9- Edmondo De Amicis, Costantinopoli: La vita a Costantinopoli – La notte

9- La vita a Costantinopoli – La notte

INDICE

L ’arrivo
Cinque ore dopo
Il ponte
Stambul
All’albergo
Costantinopoli
Galata
Il Gran Bazar
La vita a Costantinopoli
Santa Sofia
Dolma Bagcè
Le Turche
Ianghen Var
Le mura
L’antico Serraglio
Gli ultimi giorni
I Turchi
Il Bosforo

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Costantinopoli è di giorno la città più splendida e di notte la città più tenebrosa d’Europa. Pochi fanali, a gran distanza l’un dall’altro, rompono appena l’oscurità nelle vie principali; le altre son buie come spelonche, e non vi è chi ci s’arrischi senza un lume alla mano. Perciò, col cader della notte, la città si fa deserta; non si vedono più che guardie notturne, frotte di cani, peccatrici furtive, qualche brigata di giovanotti che sbuca dalle birrerie sotterranee, e lanterne misteriose che appariscono e spariscono, come fuochi fatui, qua e là per i vicoli e pei cimiteri. Allora bisogna contemplare Stambul dai luoghi alti di Pera e di Galata. Le innumerevoli finestrine illuminate, i fanali dei bastimenti, i riflessi del Corno d’oro e le stelle, formano sopra un orizzonte di quattro miglia un immenso tremolio di punti di foco, in cui si confondono il porto, la città ed il cielo, e par tutto firmamento. E quando il cielo è nuvoloso e in un piccolo spazio sereno splende la luna, si vedono sopra Stambul tutta scura, sopra le macchie nerissime dei boschi e dei giardini, biancheggiare le moschee imperiali, come una fila di enormi tombe di marmo, e la città presenta l’immagine della necropoli d’un popolo di giganti. Ma è anche più bella e più solenne nelle notti senza stelle e senza luna, nell’ora in cui tutti i lumi son spenti. Allora non si vede che un’immensa macchia nera dal Capo del Serraglio al sobborgo d’Eyub, un profilo smisurato in cui le colline sembran montagne, e le punte infinite che le coronano, pigliano apparenze fantastiche di foreste, di eserciti, di rovine, di castelli, di rocce, che fanno vagare la mente nelle regioni dei sogni. In queste notti oscure, è bello il contemplare Stambul da un’alta terrazza e abbandonarsi alla propria fantasia: penetrar col pensiero in quella grande città tenebrosa, scoperchiare quella miriade di arem rischiarati da una luce languente, veder le belle favorite che tripudiano, le abbandonate che piangono, gli eunuchi frementi che tendono l’orecchio alle porticine; seguire gli amanti notturni per i labirinti dei vicoli montuosi; girare per le gallerie silenziose del gran bazar, passeggiare per i vasti cimiteri deserti, smarrirsi in mezzo alle innumerevoli colonne delle grandi cisterne sotterranee; raffigurarsi d’esser rimasti chiusi nella gigantesca moschea di Solimano e di far risonare le navate oscure di grida di spavento e d’orrore strappandosi i capelli e invocando la misericordia di Dio; e poi tutt’a un tratto esclamare: – Che baie! Sono sulla terrazza del mio amico Santoro, e nella sala di sotto m’aspetta una cena da sibarita in compagnia dei più amabili capi ameni di Pera.

Il capitolo è composto da 24 ritratti della città


Edmondo De Amicis
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Edizione elettronica tratta da Liber Liber

Opera di riferimento: “Costantinopoli” di Edmondo De Amicis, Fratelli Treves editori, Milano 1877

Alla edizione elettronica ha contribuito Vittorio Volpi, volpi@galactica.it

Revisione: Catia Righi, catia_righi@tin.it

Pubblicato su Liber Liber da Marco Calvo, al quale vanno i nostri ringraziamenti.

Costantinopoli è un libro di ricordi scritto da Edmondo De Amicis e pubblicato nel 1877. Il soggetto dell’opera è il viaggio di più giorni fatto nel 1874, in compagnia dell’amico pittore Enrico Junck, a Istanbul, capitale dell’Impero Ottomano, quale corrispondente per conto della rivista Illustrazione Italiana.

De Amicis ha elaborato l’opera raccogliendo tre anni dopo la visita le impressioni in un libro, parte dagli appunti presi durante il viaggio e parte da memorie personali.  Ne emergono molte informazioni sulla Istanbul del secolo XIX e sulla storia ottomana. L’opera originale comprendeva anche 45 incisioni di Enrico Junck. La prima edizione fu pubblicata nel 1877 in due volumi. Cesare Biseo ne illustrò un’edizione del 1882, a causa della prematura scomparsa di Junck.

Il Grande Bazar d’Istanbul in un disegno di Cesare Biseo tratto dall’edizione del 1882

L’opera riscosse un successo immediato e fu tradotta in molte lingue, oltre naturalmente al turco, ma ricevette anche critiche severe, come quella di Remigio Zena nel suo diario di bordo In Yacht da Genova a Costantinopoli (1887). Nel suo libro Istanbul – Memory of a City, lo scrittore turco Orhan Pamuk (premio Nobel per la letteratura 2006) ha definito Costantinopoli di Edmondo de Amicis il miglior libro scritto su Istanbul nell’Ottocento, seguito da Costantinopoli di Théophile Gautier (1852). Umberto Eco, nell’introduzione ad una nuova ristampa del 2005, ha affermato che la descrizione della città fatta da De Amicis appare come la più cinematografica.

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