Eleonora Coloretti, “Guardare il restauro” – Il metodo oltre la teoria

Gianluigi Colalucci nel 1986 lavora alla ripulitura della volta della Cappella Sistina –
Gianni Giansanti/Gamma-Rapho, tramite Getty Images

“Sono incuriosito ed emozionato, vedo qualcosa che non mi aspettavo”.

Ecco a voi la seduzione del restauro

Sono incuriosito ed emozionato, vedo qualcosa che non mi aspettavo, il colore azzurro, il meraviglioso colore azzurro… È una cosa straordinaria! Il colore azzurro è il colore di Dio secondo Michelangelo, come diceva Vittoria Colonna. In basso sfuma una sorta di crepuscolo, contro il quale si stacca la resurrezione dei morti e il gruppo dei dannati. Beh, ha ritrovato la sua composizione l’affresco… È straordinario. Una cosa straordinaria”.

Federico Zeri

  • Collana Storia dell’arte
  • Anno 2023
  • Pagine 84, con oltre 30 illustrazioni a colori e in b/n
  • Formato 21 x 27 cm, brossura
  • ISBN978-12-80956-10-1

Il libro apre con una prefazione curata da Claudio Strinati e una introduzione dell’autrice, Eleonora Coloretti.

La prima parte del volume è costituita dalle interviste a Gianluigi Colalucci, Carlo Giantomassi e Donatella Zari, Guido Botticelli, Antonio Forcellino.

La seconda parte del volume ripercorre e mette a confronto quattro restauri scelti fra quelli realizzati dai maestri intervistati:

  • La Cappella Sistina – Restauro di Gianluigi Colalucci
  • Giuditta e Oloferne – Restauro di Carlo Giantomassi e Donatella Zari
  • La Madonna del parto – Restauro di Guido Botticelli
  • La Tomba di Giulio II – Restauro di Antonio Forcellino

Sul libro
“Guardare il restauro”
di Eleonora Coloretti
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Diana Daneluz, La storia e l’alchimia magica del restauro
in un libro

di Sergio Bertolami

Un libro che non ti emoziona non vale neppure aprirlo, ma se apri un libro come “Guardare il restauro” di Eleonora Coloretti, ricercato ed elegante già nella copertina e nella grafica, sai che dovrà essere letto tutto e attentamente. Pagina dopo pagina t’impegnerà a dipanare il fil rouge dei pensieri e dei ricordi, perché un libro che emoziona suscita sempre dei ricordi: i tuoi di lettore, quelli di chi lo ha scritto e quelli rievocati dai protagonisti. Qui il filo rosso è lo spirito sottile di cui è tessuta una professione, fatta di vicende personali ed esperienze, che hanno plasmato scienza e coscienza. «Da restauratrice professionista – scrive l’autrice – in questi anni ho sentito crescere il bisogno di indagare nel profondo il concetto di “Restauro” ed ho percepito fortemente l’odierna crescente perplessità riguardo al ruolo assunto dal restauratore nella società». Trovo questo filo rosso in ogni domanda che Eleonora Coloretti rivolge ai suoi amici speciali, fra i più grandi restauratori di questi nostri anni. Eleonora – da ora in poi mi riferirò a lei così, per nome, come compare nelle sue conversazioni – lo fa con garbo e desiderio di risposte sincere, per afferrare il quid di cui è costituita la professionalità quando raggiunge la sua massima espressione.

Se un libro che ti emoziona suscita dei ricordi, il mio conduce a Como. Nel bel parco di Villa Olmo affacciato sul lago, il buffet per il pranzo, in via del tutto eccezionale, è stato allestito all’aperto. Interrompe le lezioni full immersion di perfezionamento in restauro lapideo sulle orme dei Magistri cumacini. Ne approfitto per scambiare qualche impressione sui restauri della Volta Sistina con Pio Baldi, oggi Presidente della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere e già allora nome di rilevanza nel restauro architettonico. In quei giorni la controversia nei confronti di Gianluigi Colalucci era all’apice, capeggiata principalmente da James Beck, che sbandierava l’antica tecnica del “buon fresco”, secondo lui tradita da Colalucci, e poneva in primo piano l’aggressività di alcuni impacchi da lui azzardati impiegando il solvente AB-57. Baldi concluse il suo ragionamento con una battuta che, a memoria, pressappoco diceva: se qualcuno ha passato la vita ad esaltare le cupe tonalità michelangiolesche, che vuoi che dica dei colori squillanti riportati in luce da Colalucci? Risposi e ancora oggi risponderei: gli storici dell’arte dovrebbero essere più avvezzi a salire sui ponteggi.

Michelangelo Buonarroti, Volta della Cappella Sistina, Daniele, prima e dopo il restauro di Gianluigi Colalucci

Per quanto non si pensi, il restauro è prodigiosamente materico e ogni linea di principio teorico va inverata a trenta centimetri di distanza, scrutando la realtà delle superfici. Soltanto un conoscitore esperto dell’opera d’arte, in mancanza di documenti diretti, può prendere decisioni delicatissime, quanto pericolose. In tal senso si esprime anche Antonio Forcellino nel corso della sua conversazione con Eleonora. James Beck lo aveva contattato chiedendogli di sottoscrivere un’invettiva contro Colalucci. La sua risposta affermativa non era affatto scontata, perché Forcellino si schierò dalla parte di Colalucci. «Io penso che quello sia stato un lavoro straordinario, lui aveva cambiato l’immagine di Michelangelo e questo non glielo perdonarono». Aveva cambiato una immagine stereotipata e apparentemente inamovibile. «Colalucci ha fatto un lavoro straordinario, è riuscito a tenere sotto controllo un restauro di quella levatura, e tale capacità richiama l’idea del restauro come un processo critico intellettuale, fondamentale, che viene sempre misconosciuto perché si parla di restauro scientifico, di tecnica, di applicazione della procedura che era studiata o sperimentata, ma questo restauro era un’altra cosa: era il saper tenere sotto controllo il risultato di centinaia di metri quadrati».

Forcellino assomma molte competenze per potere esprimere un suo parere con cognizione di causa: è un restauratore proveniente dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR), uno storico dell’arte, uno scrittore. È anche un architetto, che ha avuto il privilegio di formarsi con Frommel, Urbani, Marconi. Erano gli stessi anni in cui anche io andavo costruendo l’impalcatura di una professione rigorosa. Le lezioni di storia dell’architettura e di storia della critica d’arte tenute da Paolo Marconi, la frequentazione della biblioteca e dei convegni all’Accademia di San Luca, hanno permesso a me, a Forcellino, a noi studenti tutti, di affrontare la ricerca scientifica e la direzione di cantiere in un modo del tutto differente dalla maggior parte dei colleghi incontrati nel corso della professione. Forcellino è l’esempio lampante di tutto ciò: «Quando ero di fronte al Mosé io vedevo una statua che aveva delle evidenti incongruenze, invece gli storici dell’arte per secoli sono andati di fronte alla statua e hanno visto ciò che gli altri avevano scritto, questa è la differenza sostanziale».

Urgeva, quindi, una rilettura filologica condotta attraverso la ricerca dei documenti storici, del contesto in cui l’opera era stata generata. Oggi è possibile, attraverso l’interazione con le banche dati mondiali, confrontare lo stile di un artista con le altre opere della sua stessa produzione e col clima intellettuale riscontrabile fra i suoi contemporanei. Nondimeno, secondo Forcellino il problema che si pone oggi all’attenzione consiste nella progressiva cancellazione della connoisseurship in ambito storico-artistico, e questo esclusivamente per non mettere in discussione molti assunti della tradizione critica. Chi si occupa d’arte sa bene quanto sia vero. Basti ricordare le innumerevoli ed erronee attribuzioni di antica data. Ad esempio, nel Camposanto di Pisa – dove Eleonora è stata impegnata nel restauro di vari affreschi – tre storie del Beato Ranieri a lungo furono attribuite a Simone Martini, ma è grazie a Giovan Battista Cavalcaselle se oggi i tre dipinti sono riconosciuti come opere del domenicano Andrea di Bonaiuto.

Michelangelo Buonarroti, Mosè, Tomba di Giulio II – Restauro di Antonio Forcellino

Forcellino è nominato nella seconda parte del volume per il restauro del Mosè di Michelangelo in San Pietro in Vincoli a Roma, opera principale del complesso marmoreo della tomba di Giulio II. Alla domanda di Eleonora se lo abbiano mai attaccato per il lavoro svolto, Forcellino risponde che il tentato assalto è stato sferrato solo per essersi azzardato ad uscire dal recinto. Quale recinto? Quello esistente fra restauratori e storici dell’arte. Come affrontare la carica? All’epoca Forcellino ne “uscì vivo” grazie a Christoph Luitpold Frommel, forse il maggiore studioso della scultura di Michelangelo, che organizzò un seminario internazionale e aprì il dibattito. In modo esemplare Colalucci lo fece, invece, grazie alla determinazione e alla pacatezza con le quali ha sempre portato avanti teorie e convinzioni. In altre parole, il segreto è possedere una salda coscienza della propria identità, sapendo comprendere il limite che la distingue dalle alterità.

Oltre a quelle citate, ulteriori deplorazioni troviamo in questo stimolante libro di Eleonora, che pur manifestandone i punti di frizione non contrappone in modo assoluto restauratori e storici dell’arte. Tant’è che lei stessa, con spiccato equilibrio editoriale, affida la prefazione del suo volume proprio ad uno storico dell’arte come Claudio Strinati, fra i più conosciuti e seguiti per la limpidezza di idee persino dal pubblico non specialista. Il famoso critico, quasi a conclusione del suo brano, asserisce francamente: «Questo libro è destinato ad affiancarsi degnamente e autorevolmente sia ai trattati teoretici consacrati cui apporta comunque contributi di nuove idee e nuove conoscenze; sia ai testi storici anch’essi ormai divenuti veri e propri classici che ripercorrono la vicenda del restauro in Italia e sono sovente la migliore base su cui orientare la ricerca».

Claudio Strinati, storico dell’arte

A proposito di deplorazioni, sin dalle prime battute, Strinati non può non sottolineare quella che corre unanime in tutte le interviste. I restauratori di opere d’arte lamentano lo strapotere delle imprese afferenti all’imprenditoria edile. Sotto accusa è il codice degli appalti, che individua macrocategorie e sottocategorie a seconda del settore di riferimento. Per evidenti ragioni, il maggiore raggio d’azione garantisce le ditte edilizie da eventuali perdite finanziarie, al contrario dei restauratori che agiscono soltanto su opere il cui importo dei lavori è limitato e finalizzato quasi unicamente al recupero artistico. Se questa preminenza delle ditte vale nell’intervento pubblico, a più forte ragione vale in ambito privato. Commenta Colalucci: «Se ci si trova di fronte a una superficie decorata dell’architettura, sia essa una di quelle presenti in qualche caseggiato medievale che abbia un finto bugnato dipinto a quadri o a triangoli, o che siano gli affreschi di Giotto, se tu non sei in grado di fare la differenza e capire che cosa hai sotto le tue mani, se non sei pienamente consapevole del valore aggiunto che ti viene richiesto in qualità di esperto conoscitore del settore, accade che chiunque si possa sentire idoneo a fare tutto».

La dimostrazione è sotto gli occhi di tutti. La prova è nei molteplici interventi sui prospetti architettonici dei centri storici, che il più delle volte non tengono affatto conto delle coloriture originali dei paramenti, figurarsi poi se considerano l’esatto disegno nella risarcitura di fregi a rilievo o di decorazioni pittoriche. Sia in esterni che negli interni, parlare di calchi, stratigrafie di colore, scialbi, è adoperare un lessico del tutto estraneo a chi disconosce il linguaggio della conservazione. La verità sta nel fatto che la concezione di patrimonio culturale, nella sua vera essenza, interessa soltanto a chi esercita il lavoro di recupero – quello sotto l’alta sorveglianza delle soprintendenze, per intenderci – ma basta uscire dagli ambiti per ritrovare persino fra i proprietari di edifici vincolati una incultura davvero allarmante.

«Questo totale abbandono e distacco – lamenta Eleonora nei confronti della committenza privata – si percepisce ormai troppo spesso soprattutto dal modo in cui le persone si approcciano all’arte e alla testimonianze che essa ci ha lasciato; non c’è più amore, quasi nessun rispetto…». In modo quasi liberatorio Carlo Giantomassi risponde di aver sempre evitato di lavorare con i privati: «Avevamo contatti con tutti i sovrintendenti e storici dell’arte, soprattutto storici dell’arte, raramente architetti perché hanno sempre questa cultura dell’impresa, tranne qualche eccezione». È sicuramente una scelta decisa e congruente; ma non è l’unica, perché vi si può contrapporre la scelta, altrettanto legittima, di Forcellino: «Da un certo momento in poi tutta la mia carriera è stata al servizio di committenti privati e di questo sono fierissimo e tutti coloro che continuano a sbraitare sul buon funzionamento della pubblica amministrazione riguardo ai beni culturali non sanno di che parlano quando cantano le virtù delle sovrintendenze, perché evidentemente non sono mai stati al loro interno». Tutto ciò a dimostrazione che l’esercizio di una professione può seguire indirizzi del tutto differenti, ma il denominatore comune rimane il carattere intrinseco del “professare” – quindi manifestare, palesare, esercitare – un’idea colta, elevata, quale conseguenza di lunghi studi e applicazioni.

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Giuditta e Oloferne
Restauro di Carlo Giantomassi e Donatella Zari

Carlo Giantomassi e Donatella Zari, compagni nel lavoro e nella vita, non si sono mai limitati al semplice restauro, ma hanno sempre cercato di studiare l’opera d’arte per capirla e restituirla nella sua integrità. Nel libro sono menzionati per il restauro di Giuditta e Oloferne di Caravaggio, conservato nella capitale a Palazzo Barberini. Ma numerosi sono gli interventi realizzati nelle grandi località d’arte italiane come Assisi, Padova, Pisa o all’estero. «Quando lavoravamo fuori Roma – precisa Giantomassi – mentre gli altri tornavano a casa durante il weekend, noi rimanevamo per poter discutere e definire tutto il lavoro della settimana successiva senza interferenze da parte di altri». A ben considerare, ogni processo è la conseguenza di valutazioni e scelte, il più delle volte aderenti alla manualistica corrente, altre volte risultato di nuove prove da fronteggiare.

Eleonora, nel corso delle sue conversazioni, pone l’accento sulla necessità di una competenza pratica oltre che teorica, che sono le due componenti fondamentali per essere un professionista completo. Giantomassi non può che condividere il suo punto di vista: «Non ti concentravi solo sulla tecnica, quella ovviamente c’era, ma non era la prima cosa, entravi dentro l’opera a 360°…». L’afflato che sottende questi discorsi, convinti e convincenti, è l’effetto di un impegno svolto con passione: «Per esempio siamo stati a Kabul abbiamo ricostruito i frammenti delle sculture che i talebani avevano preso a martellate, alla fine circa il 95% dei frammenti siamo riusciti a ricostruirli… Questo perché ci appassionò farlo».

Occorre naturalmente poter fare affidamento su di una preparazione a tutto tondo che, tuttavia, appare carente nel bagaglio delle giovani generazioni, instradate verso un restauro sicuramente più scientifico, grazie all’apporto delle nuove tecnologie, ma per converso anche più limitativo e settoriale. «Oggi invece – chiosa Giantomassi – tutto è ormai specializzazione, forse un po’ troppo, noi abbiamo restaurato mosaici, materiali lapidei, affreschi, tempere, dipinti su tela e su tavola, un po’ di tutto, tranne metalli o ceramiche perché erano materiali che riguardavano il campo dell’archeologia». Come sempre occorre la giusta misura. La specializzazione non dovrebbe inficiare lo sguardo d’insieme, ma sembra che il sistema preferisca formare “restauratori incompleti”: c’è chi opera soltanto stuccature o descialbi e chi ritocchi pittorici, cosicché gli uni spesso trovano difficoltà ad eseguire il lavoro degli altri. Una sorta di pratica “imprenditoriale” dettata da una mera questione di soldi, una di catena di montaggio per abbattere i costi, anche dinanzi alle grandi opere del nostro immenso patrimonio artistico.

Piero della Francesca, Madonna del parto – Restauro di Guido Botticelli

La conversazione con Guido Botticelli si discosta dallo schema di domande e risposte adottato nella prima parte del libro. Ne risulta l’avvincente racconto di una vita. Il diploma iniziale alla scuola d’arte in ceramica. Lo studio di giorno e il lavoro di sera, per via delle ristrettezze economiche. L’approdo come apprendista al laboratorio di restauro del prof. Dino Dini. Per quanto sia tentato non mi soffermerò oltre – lasciandovi tutto il piacere della lettura – ma accennerò qualcosa su ciò che Botticelli afferma di avere imparato con l’andare del tempo: «Ho sempre avuto questa idea: puoi fare il restauratore o l’improvvisatore; l’improvvisatore è quello che fa soldi, il restauratore quello che se li suda». Poi ci sono coloro che si atteggiano a storici dell’arte ma non sanno spiegare il lavoro che hanno fatto: «Non so se pensare a superficialità o ad incompetenza». Botticelli è invece un maestro: non c’è studente che non abbia letto il suo libro: “Metodologia di restauro delle opere murali”. Una metodologia appresa in mille occasioni: dialogando a fine lavoro coi colleghi o affrontando la disastrosa alluvione del 4 novembre del 1966: «L’alluvione di Firenze ha cambiato tutto: ha aperto il rapporto con la scienza, ha richiesto un dialogo ancora più serrato con altri colleghi e con gli storici, ha creato i presupposti per sviluppi fino all’ora impensati nelle tecniche e nei materiali, ma tutto ha potuto avere luogo grazie al confronto e alla piena collaborazione tra le figure fondamentali nel restauro». In una parola: interdisciplinarità. Oggi, al contrario, sembra che ognuno sappia fare da sé e che le analisi scientifiche possano fornire sempre soluzioni sicure.

Eppure, per quante analisi siano prodotte, per quanti pareri si possano ascoltare, ci sarà sempre un momento in cui occorrerà assumersi la responsabilità di prendere la decisione giusta. Per attuare tutto ciò occorre sapere valutare la realtà per quella che è, afferma Botticelli: toccare con mano le problematiche, confrontare soluzioni, riconoscere i propri errori, manifestare le critiche necessarie: «Questo è stato sempre il mio modo di affrontare il mestiere come anche l’insegnamento: dire le cose senza nascondersi e mettersi sempre in gioco a scapito, a volte, di un po’ più di diplomazia». Ecco perché analizzare il passato, non solo attraverso gli studi teorici, ma attraverso la responsabilità del cantiere, può aiutarci a migliorare.

Gli esempi si susseguono, gli aspetti sono sviscerati, le indicazioni si fanno sempre più suadenti. Il racconto di Botticelli riassume e rilancia quello dei suoi amici e colleghi che Eleonora ha raccolto in queste sue pagine. Sono il frutto maturo delle esperienze. Per cui, lascerei concludere a Guido Botticelli questo mio lungo pezzo scritto per una rivista che, non a caso, si chiama Experiences: «Queste mie parole possono apparire pesanti, ma queste esperienze le ho vissute fino ad oggi in prima persona e voglio essere, con questa mia testimonianza, non solo uno stimolo per molti ma anche un elemento di disturbo che faccia in qualche modo riflettere e arrabbiare qualcuno: se ciò serve a scuotere le coscienze, in primis quelle degli operatori del settore, questa intervista non sarà stata inutile».


INSERTO FOTOGRAFICO


Forte Marghera: “Artefici del Nostro Tempo” – I vincitori e la mostra collettiva

Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia

ARTEFICI DEL NOSTRO TEMPO 
Forte Marghera, Padiglione 29, Mestre (Ve)

30 giugno – 31 dicembre 2023

A Forte Marghera la premiazione dei vincitori della quarta edizione di
“Artefici del Nostro Tempo” e l’inaugurazione della mostra collettiva

L’arte giovanile protagonista a Venezia, palcoscenico internazionale per i partecipanti della quarta edizione del concorso “Artefici del nostro tempo”. Taglio del nastro al Padiglione 29 di Forte Marghera che ospiterà fino a dicembre la Collettiva degli artisti under 35. Qui, dal prossimo mese di novembre, approderanno anche le opere realizzate dai vincitori della rassegna, ora esposte all’interno del Padiglione Venezia, ai Giardini della Biennale, nell’ambito della 18^ Mostra Internazionale di Architettura.

Foto di gruppo

La cerimonia d’inaugurazione dell’esposizione si è aperta con la premiazione degli artisti vincitori delle sette categorie in concorso. Forte Marghera torna così ad essere uno spazio di arte e di cultura giovanile, consolidando la vocazione e il primato che in terraferma è ormai da tutti riconosciuto e che consente ai visitatori, tutto l’anno, di fruire di eventi e manifestazioni di caratura internazionale.

Cinquecento circa sono state le opere iscritte al concorso, realizzate da artisti o collettivi provenienti non solo da tutta Italia, ma anche da moltissimi paesi europei ed extraeuropei quali Cina, Brasile, Russia, Moldavia, Francia e molti altri. Un numero di partecipanti che porta ad oltre quattromila, in quattro edizioni, il numero di iscrizioni, numeri certamente ben più alti se si pensa che molte di queste sono formate da collettivi di più persone, a conferma del fatto che questa città sa offrire spazi prestigiosi e opportunità uniche anche ai giovani artisti.

Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia

“Artefici del Nostro Tempo è diventata una manifestazione credibile perché siete credibili voi e la qualità delle vostre opere è eccelsa. Il concorso offre ai giovani talenti sedi prestigiose che diventano veri e propri incubatori di opere e idee multiformi, che consentono una crescita artistica e una visibilità internazionale che di fatto è la grande e irripetibile opportunità offerta a voi” ha detto il sindaco rivolgendosi ai giovani artisti. “Noi crediamo che bisogna dare spazio ai giovani e sono sicuro che tra di voi ci siano grandi talenti di cui sentiremo parlare nei prossimi anni. Questo concorso è un percorso che facilità la diffusione e la conoscenza delle vostre capacità e professionalità. E’ capitato quest’anno con i curatori del Padiglione Italia nell’ambito della Biennale Architettura, giovani artisti che parteciparono alla prima edizione del concorso e oggi hanno raggiunto un traguardo di assoluto prestigio. E’ la dimostrazione dell’importanza di questo concorso, che ha come obiettivo quello di ricucire il passato con il futuro, non è una mera esposizione di opere. Siamo qui a Forte Marghera, un luogo che rappresenta la storia di Venezia, e da qui riparte la sfida di difendere la cultura a livello internazionale. Le vostre opere appartengono al patrimonio pubblico, quelle vincitrici faranno parte dell’esposizione di Ca’ Pesaro uno dei musei di arte moderna e contemporanea più importanti d’Italia. La contemporaneità siete voi che con le vostre idee siete in grado di affrontare e raccontare i temi dei nostri tempi, come quello della sostenibilità. Venezia è di tutti, di chi ama la libertà e di chi ha una prospettiva di futuro. Il futuro siete voi e dovete conquistarlo”.

Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia

Alla premiazione sono intervenuti, oltre al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, la dirigente Area Attività Museali della Fondazione Musei Civici Chiara Squarcina, il commissario del Padiglione Venezia Maurizio Carlin, il direttore Sviluppo, Promozione della Città e Tutela delle Tradizioni e del Verde Pubblico Marco Mastroianni, la dirigente della Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro Elisabetta Barisoni e il presidente della Fondazione Forte Marghera Stefano Mondini.

Alla cerimonia hanno preso parte sia gli artisti vincitori assoluti che quelli selezionati per le sette discipline che sono: Design del Vetro, Fotografia, Pittura, Street Art, Design dell’Arredo Urbano, Design d’Interni e New Media Art; insieme a loro anche alcuni autorevoli giurati provenienti dal mondo dell’arte, della cultura e dell’Università, che hanno con grande competenza e attenzione giudicato e selezionato le opere in concorso.

Vincitori assoluti sono risultati: per il Design d’Interni il collettivo composto da Songhe Du, Yunxu Li e Qingyu Liu, per la Pittura Luca Rubegni, per la Street Art “Luogo Comune”, per New Media Art Nikita De Martin, per Design del Vetro Edoardo Armellin e per la Fotografia Alessia Gancitano.

Alle premiazioni è seguito il taglio del nastro per l’inaugurazione della mostra collettiva delle opere classificatesi dal secondo al decimo posto. Tutte le opere vincitrici assolute di “Artefici del nostro tempo” sono già in mostra al Padiglione Venezia ai Giardini della Biennale dallo scorso 20 maggio e si potranno ammirare sino alla chiusura prevista per il 26 novembre prossimo. Andranno poi ad arricchire la mostra collettiva di Forte Marghera, aperta fino al 31 dicembre, per entrare infine nella collezione permanente del Comune di Venezia per la Galleria di Ca’ Pesaro.

Le opere esposte quest’anno indicano nuove vie e percorsi, stimolando alla riflessione critica sulla società e sul mondo, esprimendo una creatività ed espressività artistica per certi versi innovativa e contemporanea, con l’uso anche di tecnologie digitali e multimediali emergenti (New Media Art che include la Stampa 3D, l’Illustrazione digitale e la Videoarte).

Tra le nuove discipline in questa quarta edizione del concorso, il Design d’Interni e il Design dell’Arredo Urbano hanno avvicinato le proposte artistiche allo spirito, da sempre innovativo, che la Biennale ha rappresentato nella sua storia. E’ infatti al “Laboratorio del futuro”, tema di quest’anno della Biennale Architettura, che il concorso ha rivolto lo sguardo ed ha consentito ai giovani artisti di esprimere fertili e nuove proposte culturali, estetiche ed artistiche.

“Artefici del nostro tempo” è realizzato in collaborazione con Fondazione Musei Civici di Venezia, Fondazione Forte Marghera, Vela Spa e Venis Spa. La mostra collettiva al Padiglione 29 è stata allestita a cura della Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro e sarà visitabile tutti i giorni ad eccezione del lunedì, dal 30 giugno al 30 settembre con orario 16-20 e dal 1° ottobre 31 dicembre con orario 12-16.



Maggiori informazioni ►qui

Forte Marghera
Via Forte Marghera, 30
30173, Venezia – Mestre (VE)
 
Contatti per la stampa
Fondazione Musei Civici di Venezia
press@fmcvenezia.it
www.visitmuve.it/it/ufficio-stampa
 
In collaborazione con
Studio ESSECI
Sergio Campagnolo
roberta@studioesseci.net

A Maria Pia Rossignaud il riconoscimento per l’impegno nel giornalismo e nella comunicazione

A Maria Pia Rossignaud il titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana

Riconosciuto così il suo impegno e la sua eccellenza nel campo

del giornalismo e della comunicazione

La cerimonia di consegna si è svolta mercoledì 28 giugno presso lUniversità

degli Studi di Napoli “Federico II”, nel complesso di San Giovanni a Teduccio,all’interno dell’aula magna. Presenti illustri personalità, tra cui il prefetto di Napoli

Maria Pia Rossignaud, giornalista, direttrice della rivista di cultura digitale Media Duemila e Vice presidente dell’associazione culturale Osservatorio TuttiMedia, nonché ideatrice del progetto Donna è Innovazione, oggi simbolo della cultura della condivisione e della cura,  è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. L’onorificenza è stata conferita alla dottoressa Rossignaud tramite un decreto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riconoscendo così il suo impegno e la sua eccellenza nel campo del giornalismo e della comunicazione.

La cerimonia di consegna si è svolta mercoledì 28 giugno presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, nel complesso di San Giovanni a Teduccio, all’interno dell’aula magna. Ha aperto la cerimonia il Rettore Matteo Lorito che ha sottolineato l’importanza della parola “merito”: “Parola chiave – ha affermato – che stiamo utilizzando per costruire e far funzionare questa grande e antica università”. Presenti illustri personalità, tra cui il prefetto di Napoli, Claudio Palomba che ha arricchito l’importanza dell’evento. La distinzione onorifica conferita a Maria Pia Rossignaud è il risultato del suo impegno costante nel fornire un contributo significativo alla comunicazione, affrontando le sfide dei cambiamenti indotti dalle nuove tecnologie e promuovendo la cultura digitale. Decisivo, nel panorama italiano ed internazionale, il contributo della giornalista e studiosa nella comprensione anzitempo delle potenzialità e dei rischi dell’Intelligenza Artificiale (AI).


Informazioni:
Diana Daneluz
e-mail: dianadaneluz410@gmail.com

Pescara: BadSeedZine Black Candy Tour – Mostra, Talk, Live Shooting & DjSet

BadSeedZine Black Candy Tour

Mostra fotografica, Talk, Live Shooting & DjSet

Artisti: Alessandra Pace / Luca Matarazzo / Marcel Swann / Luca Loreti 
Modelle: Aleenverse / Anja / Botanical Flower 
Soundscape: Vescovo ClubSet

Sabato 1 luglio 2023 ore 18-22 

Gart Gallery Modern & Contemporary Art
Via Gobetti 114 – Pescara

Fino al 15 luglio 2023

Sabato 1 luglio 2023 Gart Gallery Modern & Contemporary Art presenta BadSeedZine Black Candy Tour: i fondatori del collettivo BadSeedZine, Alessandra Pace, Luca Matarazzo e Marcel Swann, ognuno con il suo stile e la propria personale ricerca sulla fotografia erotica, si incontrano a livello espositivo per portare avanti il racconto dei nostri corpi, forti di diversità e vulnerabilità. 

Nell’esasperazione della visione di Rousseau secondo la quale l’uomo percepisce la sua esistenza solo all’interno del giudizio altrui, gli artisti mirano a creare, attraverso il medium della fotografia, un palco privato in cui soggetti, sempre ritratti in una dimensione di gioco e condivisione, possano raccontare senza alcuna costrizione chi sono e quello che sentono. 

Alessandra Pace, Brunella, 2018

“Il nostro è un messaggio di autenticità”, dichiara Alessandra Pace, “di non omologazione al gusto e alla morale comune, agli standard di bellezza imposti dai media, alla società patriarcale, alle etichette in generale”.

Utilizzando differenti tecniche fotografiche, i tre artisti creano un linguaggio personale che sembra costruire un ponte verso l’autodeterminazione degli umani presenti nel loro lavoro. 

“Le nostre foto non seguono canoni estetici e regole compositive”, afferma Luca Matarazzo, “ma sono dettate dalla pancia, dal momento, dall’energia che si crea con il soggetto e spaziano dal soft erotico al porno d’autore”. 

Nelle fotografie che saranno esposte la ricerca della verità interiore di ogni individuo si fa ossessione, come a significare che il baluardo della resistenza intellettuale sia ora più che mai la ricerca e l’adorazione del Vero. Gli artisti hanno avuto modo di conoscersi e di unirsi, fondando nel 2017 la rivista BadSeedZine, sentendo l’esigenza comune di uno “Stay true” più che mai necessario nell’epoca dell’omologazione.

“Le foto più esplicite hanno una funzione più da terapia d’urto”, dichiara Marcel Swann, “di sbattere in faccia la realtà, che il sesso, i genitali, il corpo nudo fanno parte della nostra vita e non devono più scandalizzare ma essere acquisiti naturalmente”.

Assieme a loro esporrà anche Luca Loreti da tempo ormai affine al mondo BadSeedZine. L’artista porterà in mostra alcune illustrazioni che ci parlano di sessualità: giocando con il suo background culturale e le sue ossessioni ci offre riflessioni mai banali sul sesso.

“L’intento”, conclude Luca Loreti, “è stato subito quello di mettere in luce gli artisti che, nel mondo della arti visive, portano avanti una propria ricerca sull’erotismo in tutte le sue espressioni, cercando di offrire al nostro pubblico un concetto di sessualità  il più inclusivo possibile”.

Contenitore comune dei loro progetti  King Koala press, casa editrice indipendente fluida, narrativa, visuale, e concentrata a dare voce ai sogni inconsci dei suoi artisti.

Luca Matarazzo, Kity, 2023

Note biografiche

Alessandra Pace (1977), muove i primi passi nella fotografia da autodidatta nel 2012. Alessandra porta avanti il suo progetto artistico come fotografa erotica punk immortalando persone che si sentono a proprio agio con la loro sessualità in ambienti domestici, urbani o nella natura, tra esibizionismo e voyeurismo. Nel 2021 pubblica il suo primo libro da solista “Ocean/Atmosphere” edito da king Koala press  dopo aver lavorato sul suo archivio fotografico durante la pandemia. Il 21 Luglio uscirà un documentario su di lei e la sua fotografia su Playboy Tv Channel. 

Marcel Swann (1986) nasce in Brasile per poi spostarsi in Toscana e poi trasferirsi a Birmingham e Los Angeles. Uno dei temi principali su cui gravitano i suoi lavori fotografici riguarda l’assenza di desiderio nel nostro tempo. Dopo il suo progetto “Kill Jouissance”, nel 2017 esce il primo libro ad esso collegato “Tears // NAH”. Attualmente sta lavorando al secondo volume della serie che analizzerà le vocazioni sessuali, le parafilie, degli individui e come l’accettarle senza la vergogna indotta dalla società possa essere materia costitutiva di un nuovo Io. 

Luca Matarazzo (1982) Nel 2012 nasce Eromata, un racconto fotografico antropologico sull’erotismo. Nel 2017 pubblica il suo primo libro di fotografia erotica “il Culo – anatomia del corpo erotico vol 1”. Nel 2020 pubblica “Composition Books” raccolta di 5 quadri in cui rielabora in chiave onirica ed intima le immagini del suo archivio erotico. Nel 2019 è coautore del volume “Ultima Edizione – Storie nere dagli archivi de La Notte”, un libro che esplora la fotografia di cronaca nera attraverso gli scatti inediti dei fotografi dello storico quotidiano lombardo. Nel 2022 esce “La Mala – Banditi a Milano” una docu-serie in 5 episodi per Sky Documentaries di cui é coautore e responsabile delle ricerche d’archivio.

Luca Loreti (1990) è diplomato in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive e lavora a Milano. Nel 2021 pubblica il suo primo fumetto IO edito da King Koala Press. È presente nel volume The Colouring Book, 150 disegni di artisti contemporanei, a cura di Rossella Farinotti e Gianmaria Biancuzzi edito da 24 Ore cultura.


INFO
BadSeedZine Black Candy Tour
Mostra fotografica, Talk, Live Shooting & DjSet
Artisti: Alessandra Pace / Luca Matarazzo / Marcel Swann / Luca Loreti 
Modelle: Aleenverse / Anja / Botanical Flower 
Soundscape: Vescovo ClubSet

Sabato 1 luglio 2023 ore 18-22 
Fino al 15 luglio 2023
Orari
: dal lunedì al sabato 17.30 – 20.00

Gart Gallery Modern & Contemporary Art
Via Piero Gobetti 114 – Pescara
Tel. +39 349 7913885
info@gartgallery.it
www.gartgallery.it 

Ufficio Stampa
Roberta Melasecca
Melasecca PressOffice – Interno 14 next
roberta.melasecca@gmail.com
info@melaseccapressoffice.itinfo@interno14next.it
www.melaseccapressoffice.itwww.interno14next.it

Milano, Palazzo Reale: FABRIZIO PLESSI. Mariverticali

Fabrizio Plessi, MARIVERTICALI, 2023, Milano, Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi, photo Petrò Gilberti

FABRIZIO PLESSI
MARIVERTICALI

Palazzo Reale Milano
27 giugno – 10 settembre 2023

La Sala delle Cariatidi accoglie MARIVERTICALI, la suggestiva installazione di Fabrizio Plessi, il visionario della videoarte, composta da 12 gigantesche barche in acciaio, lunghe nove metri, al cui interno si agita un mare d’oro.

L’opera lancia un importante messaggio: gli oceani sono la ricchezza del futuro.

Dal 27 giugno al 10 settembre 2023, Fabrizio Plessi, tra i pionieri della videoarte, approda nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano, a bordo di gigantesche barche, al cui interno scorre su degli schermi televisivi un flusso continuo di oro.
In uno dei luoghi più evocativi della storia di Milano, la mostra Fabrizio Plessi MARIVERTICALI, promossa e prodotta da Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Studio Plessi è curata da Bruno Corà, Alberto Fiz e Marco Tonelli, con il progetto espositivo di Lissoni & Partners e accoglie una spettacolare installazione site-specific.

Fabrizio Plessi, MARIVERTICALI, 2023, Milano, Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi, photo Petrò Gilberti

Opera storica attualizzata per la Sala delle Cariatidiè composta da dodici strutture in acciaio, lunghe nove metri, dedicate ai mari del pianeta, inclinate al limite della caduta, nel tentativo di mantenere la fragile tenuta.

Con il loro precario equilibrio, le barche rappresentano la metafora della condizione umana contemporanea, fatta di instabilità, incertezze e tensioni. Con il suo linguaggio, Plessi riesce ad esprimere con forza ed emozione, messaggi collettivi urgenti.

Nell’ultimo triennio, a partire dai primissimi mesi della pandemia nel 2020, l’artista ha fatto subire all’acqua, suo elemento d’elezione in gran parte delle sue creazioni, la trasformazione in oro: questa metamorfosi è avvenuta per una serie di opere intitolate L’Età dell’Oro, a cui appartiene anche il progetto ideato per l’area archeologica di Brixia romana e per il Museo di Santa Giulia di Brescia, in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.

Sono proprio le risorse naturali e in particolare l’acqua i beni più preziosi della nostra società e questo spiega l’alchimia creata da Plessi.

Nella ricorrenza degli ottant’anni dal bombardamento che ha segnato l’attuale aspetto della Sala delle Cariatidi, le imbarcazioni dell’artista, si ergono a difesa della storia e della bellezza del luogo, contro la violenza e la distruzione, così come fece Pablo Picasso quando, nel 1953 scelse proprio questa sala di Palazzo Reale per esporre Guernica, uno dei suoi capolavori più dolorosi.

“Tutto, dunque, è pronto per salpare su queste nuove elettroniche arche di Noè, innalzate al cielo per noi, increduli e stupefatti aborigeni-digitali del nostro tempo” (Fabrizio Plessi).

Note biografiche

Fabrizio Plessi, photo Petrò Gilberti

Fabrizio Plessi è nato a Reggio Emilia nel 1940. Vive e lavora a Venezia.

È uno dei pionieri della videoarte nel mondo e tra i primi ad aver utilizzato il monitor televisivo come un vero e proprio materiale fin dagli anni Settanta.

In ambito nazionale e internazionale innumerevoli le sue partecipazioni a importanti rassegne come la Biennale di Venezia, Documenta di Kassel e le mostre personali tenute in vari musei del mondo: dal Centre Pompidou di Parigi al Guggenheim di New York e Bilbao, dal Museo Civico di Reggio Emilia alle Scuderie del Quirinale di Roma, dal Martin Gropius Bau di Berlino all’IVAM di Valencia, dal MoCA di San Diego al Museo Ludwig di Budapest e Koblenz, dal Kestner-Gesellschaft di Hannover al Museo d’Arte Moderna di Maiorca, dal Kunsthistorisches di Vienna alla Fondazione Mirò di Barcellona o al Fondaco dei Tedeschi a Venezia. Nel 2011 il Padiglione Venezia della Biennale di Venezia ha riaperto dopo anni di chiusura con una sua imponente installazione dal titolo Mari Verticali.

Nel novembre del 2013 al Passo del Brennero è stato inaugurato il Plessi Museum, opera di architettura, scultura e design che si integra perfettamente con il paesaggio naturale circostante.

Suggestive le sue opere site specific create per spazi antichi e classici come Piazza San Marco a Venezia, la Valle dei Templi di Agrigento, la Lonja di Palma de Maiorca, la Sala dei Giganti di Palazzo Te a Mantova o le Terme di Caracalla a Roma. Nel 2015 ha rappresentato con una monumentale scultura elettronica il Padiglione della Bielorussia per Expo Milano e a Venezia si è tenuta la mostra Liquid Light/Liquid life nelle sedi espositive dell’Arsenale e della Galleria G. Franchetti Ca’ d’Oro.

Dopo aver realizzato a partire dal 1989 scenografie teatrali per spettacoli di danza e teatro come Ex Machina, Icarus, Titanic, Romeo and Juliet, Vestire gli Ignudi, L’Opera da tre soldi, nel 2017 ha ideato per il Teatro La Fenice di Venezia Fenix DNA, una suggestiva opera d’arte totale, immersiva e multisensoriale, mentre nel 2018 ha tenuto una mostra personale presso il Museo Pushkin di Mosca.

Nel 2022 sono state inaugurate l’installazione I mari del mondo – Omaggio a Zaha Hadid presso le TorriGenerali di Milano e la mostra sulle sue scenografie elettroniche Pagine di Luce presso Palazzo Collicola di Spoleto.

Ha insegnato per dieci anni “Umanizzazione delle tecnologie” e “Scenografia elettronica” alla Kunsthochschule für Medien di Colonia.

www.fabrizioplessi.net


FABRIZIO PLESSI. Mariverticali

Dodici gigantesche imbarcazioni di acciaio nere emergono verticali dall’oscurità e invadono l’intero spazio che le accoglie.

Dodici mari del mondo racchiusi ognuno nella propria griglia scura, si agitano fragorosamente ai nostri piedi. Dodici sonori evocativi di risacche ed onde lontane si mescolano e si intersecano nella diafana spazialità dell’ambiente circostante.

Un grandioso ed emozionante concerto d’acqua vive in perenne movimento ed in continua e fluida mutazione.

L’antico artigianato sapiente dell’uomo e la più avanzata tecnologia finalmente convivono in una perfetta simbiosi tra passato e futuro.

L’energia dell’acqua, come tema dominante e trainante che bagna, lava e purifica tutte le secche del nostro inevitabile quotidiano.

Tutto è dunque pronto per salpare su queste nuove elettroniche arche di Noè innalzate al cielo per noi: increduli e stupefatti aborigeni-digitali del nostro tempo.


Titolo
FABRIZIO PLESSI
MARIVERTICALI
 
Mostra a cura di
Bruno Corà, Alberto Fiz, Marco Tonelli
 
Sede
Palazzo Reale | Sala delle Cariatidi
Milano, Piazza Duomo, 12
 
Date al pubblico
27 giugno – 10 settembre 2023
 
Una Mostra
Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, con Studio Plessi
 
Progetto espositivo
Lissoni & Partners
 
Ingresso gratuito
 
Sito internet
www.palazzorealemilano.it
 
Orario apertura
Lunedì chiuso
Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica, 12.00 -19.30
Giovedì 12.00 – 22.30
Ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura
 
Apertura straordinaria: martedì 15 agosto, 12.00-19.30
 
Uffici stampa
CLP Relazioni Pubbliche
Marta Pedroli | marta.pedroli@clp1968.it |
T + 39 02 36 755 700
 
Ufficio Stampa Comune di Milano
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