, il loro potere sempre visibile.

In questo contesto storico, Messina, florida città portuale e mercantile, aperta ai contatti e scambi commerciali, ha avuto un ruolo primario anche in ambito culturale, al pari di Palermo.

Nella bella e ricca Messina quattrocentesca, si colloca la nascita di Antonello(1430?), come figlio d’arte: il padre Giovanni Michele d’Antonio, difatti, è “mazonus” (marmoraio e piccolo costruttore), e gli atti notarili d’epoca gli attribuiscono un altare per la chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano e un portico per la casa di Giovanni Stayti.

Cresciuto fanciullo sotto le cure della madre Garita, il giovane Antonello, quindicenne, inizia a lavorare per tre anni ad Alcamo presso la bottega di un maestro conciatore di pelli come attesta il contratto notarile da Lui firmato. La Sua formazione in ambito pittorico inizia quando, trasferitosi a Napoli, diviene apprendista nella bottega del celebre pittore Colantonio. La durata del cennato tirocinio è incerta: probabilmente ha avuto inizio dopo il terremoto messinese del 1444, così come quella del rientro in Sicilia, che dovette precedere il 1457, anno in cui, da una vertenza con un apprendista, risulta che A. è già Maestro e titolare di bottega.

Parte importante della Sua conoscenza si deve alle scoperte di Giovanni Battista Cavalcaselle, lombardo, nel 1860, e successivamente nel 1925 venne data alle stampe in forma integrale una lettera del 1524 indirizzata da Pietro Summonte, umanista napoletano, a Marcantonio Michiel, con preziosi particolari sulla situazione artistica a Napoli, e ciò dopo le incerte informazioni su Antonello apparse nelle Vite del Vasari.

Certo è che Antonello, pur se di origini e formazione meridionali, ha partecipato a pieno titolo al clima fervido della Rinascenza italiana, con apporto di una maturità sublimamente composita, a conclusione di un fecondo succedersi di esperienze con refluenze di Spagna, Borgogna, Provenza, Liguria e Fiandre. La Sua Arte non può disgiungersi da quella Catalana, che larga eco aveva raggiunto in Sicilia e a Napoli nel XV secolo, e questa era la temperie del Suo Maestro Colantonio che, se non raggiunse punte geniali, resta tramite essenziale per la comprensione dei più alti esemplari dell’Arte del Settentrione, di carattere fiammingante. Colantonio operava però in guisa meno precisa, in analogia con Barthelemy d’Eick più che con Van Eick.

L’incontro con il Rinascimento, nella capitale artistica di quello mediterraneo, varrà a sciogliere, però, tali precedenti sensibilità in accenti di sintesi più nuovi e solenni.

La carenza di ampia documentazione e di opere datate, almeno fino al 1465, costituisce uno scoglio invalicabile per un’attenta disamina soprattutto di quella parte pregressa della vita dell’Artista.

Se la prima opera firmata e datata, il Salvator Mundi, è del 1465 – i cd biglietti con firma e spesso data, quasi quali mezzi illusionistici, sono di derivazione fiamminga – la maturazione nel senso delle grandi novità prospettiche e volumetriche cade tra il 1465 e il 1470, e successivamente le esperienze di tipo pierfrancescano si focalizzano sul tema dello scandaglio spaziale dei volumi, nella sicura coscienza di una solare prospezione luminosa, con un succedersi trionfale di capolavori, in una visione unitaria, ove il richiamo alle fonti settentrionali si è ridotto a complemento e le sublimi soluzioni di Piero sono state ormai immagazzinate. Negli anni precedenti, invece, come nella Madonna Salting, nonostante le riflessioni sulle novità formali e prospettiche di Piero, e gli studi sulla luce, A. non risulta padroneggiare appieno il sistema. Si postula prima del viaggio documentato a Venezia, la tappa a Roma e a Firenze, o a Milano come suggerisce il Maurolico (“etiam. Mediolanii fuit percelebris”).

Poi la stagione veneziana dal 1474, con un numero elevatissimo di opere e la fama secolare di genio del Rinascimento, con il superumano S. Sebastiano, ove le proporzioni del corpo umano sono rispecchiate da quelle architettoniche, e la Pala con la Madonna e Santi di S. Cassiano, con fusione di colori, volumi e luci, e la particolare ricchezza di momenti formativi che segnano una battuta di anticipo sulle ardite risultanze innovatrici di Giovanni Bellini; e ancora, la Crocifissione di Anversa, quella della National Gallery di Londra, e il San Gerolamo, trasformato in umanista, ove lo spazio si moltiplica ad infinitum, unitamente alla Pietà del Museo Correr, con il perfetto accordo con le figure in proscenio e il fondale paesistico aperto sul cielo. Grande il salto dal piccolo formato e dalle immagini fiamminghe. E, ancora, la serie degli Ecce Homo, ove si attira l’attenzione dell’osservatore sulla sofferenza, con pochissimi elementi accessori; la corda appesa al collo delle ultime versioni potenzia la carica emotiva delle immagini e testimonia la vicinanza alle idee francescane. Per concludere, la vasta galleria di ritratti di illustri collezionisti, con assimilazione del Ritratto di Jorg Fugger di Bellini: pur se le figure di entrambi sono cavate dal naturale, in Antonello prevale però l’introspezione rispetto all’aspetto pubblico del Bellini; si sottolinea la compiutezza del presunto Autoritratto, di quello del Condottiero del Louvre, etc. dove le figure sono impostate di tre quarti, come nei fiamminghi, senza la loro impassibilità distaccata, anzi le immagini ipnotizzano l’osservatore trasportandolo tra le spire del dipinto.

Poi ancora Sicilia, e l’Annunciata palermitana, successiva al Polittico di San Gregorio, dà conto di questa fase, unitamente al Cristo alla colonna, alla Madonna con il Bambino e alla Pietà del Prado.

E Antonello diviene indifferente ad ogni astrazione e indugio formalistico e, nato estraneo al Rinascimento, dello stesso si fa forza inarrestabile.

Pictor classico dunque soprattutto nell’ultimo decennio, ove mostra quella unione di forma italiana e minuziosa indagine fiamminga, in uno alla fusione di luce e colore, resa con la tecnica ad olio, di derivazione settentrionale, con l’utilizzo della prospettiva lineare, e scarto di quella aerea, priva di regole. Per dirla con Fiorella Sricchia ogni tema di Antonello è un’invenzione iconografica, con conseguenze piuttosto che precedenti ben definibili. Il percorso in vertiginosa evoluzione, la miscela unica di componenti mediterranee, fiamminghe e italiane, risolta in uno stile personale, la capacità di rinnovarsi ad ogni dipinto, fanno dell’Artista un’Eccellenza, e ai Suoi dipinti migliori, per dirla con Marco Antonio Sebellico, non manca nulla ad eccezione dell’anima.

Antonello morì nel febbraio del 1479 probabilmente dopo aver contratto la tisi. Nel 1903, lo studioso messinese Gaetano la Corte Cailler trovò il testamento redatto dal notaio Antonio Mangianti, ove Antonello dichiarava di voler essere seppellito a Messina, nella Chiesa di Santa Maria di Gesù, con abiti francescani.(“Item volo et mando quod cadaver meum seppelliatur in convento Sancte Mariae Jhesu cum habitu dicti conventus […]): pertanto è presumibile una sua appartenenza al Terz’ordine Francescano Secolare. Sulla allocazione della Sua tomba, probabilmente nella Chiesa di Santa Maria di Gesù Superiore, tra le cui rovine sono state rinvenute vesti francescane, si discute ormai da tempo, senza certi riscontri.

Alla Sua Morte, le redini della bottega vennero assunte dai familiari e la Sua Arte influenzò la pittura di nuovi artisti, i cd “Antonelliani”, ma la Sua scomparsa lasciò un vuoto incolmabile e il figlio Jacobello e gli allievi non seppero essere altro che epigoni, ad eccezione del nipote Salvo D’Antonio, figlio del fratello Giordano, che ne interpretò i prototipi con maggiore originalità e, in parte, dei nipoti Antonello e Pietro de Saliba, figli di Giovanni e Orlanda, sorella del grande Antonello, e di Antonino Giuffrè.

Oggi possiamo affermare con certezza che la Sua Pittura ha viaggiato oltre l’Italia: dipinti di Antonello sono custoditi presso le più importanti istituzioni d’arte: in Inghilterra, Germania, Austria, Belgio, Francia, Spagna, Romania, America.

(a cura di Maria Rita Morgana)


Post dell’iniziativa culturale saranno presenti sulle pagine social della Biblioteca:

Chi non potrà prendere parte all’iniziativa in presenza, potrà scrivere sui social commenti e domande da rivolgere all’Autrice.
Nei giorni a seguire sarà disponibile il video.

Per INFO: Ufficio Relazioni con il Pubblico
                  tel.090674564
urpbibliome@regione.sicilia.it

Portopiccolo in baia di Sistiana (Duino Aurisina): CARSO CREAT(T)IVO MASCHERINI E IL CARSO

LAB FUTURIBILI CARSO CREA(T)TIVO

CARSO CREAT(T)IVO MASCHERINI E IL CARSO
Itinerario per l’antica cava in baia di Sistiana
e visita all’atelier dello scultore
Sabato 17 febbraio

Una passeggiata inusuale per scoprire Portopiccolo in baia di Sistiana (Duino Aurisina) attraverso la storia della sua pietra, perché prima (molto prima!) di essere un moderno resort, era una cava di pietra del Carso. La propone sabato 17 febbraio (appuntamento alle ore 9.00 davanti all’entrata di Castelreggio)l’Associazione culturale Casa C.A.V.E insieme alle guide di Estplore nell’ambito di Carso CRET(T)IVO, un nuovo progetto per la promozione del territorio attraverso itinerari, mostre e laboratori per la produzione di gadget e souvenir in un’ottica inclusiva.

L’itinerario a Portopiccolo permetterà di toccare diversi temi e di visitare una preziosa collezione all’aperto di sculture in pietra di Aurisina, elaborate durante le Residenze e Laboratori transfrontalieri di scultura contemporanea curate dalla Rassegna Energia dei Luoghi/Festival del Vento e della Pietra.
Sarà sempre la scultura a condurre i partecipanti nella seconda parte della passeggiata, con la visita alla casa museo Mascherini a Sistiana e la conversazione con immagini di Francesco Bordin, che parlerà dell’amore per il mare e la natura riscontrabile nella vita e nelle opere delgrandescultore.

La partecipazione all’iniziativa è gratuita ma i posti limitati e l’iscrizione è obbligatoria a: info@estplore.it  – Informazioni: 340 7634805.

Il progetto Carso CREAT(T)IVO finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia – direzione artistica Maddalena Giuffrida, co-ideazione Fabiola Faidiga e Sara Famiani, si divide in due sezioni, una attiva con itinerari guidati natur-artistici e una di ricerca creativa laboratoriale (questo è il motivo della doppia T nel titolo).

Parallelamente alle escursioni e visite guidate, che si protrarranno fino a maggio, sono iniziati anche i laboratori creativi inclusivi, guidati dalla giovane scultrice Greta Fila e dal pluripremiato scalpellino Jernej Bortolato di Pliskovica – Slovenia. I due tutor condurranno i partecipanti nell’ideazione, progettazione e produzione di inediti gadget in pietra di Aurisina, che saranno poi oggetto di una Mostra dedicata, coinvolgendo una ventina di ospiti dell’Associazione Oltre quella sedia / Progetto Cuore di Pietra e  del CEO di Malchina – Centro Educativo Occupazionale del Comune di Duino Aurisina gestito dalla Cooperativa sociale La Quercia, in collaborazione con l’azienda marmifera Gramar di Aurisina. Uno degli obiettivi di questo nuovo progetto sperimentale e creativo volto all’inclusività è anche l’avvio di una piccola economia che favorisca il lavoro di persone con disabilità.

Inoltre il progetto prevede una mostra sperimentale di manifesti fotografici “IL COLORE DEI LUOGHI” sulle cave romane di Aurisina e le pietre del Carso che sarà inaugurata in aprile presso la Portopiccolo Art Gallery.


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