Roma, Spazio all’Arte di Capitolium Art: Lo sguardo di Eleonora Coloretti sul restauro

Un momento della presentazione – Da sinistra: Willy Zuco responsabile di Spazio all’Arte, Graziano Campisano editore, Carlo Giantomassi restauratore di fama internazionale, Eleonora Coloretti l’autrice del libro

Lo sguardo di Eleonora Coloretti sul restauro

“Guardare il restauro”, il libro edito da Campisano Editore, presentato a Roma
a Spazio all’Arte di Capitolium Art

di Diana Daneluz

Presentato a Roma
il 14 settembre 2023
il libro “Guardare il restauro”
di Eleonora Coloretti

Spazio all’Arte – Capitolium Art
Via delle Mantellate 14b

  • Collana Storia dell’arte
  • Anno 2023
  • Pagine 84, con oltre 30 illustrazioni a colori e in b/n
  • Formato 21 x 27 cm, brossura
  • ISBN978-12-80956-10-1

Le presentazioni, quelle belle 

Un evento partecipato e davvero coinvolgente quello dello scorso 14 settembre a Spazio all’Arte, sede romana della Casa d’aste Capitolium Art in via delle Mantellate 14b a Roma. Una conversazione sul libro “Guardare il restauro” di Eleonora Coloretti,edito da Campisano Editore, cui hanno preso parte, con l’Autrice, Willy Zuco, responsabile di Spazio all’Arte, Carlo Giantomassi, restauratore di fama internazionale e Graziano Giovanni Campisano, fondatore dell’omonima casa editrice. Spazio all’Arte prosegue così, fin dalla sua apertura nella Capitale avvenuta lo scorso novembre, nella sua vocazione all’esplorazione di quanto ruota e cambia attorno all’Arte. Numeroso il pubblico e soprattutto interessato e coinvolto, grazie al filo rosso della passione che ha cucito insieme gli interventi.

Il benvenuto di Willy Zuco agli ospiti

Cos’è il Restauro?

Il restauro “non è una tecnica, è passione e cultura“. Così Willy Zuco in apertura dell’incontro, parole confermate dal passionale intervento di uno dei protagonisti del libro presente all’evento, Carlo Giantomassi, una vita spesa su lavori di restauro, spesso prestigiosi, insieme alla compagna di vita e lavoro, ora scomparsa, Donatella Zari, in Italia e all’estero. E nell’insegnare e formare, certamente all’Istituto Centrale per il Restauro, fin dagli anni ’60, ma anche in corsi pratici di formazione professionale erogati agli operatori locali. Giantomassi ha ricordato ad esempio l’episodio dell’Arizona, dove si lavorava con gli indiani della riserva in una missione distrutta addirittura da Geronimo, che ospitava invece un’arte missionaria intensa. Ma poi anche la Thailandia, la Birmania, il Tibet, con il restauro dei suoi templi, spostandosi a cavallo, o nelle zone di guerra del Kosovo e tra i campi minati dell’Afghanistan, per salvaguardare, mettere in sicurezza le opere. La testimonianza sul “mestiere” del restauratore di Giantomassi ha restituito il senso di una vita avventurosa e di una grande passione come motore del restauro: dare nuova vita alle opere. Per lui e per molti restauratori importanti della sua generazione “il salvataggio delle opere era una vera e propria ossessione”.

Intervento di Carlo Giantomassi
fra Graziano Campisano ed Eleonora Coloretti

La novità del libro

Per l’editore, Graziano Campisano, “il libro va a coprire un tassello che ancora non c’è, e lo fa attraverso le parole di grandi personaggi, fondamentali per la storia del restauro“. Infatti, la prima parte di “Guardare il restauro”, dalla veste grafica gentile nel formato quadrato che ricorda un catalogo d’arte e nella copertina affidata ad un dipinto di Anna Caterina Gilli, pittrice italiana attiva a Torino tra il 1729 e il 1751 – non è certamente un trattato di teoria e tecnica del restauro. Tutt’altro. La novità di questa avventura editoriale è negli inediti contenuti delle interviste che accoglie, realizzate dall’Autrice ai più grandi esponenti del Restauro italiano, alcuni di loro purtroppo scomparsi – Gianluigi Colalucci, Carlo Giantomassi, Donatella Zari, Guido Botticelli, Antonio Forcellino, essi stessi anche divulgatori e insegnanti del “mestiere” di restauratore – dove restituisce un punto di vista intimo sulle loro vite personali così strettamente intrecciate con quelle professionali e nel contempo il loro punto di vista unico sull’opera d’arte o il bene artistico-culturale, quello di chi ha il privilegio di poterlo toccare, studiare, vivere in una parola. Oggetti da riportare in vita, letteralmente, da restituire alla loro bellezza e autenticità, e così tramandare. 

Intervento di Graziano Campisano

La seconda parte del libro, invece, si addentra nel particolare dei grandi interventi di restauro da loro realizzati, dalla Cappella Sistina al celebre dipinto Giuditta e Oloferne di Caravaggio, dalla Madonna del Parto di Piero della Francesca per arrivare alla grande scultura del Mosé. Tra aneddoti, curiosità e scelte tecniche, interventi che confermano il ruolo di ispirazione e leadership che l’Italia può vantare in questo campo.

Intervento di Eleonora Coloretti, a fianco Carlo Giantomassi

Un libro “per tutti”

L’Autrice, Eleonora Coloretti, a sua volta restauratrice qualificata, laureata in conservazione e restauro del patrimonio storico artistico, tra i  restauratori specializzati dell’Opera Primaziale Pisana, ente preposto alla tutela, al restauro e alla valorizzazione di Piazza dei Miracoli a Pisa (patrimonio UNESCO), ha avuto come ha raccontato il privilegio e l’opportunità di lavorare sotto la direzione tecnica di Gianni Caponi, Carlo Giantomassi, Donatella Zari, Gianluigi Colalucci, con la supervisione scientifica di Antonio Paolucci.  Come ha detto Eleonora Coloretti, “grazie a questa mia esperienza lavorativa, grazie alla loro bravura, passione, pazienza e voglia di insegnare, ho avuto la possibilità di crescere, di amare questo lavoro e di imparare ad essere, soprattu8tto nell’animo, un Restauratore“. Le parole di molti di loro risuonano tuttora, ha detto, nella sua testa quando si mette all’opera. E così le piaceva l’idea di fissare sulla carta alcuni capisaldi del mestiere attraverso il racconto di questi grandi restauratori, anche a beneficio dei futuri restauratori, i giovani. Presenti fortunatamente all’incontro molte studentesse dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma e a loro si sono rivolti con particolare enfasi l’Autrice e lo stesso Giantomassi, ricordando che il restauro è, soprattutto, una vocazione. Si sceglie questa strada perché si sente di doverla percorrere, una scelta di vita che impone sacrifici e responsabilità, come quella di prendere da soli decisioni e scelte spesso irrevocabili su opere e beni unici. Rischi da assumersi, a fronte però di un mestiere che lascia sempre qualcosa dentro e dal di dentro cambia chi lo esercita. E nello stesso tempo una disciplina sottovalutata, che nel nostro Paese incontra diversi ostacoli burocratici e di consolidate e negative prassi, cui pure nel libro si accenna, ma che era, è e resterà di fondamentale importanza perché grazie ad essa “il nostro passato vive e la nostra identità culturale si afferma “.

Carlo Giantomassi e le studentesse dell’Istituto Centrale per il Restauro

E “Guardare il restauro” è un libro per tutti, perché tutti siamo sensibili al Bello, se solo ci viene insegnato a “guardarlo”. Questo libro, le testimonianze che raccoglie, le descrizioni che riporta, seppure a tratti ci trascinano in un mondo di tecniche e puliture e strumenti a noi misconosciuti, lo fanno.

E. Coloretti, W. Zuco, G. Rusconi

Da Diana Daneluz dianadaneluz410@gmail.com

A Bologna in Piazza San Francesco “Luci della Città” – Il programma del 28 settembre

Il programma della
prima giornata di

Luci della Città
Spazio alla cultura con Enel Energia

Prende il via oggi la terza edizione della rassegna culturale che illuminerà Piazza San Francesco a Bologna

Inizia giovedì 28 settembre la rassegna culturale “Luci della Città | Spazio alla cultura con Enel Energia“, giunta alla terza edizioneDal 28 settembre al 1° ottobre 2023, “Luci della Città” trasformerà Piazza San Francesco in un palcoscenico vivente, ospitando una variegata selezione di artisti e compagnie di spicco a livello nazionale. Attraverso un’eterogenea composizione di linguaggi artistici, la rassegna vuole accogliere un pubblico di tutte le età, offrendo quattro giornate completamente gratuite e senza necessità di prenotazione.

Il primo appuntamento è giovedì 28 settembre alle ore 17.00 con “Chapitombolo“, laboratorio di giocoleria ed equilibrismo a cura di ArteMakia, che permetterà ad adulti e piccini di provare le diverse discipline del circo-teatro. Gli artisti della Chapitombolo Academy accoglieranno e seguiranno i partecipanti dando vita ad un pomeriggio all’insegna del divertimento e dell’attività fisica.

Si prosegue alle ore 19.00 con lo spettacolo di circo contemporaneo “Soul of Nature“, anch’esso della Compagnia ArteMakia. Una vera e propria favola acrobatica che l’autore e regista Milo Scotton dedica alle generazioni future. Nell’intreccio il pubblico seguirà le avventure di Mooz, un’intraprendente esploratrice alla ricerca di un arcaico e prezioso tesoro. Saranno i “Custodi delle Foreste Antiche” ad accompagnarla in un viaggio intriso di temi significativi e attuali, come l’impatto umano in Natura, il rapporto uomo-fauna selvatica e le occasioni mancate nella lotta contro i primordi dei mutamenti climatici.

Mooz rappresenta l’umanità intera, con la sua voglia di conoscere ed esplorare, ma anche capace di rovinare e deturpare per disattenzione. Lo spettacolo sarà il suo viaggio di formazione, per una crescita interiore che condurrà grazie all’incontro con spiriti ancestrali capaci di assumere qualsiasi forma vivente. Da essi trarrà insegnamenti di ogni genere mentre alle sue calcagna un mostro/nemesi crescerà grazie ai suoi errori e alle sue disattenzioni. L’abbandono di rifiuti in natura, la cattura di animali, la distruzione del bello per l’egoismo umano del possesso sono solo alcune delle tematiche affrontate attraverso lo sviluppo di una storia alla portata di tutti, tra meraviglia ed acrobazie, virtuosismi e poesia.

Chapitombolo Academy

In scena si troverà il precedentemente citato regista e drammaturgo Milo Scotton, insieme agli attori e alle attrici Valeria QuatraleValentina PadelliniEmanuele MelaniAlice Di Stefano e Lucy Brusadin. Tutti i costumi e le maschere sono ideati da Colomba Ferraris, mentre la scenografia è a cura di Massimiliano Todisco, affiancato dall’addetto ad audio e luci Corrado Gallo.

Durante la manifestazione, Enel Energia sarà presente con un suo stand per offrire ai cittadini bolognesi consulenza e assistenza sia per le forniture di elettricità e gas sia opportunità in termini di efficienza energetica e sostenibilità ambientale.


INFORMAZIONI UTILI
 
TITOLO: Luci della Città, spazio alla cultura con Enel Energia
QUANDO: Dal 28 settembre al 1° ottobre 2023
A CURA DI: Cronopios
In collaborazione con Enel Energia
L’evento fa parte di Bologna Estate 2023, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.

CONTATTI LUCI DELLA CITTÀ
SITO: https://lucidellacitta.com/
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INSTAGRAM: https://www.instagram.com/lucidellacitta_bologna/
 
CONTATTI CRONOPIOS
SITO: https://www.cronopios.it/index.php?lang=it
TEL: 051 224420
 
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CULTURALIA DI NORMA WALTMANN

Culturalia

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Venezia, Spazio Thetis: NELLE STANZE DELL’ANIMA di Anna Colitti

Anna Colitti, Relatività-Tempo-552

Anna COLITTI
NELLE STANZE DELL’ANIMA 


a cura di Giorgio BONOMI

29.09> 29.10.2023  

SPAZIO THETIS 
Bacini-Arsenale Novissimo-Venezia

Venezia, Settembre 2023 Spazio Thetis presenta la nuova esposizione di Anna Colitti, artista eclettica con predilezione per la fotografia, Nelle Stanze dell’Anima, visitabile dal 29 settembre fino al 29 ottobre 2023. 

La mostra è  composta da circa 20 opere, una combinazione di autoritratti fotografici e disegni, che affrontano temi profondi e universali.
Colitti predilige l’uso dell’autoscatto per esprimere i suoi contenuti artistici, che spaziano dalla ricerca dell’identità all’evocazione di ricordi, passando per riflessioni sui miti, i rituali e i problemi filosofici. Con maestria, utilizza sia il bianco e nero che il colore, dimostrando una costante attenzione alle sfumature di luce e ombra, ottenendo risultati suggestivi che richiamano l’estetica caravaggesca.

Le opere di Colitti sono intrise di un profondo rispetto per la storia dell’arte del passato, a cui l’artista si ricollega in modo ideale. Molti dei suoi lavori, concepiti dopo aver creato l’ambiente adeguato, esplorano archetipi e storie che, nonostante le loro radici nel passato, continuano a parlare all’umanità. Tra i temi affrontati spiccano il mito di Dioniso e le figure alchemiche.

Uno dei punti focali dell’artista è la memoria e il concetto di tempo, questioni profonde della filosofia che Colitti affronta in modo estetico attraverso metafore visive. I suoi autoritratti, sebbene si concentrino sul suo corpo, evitano qualsiasi caratteristica soggettivistica e si collocano in maniera quasi statuaria nello spazio espositivo.

L’esposizione di Colitti è un viaggio emozionante che offre al pubblico l’opportunità di esplorare l’identità umana, la memoria collettiva e il tempo. L’artista ci guida in un percorso visivo che fonde il passato e il presente, creando un dialogo senza tempo tra l’arte e l’essenza dell’umanità.

Spazio Thetis

Spazio Thetis rappresenta la parte culturale e artistica di Thetis spa, società di ingegneria che sviluppa progetti e applicazioni tecnologiche per l’ambiente e il territorio e che vanta un’importante collezione permanente di arte contemporanea, che annovera installazioni come “Terzo Paradiso” di Michelangelo Pistoletto, “L’uomo che misura le nuvole” di Jean Fabre, “Le Sentinelle” di Beverly Pepper, solo per citarne alcune. L’attività artistica di Spazio Thetis si concentra su alcune tematiche: land art, arte ambientale, arte e scienza promuovendo e sostenendo l’arte contemporanea attraverso diverse iniziative presso la propria sede nell’antico Arsenale veneziano con il lussureggiante parco giardino. In tanti anni di attività ha collaborato con importanti istituzioni come musei, gallerie e fondazioni per la realizzazione di mostre temporanee, eventi collaterali Biennale e Padiglioni nazionali, ma anche in qualità di promotore e organizzatore esso stesso.

ANNA COLITTI 

Anna Colitti, dalla barca

Anna Colitti vive tra Venezia città e la campagna in provincia di Udine. Si è formata presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia (laurea quadriennale in pittura; biennio specialistico in arti visive e discipline dello spettacolo con lode). Appassionata di filosofia, nei suoi aspetti teorici e pratici, negli ultimi 20 anni ha approfondito la sua formazione con corsi di discipline olistiche e meditative di vario genere. Artista eclettica, utilizza diversi mezzi espressivi per rappresentare il suo pensiero e percorso evolutivo. Tra essi spicca la fotografia, mezzo privilegiato di indagine e produzione estetica, talvolta punto di partenza anche per la realizzazione di lavori di pittura o installazioni. Fin dal 2000 ha partecipato ad esposizioni in Italia e all’estero. Vincitrice di diversi premi. Le sue opere di fotografia sono presenti al Musinf di Senigallia


NELLE STANZE DELL’ANIMA

di Giorgio Bonomi

La tecnica preferita da Anna Colitti per realizzare le sue opere è la fotografia. Con questa l’artista opera soprattutto con l’autoscatto e quindi con l’autoritratto.

Troppo spesso l’autoritratto viene classificato come “narcisismo” nel senso freudiano, ma noi stiamo fermi invece sulla versione del mito come lo descrisse Ovidio, cioè Narciso muore affogato nel tentativo di “abbracciare” la sua immagine, cioè di “com-prendere” (che in latino significa “prendere insieme”, “abbracciare”) e conoscere sé stesso; ricordiamo anche che noi conosciamo noi stessi solo davanti a superfici specchianti, quali l’acqua e poi lo specchio, o con la fotografia. Colitti certamente si autoritrae per conoscere meglio la sua identità, cioè il suo Sé, ma va oltre. Con l’autoritratto elabora il mito, “esegue” riti, finanche esoterici, descrive situazioni sociologiche, emozionali (come il ricordo, l’inquietudine, la morte ed altro ancora). Naturalmente lo fa con gli strumenti propri dell’arte che, sia essa pittura o fotografia, poesia o cinema, sempre ricorre alla fantasia creatrice ma non staccata degli elementi di realtà, materiali e spirituali. Colitti non si limita all’autoscatto ma crea scenari e ambientazioni adatte a quello che vuole esprimere e in questo spesso le sue opere hanno connotati pittorici, memori della grande arte del passato, come le luci e le ombre di Caravaggio.

Allora, per non fare che pochi esempi, vediamo che le sue mani fungono da clessidra perché lasciano cadere lentamente la sabbia. Questo è il suo modo, artistico, di parlare del tempo, una categoria che ha coinvolto, fin dalle origini, la filosofia ed anche l’arte, e un vissuto che è sempre sfuggente, bello e terribile.

Ed il tempo viene affrontato dall’artista anche dal punto di vista intimo, cioè come ricordo: concetto che è memoria, quindi conservazione di qualcosa che non è più ma anche sentimento vivo, presente.

Così Colitti realizza un dittico, Generazioni, in cui lei appare, in una foto, mentre tiene nella sua mano quella della nonna, e, nell’altra, quella della madre. Qui il tempo non è quello cronologico, quello lineare della freccia né quello ciclico, bensì quello interiore di Sant’Agostino, infatti, al di là delle differenze di età, l’artista sembra quasi “fermare” lo scorrere del tempo che lega indissolubilmente i tre soggetti del dittico. Va notato che non appaiono i volti, proprio per non caricare il lavoro di soggettivismo, dovendo l’arte parlare a tutti.

C’è un’altra serie di tre opere che ci portano nella memoria e nella nostalgia: si tratta di autoritratti dell’artista mentre esce da una soffitta. L’osservatore, davanti a questi lavori, sarà preso dal dolce ricordo personale perché ognuno ha avuto una vecchia soffitta, o un solaio o anche una cantina, in cui da piccolo ci andava a rovistare e trovava tante cose, oggetti dimenticati, “pezzi” di famiglia, memorie e fonti di grandi fantasie.

Ancora una volta viene oltrepassata la soggettività dell’autrice per rivolgersi a tutti o, almeno, a coloro che hanno sensibilità artistica e poetica.

Infine, vogliamo evidenziare che anche le immagini in cui Colitti appare nuda, sempre in modo pudico, non sono semplicemente le immagini di una persona determinata, infatti, l’autoritratto si manifesta come la fotografia di una statua greca, date la plasticità delle forme del corpo e le luci, sempre attente ai chiari e scuri, che, scivolando sulle membra, illuminano e ombreggiano la pelle. A conferma dell’impegno e della complessità del suo fare artistico, ricordiamo anche che, oltre alla fotografia, lei pratica l’incisione e il disegno, tecniche “artistiche” – non a caso usa anche la sanguigna – che ancora una volta collegano Anna Colitti a quella grande catena che è la storia dell’arte, nel suo passato, presente e futuro.


Anna COLITTI 
Nelle Stanze dell’Anima 
a cura di Giorgio Bonomi 
QUANDO 
29.09  – 29.10.2023  
Da lunedi a venerdi 10.00-17.00 
Su prenotazione al +39 348 017 1569
Inaugurazione 29.09 ore 18.00 
con un momento musicale di Mattia Balboni (blues)  e Giovanni Canuto (cantautore)

DOVE
Spazio Thetis,   Venezia 
Arsenale Novissimo,  – Venezia 
Vaporetto linea 4.1- 4.2 – 5.1- 5.2 Fermata: Bacini

Per Informazioni e Contatti:
Ufficio Stampa 
CRISTINA GATTI
info@cristinagatti.it

Al Museo della Cantieristica di Monfalcone: MEZZO BUSTO, mostra d’arte contemporanea sul ritratto

In senso orario dall’alto:
WALTER CRISCUOLI Simone Weil 100×1 – GIORDANO FLOREANCIG Non tremate siamo poeti – VALTER ADAM CASOTTO Rita Levi Montalcini – FABIO RINALDI Sembianze#4 – SOFIA OMNIS Senza titolo 2022

MEZZO BUSTO
Mostra d’arte contemporanea sul ritratto

Nell’ambito della 19^edizione QUESTA VOLTA METTI IN SCENA… L’ESSERE

INAUGURAZIONE AL MuCA – Museo della Cantieristica di Monfalcone, VENERDì 29 SETTEMBRE

Con 75 opere dedicate al ritratto, si inaugura venerdì 29 settembre alle ore 11.00 al MuCa di Monfalcone – Museo della Cantieristica, via del Mercato, 3 (Panzano) – la mostra d’arte contemporanea dal titolo “Mezzo Busto”, curata dal Direttore artistico dell’intero progetto organizzato dell’Associazione culturale Opera Viva, Lorena Matic, e co-organizzata insieme al Comune di Monfalcone, nell’ambito della 19esima edizione della rassegna “Questa volta metti in scena… L’essere”.  Presenti all’inaugurazione l’Assessore al Cultura del Comune di Monfalcone, Luca Fasan, il Direttore artistico Lorena Matic, e alcuni degli artisti.

“Un’altra inquadratura sull’Essere, come identità e individuo” – anticipa Lorena Matic, ricordando l’esposizione scientifica visitabile a Trieste al Civico Museo Sartorio fino al 30 ottobre – “attraverso il soggetto principe nel mondo dell’arte, il ritratto, interpretato da cinque artisti, Valter Adam Casotto, Walter Criscuoli, Giordano Floreancig, Sofia Omnis e Fabio Rinaldi, con poetiche e tecniche che vanno dalle più tradizionali, come la scultura e la pittura alle più innovative, dalla fotografia digitale al video, al collage luminoso alla scultura prostetica”.

“Una felice collaborazione che si protrae da molti anni quella tra l’Amministrazione, l’Associazione culturale Opera Viva e la dott.ssa Lorena Matic” – sottolinea l’Assessore alla cultura del Comune di Monfalcone, Luca Fasan – che ha portato nella nostra città eventi espositivi d’arte contemporanea innovativi e molto apprezzati da esegeti, appassionati, studenti o semplici curiosi.     L’arte nelle sue molteplici forme e declinazioni espressive, questo l’intento dell’Amministrazione che, oltre al messaggio espositivo, vuole nel contempo promuovere quel grande valore identitario che rappresenta per il territorio e per tutti noi il Museo della cantieristica, sede oramai permanente e riconosciuta di queste apprezzate attività culturali”.

In mostra al MuCA fino al 30 ottobre, con orario dal venerdì al lunedì dalle 10.00-18.00Valter Adam Casotto, truccatore prostetico che arriva dal mondo del cinema, lavorando in film come Lo Hobbit, Harry Potter, X-Men e che ha vinto anche un David di Donatello. Presenta un’opera imponente dal titolo “I Lived Forever”, dedicata a Rita Levi Montalcini: un mezzo busto iperrealista, realizzato con la tecnica prostetica usata nel cinema, che rende umanizzante per aspetto, sguardo e pelle il Premio Nobel. L’esplorazione del tempo, altro tema caro all’artista, la ritroviamo nell’opera video e fotografica “We will never meet the age”, in cui l’astista ha invecchiato se stesso di 50 anni, e ha poi spedito le foto del suo volto ai suoi genitori, generando in loro in un primo momento stupore e in un secondo la consapevolezza che loro figlio a quell’età non lo incontreranno mai. La scultura di “Pinocchio”, infine, è un’opera di design realizzata per il film di Matteo Garrone.

Dalla tecnica cinematografica della maschera prostetica si passa alla fotografia tridimensionale, proposta da Walter Criscuoli, con un lavoro inedito dedicato ai filosofi. Otto ritratti realizzati con la tecnica del fotomontaggio digitale in un procedimento lungo e certosino che porta all’opera finale, dopo un processo laborioso, che include centinaia se non migliaia di punti e linee.
Giordano Floreancig presenta invece  opere pittoriche a olio su tela di grande formato e una installazione, che verrà per la prima volta esposta a Monfalcone, composta da 39 disegni su ardesia dedicata ai mentori che hanno segnato la sua strada, fra i quali Frida Kahlo, Van Gogh, Pessoa.

Sofia Omnis, giovane artista classe 2000,esponecollage retroilluminati che traducono il mondo interiore in visionarietà. Immagini vintage che ci immergono in un’epoca passata, resa però attuale dalla creativa illuminazione a Led. Soggetti che abitano paesaggi improbabili, che fanno sognare e allo stesso tempo riflettere sulla società contemporanea.
Nei ritratti fotografici, realizzati con banco ottico in bianco e nero di Fabio Rinaldi, la persona ritratta viene svelata, non solo nelle sue fattezze fisiche, ma anche nell’aspetto più nascosto dell’essere che si associa a un nostro animale interiore, celato forse solo dalla maschera che la società impone.

Arricchisce il percorso espositivo l’audioguida, con voce dell’attrice Enza De Rose, per offrire ulteriori informazioni su opere e artisti, e consentire al pubblico non vedente una piena e completa fruizione della mostra.

Il progetto “Questa volta metti in scena…L’Essere” è realizzato con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e con il contributo e la collaborazione del Comune di Monfalcone, del Comune di Grado, della SISSA, della Fondazione K.F. Casali, dell’Unione Italiana e della CAN di Pirano e con la collaborazione del Comune di Trieste, del CRAF, del Kulturni dom Gorica, dell’Associazione Obbiettivo Immagine.

Per maggiori info www.assocoperaviva.it


Ufficio stampa: Aps comunicazione
dott.ssa Federica Zar
Aps comunicazione Snc di Aldo Poduie e Federica Zar
viale Miramare, 17 • 34135 Trieste
Tel. e Fax +39 040 410.910
zar@apscom.it

Pisa, Museo della Grafica: Bright-Night 2023. Visite guidate gratuite alle mostre in corso per la notte europea della ricerca 

In occasione di Bright-Night La notte europea delle ricercatrici e dei ricercatori 2023, il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi (Comune di Pisa, Università di Pisa) organizza:

Visite guidate alle mostre in corso

Venerdì 29 settembre – ore 16:00 e ore 17:00

Evento gratuito.

Partecipazione su prenotazione obbligatoria inviando una e-mail all’indirizzo: educazione.museodellagrafica@sma.unipi.it

Per maggiori informazioni Cliccare il logo

Museo della Grafica – Lungarno Galilei, 9 – Pisa
Tel. 050/2216060
E-mail: museodellagrafica@adm.unipi.it
www.museodellagrafica.sma.unipi.it

Turismo, nuovi progetti europei per scuole e imprese sull’economia blu. Scadenze settembre e ottobre

STOP ALL’IMPATTO DEL TURISMO SUL MARE

L’EUROPA CON ENIT IN PROGETTI PER UN’ECONOMIA BLU A ZERO

ADESIONI PER LE SCUOLE CHE VOGLIONO FARE UN VIAGGIO ECO-SOSTENIBILE

DA OTTOBRE PARTONO I CORSI ONLINE PER LE IMPRESE

Cooperazione transnazionale e sinergie intersettoriali nel progetto europeo Wemed Natour con cui l’Europa con Enit per diffondere la cultura turistica ad impatto zero sull’economia blu del Mediterraneo. Il progetto è coordinato da X23 – The Innovation Bakery e realizzato da ENIT – Agenzia Nazionale per il Turismo | Travel Without Plastic | International Social Tourism Organisation (ISTO) | Balearic Marine Cluster | Turismo de Portugal e Ufficio Nazionale del Turismo della Mauritania (ONT). Uno dei progetti di punta cofinanziati dal programma Emfaf dell’Ue (un fondo gestito dal CINEA), EU Wemed_Natour prevede un programma di sviluppo delle capacità aziendali e scolastiche di viaggiare salvaguardando il mare.

Il programma coinvolge Paesi dall’Italia alla Spagna, dal Portogallo alla Mauritania attraverso esperti di diversi settori per portare avanti soluzioni di cambiamento nel Mediterraneo, prendendo sul serio lo sviluppo ambientale ed economico delle destinazioni. Ricerca dopo ricerca, studio dopo studio, incontro dopo incontro, il progetto è pronto a coinvolgere le piccole e medie imprese e gli istituti scolastici del settore turistico.

La diffusione del know how e lo sviluppo di competenze consente agli stakeholders di elevare il prodotto a un’offerta più sostenibile, resiliente e di nuova concezione. A partire da ottobre, le Pmi del turismo possono partecipare a un corso online destinato a fornire una visione completa sul turismo sostenibile e sull’economia blu: il programma di sviluppo delle capacità WeMED_NaTOUR dell’UE è ricco di consigli pratici sull’ambiente, sul coinvolgimento della comunità e sulle strategie di comunicazione per migliorare continuamente il business. C’è tempo fino al 2 ottobre per candidarsi al seguente link https://www.euwemed-natour.eu/CapacityBuildingSignup. Per l’occasione ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo organizzerà un’info-day dedicato al progetto in occasione della fiera BITUS – Borsa Internazionale del Turismo scolastico a Pompei, il 28 settembre alle 11.00. Per maggiori informazioni: https://bitus.it/

Un ruolo centrale avranno anche la scuola e le nuove generazioni con il cosiddetto Pacchetto Turismo Eco-intelligente che sta spostando le aule nella natura, insegnando alle generazioni più giovani il significato e l’importanza del viaggio sostenibile. I viaggi saranno interamente finanziati. Le scuole interessate possono aderire al bando al seguente link https://www.euwemed-natour.eu/call-for-schools. C’è tempo fino al 25 settembre.


ENIT – AGENZIA NAZIONALE TURISMO ITALIANO
enit.it

Francesca Cicatelli – resp ufficio stampa Enit –
francesca.cicatelli@enit.it

Direzione Esecutiva
Comunicazione e Ufficio Stampa
VIA MARGHERA 2 – ROMA

L’ Albero d’Oro di Lucignano: ritrovate parti trafugate più di un secolo fa

Restituiti alla collettività alcuni importanti elementi dell’Albero d’oro, capolavoro della oreficeria italiana, sino ad oggi dispersi.

Il restauro è stato affidato all’Opificio delle Pietre Dure grazie ad un finanziamento della Regione Toscana.

A Lucignano presso Arezzo sono state recentemente rinvenute, grazie alla collaborazione del Nucleo Carabinieri per la Tutela dei Beni Culturali (TPC) di Firenze, alcune importanti porzioni del cosiddetto Albero d’oro di Lucignano, il fiabesco, colossale reliquiario considerato tra i capolavori assoluti dell’arte orafa italiana.  A oltre cento anni dal furto del 1914, il recupero di alcuni elementi dati per perduti costituisce un evento di grande importanza.

L’annuncio del rinvenimento è stato dato, nel corso di una conferenza stampa accolta dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dal Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Firenze Cap. Claudio Mauti intervenuto anche in rappresentanza del Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale Generale di Brigata Vincenzo Molinese, dal Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani,  dalla Sindaca del Comune di Lucignano Roberta Casini, dal Soprintendente ABAP per le province di Siena, Grosseto e Arezzo Gabriele Nannetti e dalla Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra.      

“Ad essere rinvenute sono state – ha dichiarato il Comandante Mauti – quattro placche in rame dorato e argento smaltato, 16 ex voto in argento, un tempo collocati sulla base, una miniatura su pergamena e un cristallo di rocca molato”.

“Il ritrovamento ha i caratteri dell’eccezionalità perché avvenuto ad oltre un secolo dal clamoroso furto dell’opera, avvenuto nel 1914. Come testimoniano immagini d’epoca, solo piccole porzioni dei rami e il pesante basamento furono all’epoca risparmiati, seppure depauperati degli elementi più preziosi”.

“Tra il 1927 e il 1929 molti frammenti dell’Albero, fatto a pezzi dai ladri per facilitarne il trasporto, vennero ritrovati – a ricordalo è il Soprintendente Gabriele Nannetti – nelle campagne del comune di Sarteano, in provincia di Siena, dove erano stati nascosti dagli autori del furto. Non furono recuperati invece elementi di grande importanza come il crocifisso terminale, il pellicano, uno dei rami, quattro dei medaglioni circolari, cinque placche d’argento, almeno tre miniature e la parte superiore del nodo a tempietto. Andarono perduti anche quei pochi rametti di corallo che il reliquiario ancora presentava al momento del furto”.  

“Su incarico dell’allora Regia Soprintendenza di Firenze il restauro dell’opera fu affidato all’Opificio delle Pietre Dure – ricorda l’attuale Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra – Si trattò di un intervento complesso e delicato, che vide la partecipazione di diverse figure professionali impegnate nella ricomposizione di oltre cento frammenti e nella reintegrazione di tutte le parti mancanti, crocifisso e pellicano compresi, mediante copie realizzate sulla base delle fotografie risalenti alla fine dell’Ottocento. Per ovviare alla perdita quasi totale dei coralli presso la ditta Ascione di Torre del Greco furono acquistate e messe in opera piccole branche, simili per colore ai frammenti dei rametti originali rinvenuti nei castoni. Per sostituire le miniature sottratte all’interno dei medaglioni circolari rimasti vuoti furono inseriti dischi di carta pecora dipinti per armonizzarsi con gli esemplari superstiti”.

Dopo tre anni di intenso lavoro, il restauro fu concluso il 9 settembre 1933.
Riprese così forma un manufatto orafo unico al mondo.

Rappresenta il mistico Lignum Vitae, soggetto tipicamente francescano ispirato ad uno scritto di san Bonaventura, in dimensioni monumentali: misura 2 metri e 70 centimetri di altezza.

Destinata alla chiesa di san Francesco a Lucignano l’opera venne iniziata nel 1350 e portata a termine nel 1471, grazie al generoso lascito di una Madonna Giacoma. Ignoto il maestro trecentesco che ideò e diede inizio all’opera, mentre è documentato che a completarla fu l’orafo senese Gabriello d’Antonio.

Davanti ad esso, per antichissima tradizione, gli abitanti di Lucignano continuano a scambiarsi le promesse di matrimonio.

Il rinvenimento attuale obbliga ad una revisione della ricomposizione realizzata negli anni Trenta e sarà occasione di un restauro complessivo.

“Non è soltanto uno straordinario frutto dell’arte orafa italiana, l’Albero d’oro di Lucignano è molto di più: è una di quelle opere la cui esistenza si intreccia in modo intimo e profondo con la vita e i sentimenti della comunità che la custodisce, contribuendo a definirne gli stessi tratti di identità. Anche per questo la Regione Toscana ha deciso di finanziare il lavoro di restauro di questo capolavoro, che, affidato all’Opificio delle Pietre Dure, autentica eccellenza toscana e nazionale, ne esalterà ancor più la preziosa unicità”. A sottolinearlo è Eugenio Giani, Presidente della Regione Toscana.

“Nel ringraziare la Regione Toscana per aver deciso di finanziare l’intervento di restauro, la Sindaca di Lucignano Roberta Casini ha auspicato che possano riemergere le parti ancora mancanti dell’Albero d’oro, ed in particolare il Cristo che domina il reliquario.

Il Presidente della Giunta Regionale Eugenio Giani e la Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra hanno brevemente descritto gli interventi che saranno condotti sul capolavoro affidato ai restauratori del Settore Oreficerie dell’Opificio, diretto da Riccardo Gennaioli.  L’Albero attualmente composto da una sessantina di parti sarà smontato a lotti, per non privare del tutto il Museo di Lucignano di un’opera identitaria, ricollocando di volta in volta le parti restaurate così da garantire ai visitatori una visione almeno parziale dell’opera.

L’intervento non sarà semplice, in primo luogo per la pluralità dei materiali costitutivi, metalli (rame dorato e argento), pergamene miniate, cristallo di rocca, corallo, smalti e legno, in secondo luogo perché presenta necessità, se non uniche, certo molto rare.

“Il momento culminante del restauro sarà rappresentato – evidenzia Emanuela Daffra – dalla ricollocazione degli elementi recuperati. Lo studio della documentazione fotografica storica sarà di fondamentale aiuto nell’individuare l’originaria posizione di tali elementi. Ciò comporterà, chiaramente, la riformulazione del sistema di montaggio di alcune parti, la rimozione delle corrispondenti integrazioni eseguite dall’Opificio, una attenta verifica della statica e degli equilibri complessivi.”

“Il restauro di un’opera eccezionale del nostro patrimonio culturale è, ancora una volta, affidato alla cura dell’Opificio delle pietre dure, istituto d’eccellenza del Ministero della cultura, afferente alla Direzione da me presieduta, nei settori della conservazione, del restauro e della ricerca. Mi auguro che si possano al più presto recuperare anche le parti non ancora rinvenute dell’Albero d’oro per restituire finalmente alla collettività quest’opera, unica nel suo genere, nella sua interezza”. A ribadirlo è il dottor Andrea Di Pasquale, Direttore generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura.

Tempi? “Quando si tratta di interventi tanto complessi indicare tempi di conclusione certi è poco attendibile. Sulla carta ipotizziamo che l’Albero possa tornare, in tutte le sue parti, a Lucignano alla fine della prossima primavera. Salvo sorprese. Con l’auspicio che, a lavori in corso, si possa rinvenire anche il Cristo mancante: questa sarebbe una sorpresa magnifica”.


Ufficio Stampa Opificio delle Pietre Dure:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. +39. 049.663499
simone@studioesseci.net (rif. Simone Raddi)
 
Ufficio Promozione culturale Opificio delle Pietre Dure:
 Maria Emilia Masci opd.promozioneculturale@cultura.gov.it

Bologna: Crossing. Da Klimt a Basilé, da Sironi a Bauermaister

Giacomo Costa, Tim(e)scapes n.15, 2019, computer grafica, videobox 55 pollici, durata 2h –
courtesy Giacomo Costa

BOLOGNA

CUBO, IL MUSEO D’IMPRESA DEL GRUPPO UNIPOL

12 OTTOBRE 2023 –
18 GENNAIO 2024

CROSSING
Da Klimt a Basilé, da Sironi a Bauermeister

La mostra, allestita nelle due sedi di Torre Unipol e di Porta Europa, chiude l’anno del decennale.

Il percorso presenta una selezione di 22 opere del suo patrimonio artistico mai esposte in precedenza, affiancate ad alcune delle più recenti acquisizioni.

Sarà un appuntamento di grande fascino quello che conclude gli importanti appuntamenti per i dieci anni di attività di CUBO, il Museo d’Impresa del Gruppo Unipol.
Nelle due sedi bolognesi di Torre Unipol e di Porta Europa è in programma, infatti, dal 12 ottobre 2023 al 18 gennaio 2024, la mostra Crossing. Da Klimt a Basilé, da Sironi a Bauermeister che presenta una selezione del suo patrimonio artistico affiancata da alcune recenti acquisizioni.

Il percorso, curato da Ilaria Bignotti, raccoglie 22 lavori di artisti moderni e contemporanei tra i quali, come recita il sottotitolo, Klimt, Basilé, Sironi, Bauermeister,con l’obiettivo di rileggere il patrimonio del Museo in maniera non storicistica, evidenziando i valori che le opere condividono con la sua identità, la sua mission e i suoi messaggi fondamentali.

Dieci anni di CUBOafferma la curatrice – è un modo per tirare le fila di un percorso, è un modo per lanciare nuove sfide. È un  modo per disegnare una mappa, o meglio un atlante, di forme che sono approdate e anche salpate dai porti operosi del Museo; è un momento per porre ben saldi, sulla carta e negli spazi espositivi, le pietre miliari e i crocevia dei linguaggi artistici che CUBO ha accolto e contaminato con amorevole cura e protezione.

Stefano Ronci, DiecialCUBO, 2023, specchio, neon, ferro,
160 x 160 cm – courtesy Stefano Ronci, photo Ramiro Castro Xiques

L’itinerario di visita non terrà conto di mezzi e caratteristiche delle opere, ma si concentrerà sul loro contenuto articolandosi per nuclei di senso, valicando confini di genere e interessandosi principalmente ai temi trattati.

Il percorso espositivo, organizzato per temi, prende il via dalla Torre Unipol. Qui il visitatore troverà tre sezioni: Sperimentazione (con le opere di Mary Bauermeister, Francesca Pasquali, Scuola Napoletana, Alessandro Lupi), Empatia (Gaetano Previati e Luigi Conconi, Silvia Margaria, Angelo Marinell, Filippo De Pisis, Quayola), Confronti (Mario Sironi, Giovan Battista Langetti).

In Porta Europa, si dividerà in quattro sezioni: Protezione (Anna Di Prospero, Tommaso Fiscaletti), Condivisione (Jacop Ferdinand Voet, Vania Comoretti, Matilde Piazzi), Mutamento (Giacomo Costa, Ettore Frani), Visione (Gustav Klimt, Matteo Basilé, Tania Brassesco e Lazlo Passi Norberto, Ignazio Stern).

Tematiche e dialoghi in mostra ben esemplificati dall’opera Positions di Mary Bauermeister del 2015, formata da una miriade di sassi dipinti a creare un mandala di pietra dove ogni elemento assume la sua posizione, il suo senso nell’insieme organico che viene posta in dialogo con un’iconica Straws di Francesca Pasquali, realizzata nel 2020 e composta da centinaia di cannucce colorate, disposte in una maglia plastico-cinetica, così come solo il legno, tecnicamente parlando, associa il Cristo deposto di un autore sconosciuto del XVIII secolo e il Centaurus di Alessandro Lupi, due sculture dalla grammatica completamente opposta.

Francesca Pasquali, Straws, 2020,
cannucce colorate su pannello di legno e cornice metallica, 90 x 70 x 25 cm –
coutesy Francesca Pasquali Archive

Connessioni che proseguono, valicando stili e medium, associando dipinti del XVII secolo (Ritratto Femminile di Jacob Ferdinand Voet) con scatti fotografici del 2013 (Ritratto di Louise di Matilde Piazzi) attorno al tema del ritratto e dell’individualità; le fotografie contemporanee di Marinelli e Margaria con l’olio su tela del 1887 firmato Gaetano Previati e Luigi Conconi sul tema della natura, lo stesso su cui Paesaggio di Filippo de Pisis dialoga con PP 3D-Scan T011.A12 di Quayola, diverse ma analoghe rappresentazioni dell’albero e della sua forza generativa.

Allo stesso modo il mistero della Visione è lo stesso sia nella notte di Matteo Basilè (Landing Francesca (dittico)) che nella Figura di donna seduta di Klimt, quanto nel quadro religioso di Ignazio Stern e nella stampa fotografica di Tania Brassesco & Lazio Passi Norberto (Fairy Book).Di rimandi diretti e laterali si compongono anche i Confronti tra Giovanni Battista Langetti e Mario Sironi (Figure),

Catalogo Skira.


CUBO – Museo d’impresa del Gruppo Unipol

Il Gruppo Unipol ha inaugurato nel 2013 CUBO, il museo d’impresa aperto al pubblico, all’interno della sede di Porta Europa, il moderno complesso edilizio progettato dall’architetto Ettore Masi nella zona fieristica della città. Nel 2021, CUBO apre una seconda sede negli ultimi tre piani (25-26-27) della Torre Unipol in via Larga.

CUBO condivide esperienze attraverso il linguaggio della cultura, racconta i valori del Gruppo Unipol con l’intento di contribuire alla crescita culturale dei territori e delle comunità in cui opera. Promuove la cultura e si pone come punto di incontro, grazie anche a partnership con Istituzioni e associazioni che da anni lavorano in questa direzione.

Propone tutto l’anno mostre, eventi, corsi e laboratori, attività didattiche e spettacoli per offrire al pubblico occasioni di approfondimento, confronto e divertimento sui temi di attualità, di protezione, di futuro e innovazione, di arte e memoria.


Crossing
Da Klimt a Basilé, da Sironi a Bauermaister
12 ottobre 2023 – 18 gennaio 2024
CUBO – Museo d’impresa del Gruppo Unipol
Bologna, Torre Unipol (via Larga 8) | Porta Europa (Piazza Viera de Mello 3 e 5)
 
Ingresso libero
Orari:
Lunedì           14:00 – 19:00
Martedì          09:30 – 23:30
Mercoledì      09:30 – 20:00
Giovedì          09:30 – 20:00
Venerdì          09:30 – 20:00
Sabato           09:30 – 14:30
Domenica      Chiuso 

Informazioni
T. +39 051 5076060 – arte@cubounipol.itwww.cubounipol.it
CUBO – Arte e Patrimonio Artistico
Angela Memola
T. + 39 051 5072521
angela.memola@unipolsai.it

Ufficio Stampa:
CLP Relazioni Pubbliche | Marta Pedroli
T. +39 02 36755700 
marta.pedroli@clp1968.it | www.clp1968.it

Al Museo di Bassano, l’altra America di Dorothea Lange

DOROTHEA LANGE. 
L’ALTRA AMERICA

Bassano del Grappa (Vi), Museo Civico
21 ottobre 2023 – 4 febbraio 2024

A cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi

Mostra organizzata e promossa da CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino con i Musei Civici di Bassano del Grappa.

Dal 21 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024 i Musei Civici di Bassano del Grappa, in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, presentano al pubblico l’opera di Dorothea Lange (1895 –1965), celeberrima fotografa statunitense, co-fondatrice nel 1952 di Aperture, la più autorevole rivista fotografica al mondo e prima donna fotografa cui il MoMa dedicò una retrospettiva nel 1965, proprio pochi mesi prima della sua scomparsa.

Photographer of the people, la fotografa della gente. Così Dorothea Lange si presentava nel suo biglietto da visita. Perché lei, borghese del New Jersey, aveva scelto di non fotografare i divi o i grandi protagonisti del suo tempo, per concentrarsi invece sugli “ultimi” di un’America che stava affondando nella Grande Depressione. Lo sguardo con cui Lange coglie questa umanità dimenticata non è pietistico bensì profondamente “inclusivo”. Le sue immagini dimostrano infatti comprensione, sensibilità, partecipazione e immensa umanità, unite ad una capacità di lettura del contesto sociale rafforzata dal rapporto sentimentale e professionale con il marito, l’economista Paul Taylor. Nativa del New Jersey da una famiglia borghese di origini tedesche, a nove anni viene colpita dalla poliomielite che la rende claudicante; poi il dissidio con il padre, che abbandona la famiglia e che lei coraggiosamente ripudia assumendo il cognome materno.

Gli esordi la vedono a New York con Clarence White e Arnold Genthe. Nel 1918 parte per una spedizione fotografica in giro per il mondo, viaggio che si conclude prematuramente per mancanza di denaro a San Francisco, dove apre un proprio studio. Dopo avere operato per una decina di anni nel campo della ritrattistica professionale, abbracciando uno stile pittorialista, aderisce nei primi anni Trenta all’estetica della straight photography (fotografia diretta) per farsi madrina di una poetica della realtà e testimone della condizione dei più deboli ed emarginati: dai disoccupati e i senzatetto della California fino ai braccianti costretti a migrare di paese in paese alla ricerca di campi ancora coltivabili.

I drammatici accadimenti che segnano gli anni della Grande Depressione la portano a contatto con il grande progetto sociale e fotografico della “Farm Security Administration”, di cui diviene la rappresentante di punta. Nella seconda metà degli anni Trenta fotografa dunque la tragedia dell’America rurale colpita da una durissima siccità, realizzando alcune delle sue immagini insieme più drammatiche e più celebri: in questo contesto nasce infatti Migrant Mother, un’icona con cui Lange scrive una pagina indelebile della storia della fotografia imponendosi quale pioniera della documentazione sociale americana. Tuttavia, soffermandosi su quelle immagini potentemente evocative ci si accorge che vi è qualcosa di più. È lo sguardo di un’artista colta e raffinata che riesce a narrare temi e soggetti di grande drammaticità quali la crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni con una forza, un’incisività e una modernità sorprendenti. Nonostante ci separino diversi decenni da queste immagini, i temi trattati da Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul nostro presente.

Dorothea Lange: Migrant Mother (Destitute pea pickers in California. Mother of seven children. Age thirty-two), Nipomo, California, 1936, Farm Security Administration, Office of War Information Photograph Collection, Library of Congress Prints and Photographs Division Washington, D.C., USA

Fulcro – e novità – della mostra curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi e che presenterà quasi duecento scatti, sarà uno speciale affondo sulla nascita di questo capolavoro, secondo un percorso espositivo di grande fascino ma anche di forte valenza divulgativa e didattica: la presentazione degli scatti eseguiti da Lange per trovare la foto perfetta, permetterà al pubblico di comprendere il procedimento attraverso il quale nasce un’icona.

Su commissione del governo americano, Lange si occupò successivamente anche della controversa vicenda dei campi di prigionia per cittadini giapponesi presenti sul territorio americano dopo l’attacco di Pearl Harbor, serie che per il suo atteggiamento critico nei confronti della politica governativa verrà sostanzialmente censurata e riportata solo molti anni più tardi. Queste fotografie – ulteriori testimonianze della profondità e della lucidità dello sguardo fotografico di Dorothea Lange – saranno esposte per la prima volta in Italia in modo così esaustivo proprio in occasione della rassegna; un evento nell’evento, in quanto la mostra si accompagna alla riapertura del Museo Civico di Bassano del Grappa che, dopo sei mesi di lavori di ammodernamento e riqualificazione, riconsegna al pubblico le proprie importanti collezioni permanenti in spazi completamente rinnovati e con un allestimento affascinante, aggiornato e ricco di opere inedite.

Attraverso un’ampia selezione di opere – alcune delle quali non esposte nella tappa torinese della mostra – provenienti da diversi nuclei collezionistici che conservano l’opera di Dorothea Lange (tra cui in particolare la Library of Congress di Washington, i National Archives statunitensi), la mostra si incentrerà principalmente sul periodo d’oro della carriera della fotografa, dagli anni Trenta alla Seconda Guerra Mondiale, presentando anche scatti precedenti e successivi per dare conto della varietà e della profondità della sua ricerca, sempre tesa a restituire un sincero e partecipato ritratto di ciò che la circondava. Come affermò lei stessa, “la macchina fotografica è uno strumento che insegna alla gente come vedere il mondo senza di essa”.

La mostra è patrocinata dalla Regione Veneto. Official sponsor: pba S.p.A.


Per informazioni
Musei Civici Bassano del Grappa
+39 0424 519901/904 | info@museibassano.it | www.museibassano.it
 
Ufficio Comunicazione Musei Civici
Paolo Umana | T. +39 0424 519919 | paolo.umana@comune.bassano.vi.it
 
Ufficio Stampa Comune Bassano del Grappa
Chiara Padovan | T. 0424 519373 | ufficiostampa@comune.bassano.vi.it
 
In collaborazione con
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. +39 049.663499
simone@studioesseci.net (rif. Simone Raddi)

Roma, Hyunnart Studio: NEITHER, mostra di Luigi Battisti e claudioadami

Neither

LUIGI BATTISTI _ CLAUDIOADAMI

A proposito di
SAMUEL BECKETT __ MORTON FELDMAN

interventi sonori
CRISTIANO LUCIANI

testo critico
DILETTA BORROMEO

Hyunnart Studio viale Manzoni 85/87 00185 Roma

inaugurazione 6 ottobre dalle ore 18.00
dal 6 ottobre al 10 novembre 2023

Hyunnart Studio inizia la programmazione nell’autunno 2023 con una mostra in cui interagiscono i due artisti claudioadami  e Luigi Battisti.

Il titolo “Neither”, difficile da tradurre puntualmente ma che in parte significa “né l’uno, né l’altro”, sembra confermare la tipica negazione/affermazione beckettiana riguardo all’indicibile.

Hyunnart Studio inizia la programmazione nell’autunno 2023 con una mostra in cui interagiscono i due artisti claudioadami e Luigi Battisti, benché si potrebbe dire che gli autori siano quattro, in quanto il tutto nasce da una domanda di Morton Feldman nel 1976 a Samuel Beckett, ossia la richiesta di un libretto per un’opera lirica. Il testo con cui Beckett risponde, da lui stesso definito short prose, sarà esposto in mostra nella versione originale e nella traduzione in Italiano. Il titolo dell’opera, “Neither”, difficile da tradurre puntualmente ma che in parte significa “né l’uno, né l’altro”, sembra confermare la tipica negazione/affermazione beckettiana riguardo all’indicibile.

Come Diletta Borromeo scrive in catalogo, da tempo claudioadami e Luigi Battisti indagano incessantemente attorno alla pittura, con intenti e risultati formali molto diversi tra loro, facendo sì che questa mostra si trasformi in un luogo di contrasti tra il colore e il nero, ma anche di alcune analogie nell’attitudine al rigore e all’interesse riguardo a Feldman e Beckett.

claudioadami, dopo aver lavorato tre anni nel trascrivere/cancellare i testi della trilogia di Beckett, con “La trilogia del nero” avvia il compito di fare altrettanto con tutte le opere dello scrittore in infinite variazioni. Applicando questo metodo ossessivo, essenziale e inderogabile, l’artista ritiene di essere un personaggio beckettiano, e come tale perpetua un ciclo che non può arrestarsi, essendo esso stesso l’unico motivo per farlo – o non farlo – in una continua attesa.

Da qui il “MONO_tono” (2022) che tradisce la passione di claudioadami per il Minimalismo, con i suoi quaranta scomparti quadrati, ognuno di 40 cm di base, di fatto un modulo; e le sette tele nell’Accrochage (2022) dette componimenti, sono moduli di diverse gradazioni di nero che “si comportano” come movimenti musicali liberi perennemente in cerca di un luogo stabile.

In “Rombo”, tra le prime opere di Luigi Battisti, è già presente l’appropriazione dello spazio, occupato da nove elementi in legno dipinto, elaborati in variazioni ripetute ma non identiche. La geometria, il modulo e la serialità insistono e costituiscono il punto base della sua stessa ricerca, spesso attorno al quadrato con precise regole e delle cosiddette “mitologie” come le opere musicali di Erik SatieJohn Cage e Morton Feldman, delle quali memorizza i tempi dei suoni e dei silenzi, facendoli diventare vuoti e pieni, attraverso i codici e cifre dei rapporti che nascono all’interno della struttura compositiva. Ed è infatti in questa logica che vengono realizzati l’arazzo “Neither” (2023), dedicato a Morton Feldman, fine collezionista di tappeti, e “Motivi” (2022), un dipinto di grandi dimensioni costruito “a tasselli” che ripropongono in modo astratto i motivi di tappeti tibetani, componimenti modulari che l’artista ha concepito autonomamente e che dunque potrebbero variare di posizione.

I quattro movimenti sonori Ambient/Drone sono stati realizzati da Cristiano Luciani con sintetizzatori, voce, strumenti acustici rielaborati elettronicamente e pianoforte. Il trattamento del suono è prossimo alla logica della pittura: spazializzazione, stratificazione, superficie lisce o materiche.

Traccia I: Untitled
Traccia II: Twilight (For Samuel Beckett), feat. Sachiko (vocals)
Traccia III: Attraversando il bardo, (For Morton Feldman), feat. Luca Venitucci (piano)
Traccia IV: Untitled


Hyunnart Studio viale Manzoni 85/87 00185 Roma
dal martedì al venerdì 16.00-18.30
per appuntamento pdicapua57@gmail.com

Da Simona Pandolfi  pandolfisimona.sp@gmail.com